Il contratto di affitto d’azienda nasconde a volte sorprese e aspetti complicati (la gestione dei crediti e debiti, la gestione di ammortamenti e rimanenze, il patto di non concorrenza…).
In questo articolo puntiamo il mouse su una forma atipica ma sempre più utilizzata: l’affitto di azienda con possibilità finale di acquisto della stessa.
I più giovani Colleghi, forse, non sanno che, sino al 1993, i contratti di usufrutto o di cessione di azienda, così come quelli di cessione delle partecipazioni delle società di capitali erano appannaggio anche dei commercialisti, ma, in seguito, detti contratti sono stati attribuiti solo ai notai, in nome di una non precisata “trasparenza”.
Dal 6 agosto 2008, la cessione delle quote di una S.R.L., a condizione che i contraenti firmino digitalmente il documento informatico (Art. 36, comma 1-bis, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella L. 6 agosto 2008, n. 133), è rientrata tra le competenze del commercialista (si veda la Guida operativa on line n. 1/2009, del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili).
Gli aspetti civilistici dell’affitto di azienda
L’art. 2562 del Codice Civile, con riferimento all’affitto di azienda, rimanda al precedente art. 2561, che tratta dell’usufrutto di azienda. Sull’usufruttuario, che nel caso specifico è il locatario o affittuario dell’azienda, gravano, tra l’altro, i seguenti obblighi:
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deve condurre l’azienda sotto la ditta (in base all’art. 2563 c.c., la ditta, comunque sia formata, deve contenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore) che la contraddistingue;
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deve gestire l’azienda senza cambiare la destinazione. In sostanza, deve governarla senza variare la sua attività per consentire, eventualmente al termine dell’affitto, al locatore di riprenderla a gestire;
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deve conservare la validità e la funzionalità dell’organizzazione e degli impianti, nonché le normali dotazioni di scorte. Questo comporta, tra l’altro, che gli impianti non possono essere lasciati non funzionanti, ma è indispensabile mantenerli in normale operatività, attraverso manutenzioni periodiche e, alla bisogna, di interventi di riparazione specifici;
tenendo presente che l’inosservanza delle predette regole conduce alla cessazione dell’affitto dell’azienda. A tal proposito, l’art. 1015 c.c., richiamato dall’art. 2561, comma 3, c.c., prevede, tra l’altro, che l’usufrutto possa terminare qualora il locatario:
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ceda i beni;
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deteriori i beni o li lasci andare in perimento, a causa di mancanza di manutenzioni e/o riparazioni.
L’autorità giudiziaria può, secondo le circostanze su richiesta del locatore, disporre:
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che il locatario offra garanzie, di cui, in precedenza, era esonerato;
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oppure che i beni siano locati o posti sotto amministrazione a spese dello stesso locatario, ovvero restituiti al proprietario con l’obbligo di pagare annualmente al locatario, durante il periodo di affitto, una somma determinata.
E’ data facoltà ai creditori del locatario di intervenire nel giudizio al fine di far valere i loro diritti, offrire il risarcimento dei danni e dare garanzia per il futuro.
Altro obbligo che grava sul locatario è:
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subentrare nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale (Con la sentenza del 28 maggio 2009, n. 12543 – riportata di seguito – la Corte di Cassazione, Sez. III, ha affermato che la relativa norma – art. 2558 – non è da considerare imperativa). Tuttavia, Il terzo contraente può, in presenza di giusta causa, recedere dal contratto, entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, fatta salva la responsabilità dell’alienante.
Secondo l’ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. III, del 16 maggio 2017, n. 12016 (conformi: Sez. III, sentenza del 16 maggio 2013, n. 11967; Sez. III, sentenza del 21 marzo 2008, n. 7686), in caso di affitto di azienda, relativo ad attività esercitata in un immobile condotto in locazione, non si realizza la successione automatica del contratto di locazione dell’immobile, come conseguenza dell’affitto dell’azienda, ma detta successione è possibile e richiede, in ogni caso, la stipula di uno specifico contratto di sublocazione o di cessione del contratto di locazione, la cui presenza, comunque, si presume fino a prova contraria, secondo i dettami di cui all’art. 2558 c.c., a meno che “le parti, nello stipulare il contratto di affitto di azienda, non abbiano espressamente disciplinato le sorti di quello di locazione dell’immobile, nel qual caso la predetta presunzione non opera”.
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