Con una recente ordinanza la Corte di Cassazione torna ad occuparsi della problematica relativa alle agevolazioni prima casa ed in particolare all’alternanza residenza/attività lavorativa.
Agevolazioni prima casa: i fatti di causa secondo la C.T.P. Vicenza
D.F. – acquirente della nuda proprietà di un immobile ad uso abitativo ha proposto ricorso avverso il recupero a tassazione del maggior importo per IVA, imposta sostitutiva, sanzioni ed interessi, stante l’accertato suo mancato trasferimento della residenza entro i 18 mesi dal rogito, e quindi la decadenza dai benefici “prima casa”.
L’adita C.T.P. di Vicenza ha accolto il ricorso, rilevando che, nonostante il mancato trasferimento della residenza nell’immobile acquistato, sussisteva tuttavia altra causa di spettanza dell’agevolazione, ossia, la prestazione di attività lavorativa nel comune ove ricade lo stesso immobile, riconoscibile benché non enunciata in seno all’atto pubblico.
La C.T.R. del Veneto ha respinto gli appelli dell’Ufficio, confermando, per quanto qui interessa, la prima decisione.
Osservò, in particolare:
“il giudice d’appello che la dichiarazione della F. di voler trasferire la propria residenza nell’immobile di cui aveva acquisito la nuda proprietà costituiva una condizione risolutiva impossibile, ex art. 1354 c.c., come tale da considerarsi non apposta, giacché in detto immobile erano già residenti i genitori usufruttuari, S.F. (poi deceduto) e B.S.; in secondo luogo, che detta dichiarazione, peraltro resa in atto rogato da uno specialista quale è il notaio, era da considerare frutto di errore scusabile, perché riconoscibile, nella sostanza intendendo la F. godere della condizione agevolativa effettivamente sussistente, ossia il prestare attività lavorativa, già all’atto del rogito, nel Comune di Veronella; infine, che detta circostanza era stata pienamente provata dalla contribuente in sede contenziosa, sebbene avrebbe potuto emergere anche in sede amministrativa ove l’Ufficio avesse avviato un preventivo contraddittorio con la stessa F.”
Per tali ragioni, secondo la C.T.R., doveva reputarsi che la dichiarazione originaria era stata efficacemente emendata in sede di contenzioso, sicché l’agevolazione in discorso era da ritenersi spettante.
L’Agenzia delle Entrate ricorre ora per cassazione, denunciando violazione e falsa applicazione della Tabella A, parte seconda, n. 21, allegata al d.P.R. n. 633/1972, e dell’art. 1- bis, commi 6 e 8, del d.l. n. 168/2004, conv. in legge n. 191/2004, in combinato disposto con l’art. 1, nota 11-bis, della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.:
“L’Agenzia rileva l’erroneità della decisione della C.T.R. nella parte in cui ha ritenuto che la dichiarazione circa il trasferimento della residenza da parte della F. equivaleva a condizione risolutiva impossibile e come tale da considerarsi non apposta, ex art. 1354 c.c., essendo rimasto dimostrato che la F. esercitava attività lavorativa nel comune di Veronella, già al tempo del rogito.
Al contrario, rileva l’Agenzia come i requisiti soggettivi debbano necessariamente essere dichiarati nel rogito notarile, con la conseguenza che, ove non si realizzi o non resti dimostrata la condizione indicata nel rogito stesso, non è possibile attingere ad altra”.
Il pensiero della Cassazione
Per gli Ermellini non è qui in discussione il principio, dettato riguardo all’imposta di registro, secondo cui l’agevolazione cd. “prima casa” subordinata alla dichiarazio