Da più parti sorgono dubbi circa gli adempimenti (dichiarazione, quadro aiuti di Stato e informativa sul sito internet) relativi all’indennità di 600 euro (poi aumentata a 1.000) corrisposte dall’INPS o dalle Casse di previdenza nel corso del 2020.
Al riguardo, alla luce dei principi generali che sovraintendono alla gestione delle agevolazioni alle imprese, si ritiene che la predetta indennità debba essere indicata in dichiarazione dei redditi insieme agli altri aiuti Covid detassati ma non deve essere indicata né nel prospetto degli aiuti di Stato, né nel sito internet entro il prossimo 30 giugno, trattandosi di misura a carattere generale e non di aiuto di Stato.
Le indennità di 600 e 1.000 euro
Il decreto legge n. 18/2020 aveva introdotto una serie di indennità a favore di lavoratori autonomi iscritti alle gestioni previdenziali obbligatorie dell’INPS e di particolari tipologie di lavoratori dipendenti.
Nel proseguo, si farà riferimento esclusivamente ai percettori titolari di partita iva, non sussistendo a carico dei lavoratori dipendenti alcun particolare obbligo.
Sulla base di alcune circolari emanate dall’INPS e da taluni enti previdenziali, l’indennità di 600 euro (aumentata successivamente a 1.000 euro) per il mese di marzo 2020 (poi estesa anche ai mesi di aprile e maggio) era sostanzialmente riconosciuta per i seguenti soggetti:
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Liberi professionisti titolari di partita IVA e collaboratori (art. 27 del decreto legge 18/2020)
L’indennità spettava a:
- liberi professionisti, titolari di partita IVA attiva alla data del 23 febbraio 2020, compresi i partecipanti agli studi associati o società semplici con attività di lavoro autonomo di cui all’articolo 53, comma 1, del TUIR, iscritti alla Gestione separata INPS, a condizione che gli stessi non fossero titolari di trattamento pensionistico diretto e non fossero iscritti, alla data di presentazione della domanda, ad altre forme previdenziali obbligatorie;
- collaboratori coordinati e continuativi con rapporto attivo alla data del 23 febbraio 2020, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS e non titolari di trattamento pensionistico diretto.
- liberi professionisti, titolari di partita IVA attiva alla data del 23 febbraio 2020, compresi i partecipanti agli studi associati o società semplici con attività di lavoro autonomo di cui all’articolo 53, comma 1, del TUIR, iscritti alla Gestione separata INPS, a condizione che gli stessi non fossero titolari di trattamento pensionistico diretto e non fossero iscritti, alla data di presentazione della domanda, ad altre forme previdenziali obbligatorie;
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Lavoratori iscritti alle Gestioni speciali dei lavoratori autonomi artigiani, commercianti, coltivatori diretti, mezzadri e coloni (art. 28 del decreto legge 18/2020)
L’indennità spettava ai lavoratori iscritti alle Gestioni speciali dei lavoratori autonomi artigiani, commercianti, coltivatori diretti, mezzadri e coloni.
Sono compresi gli imprenditori agricoli professionali iscritti alla gestione autonoma agricola, nonché i coadiuvanti e coadiutori artigiani, commercianti e lavoratori agricoli iscritti nelle rispettive gestioni autonome e a condizione che i lavoratori non fossero già titolari di trattamento pensionistico diretto e che non fossero iscritti, al momento della presentazione della domanda, ad altre forme previdenziali obbligatorie, ad esclusione della Gestione separata INPS e dell’Enasarco.
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Liberi professionisti con casse di previdenza private (art.44 del decreto legge 18/2020 e D.Min. Lavoro 28/03/2020)
L’indennità spettava ai liberi professionisti iscritti alle Casse di previdenza obbligatorie (commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro, ecc.), nel rispetto di particolari limiti reddituali e di determinate condizioni (non essere titolare di pensione diretta, avere subìto una riduzione del fatturato di almeno il 33%; ecc.).
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Il trattamento tributario delle indennità
I provvedimenti legislativi innanzi richiamati prevedono che le indennità in questione non concorrono alla formazione del reddito ai sensi del TUIR, nulla prevedendo in relazione alla formazione del valore della produzione ai fini dell’applicazione dell’IRAP.
In ogni caso, indipendentemente dalla imperfetta formulazione dei citati provvedimenti e dalla possibilità che taluni di essi o taluni provvedimenti di proroga potrebbero non prevedere espressamente l’intassabilità delle indennità in questione, occorre rilevare che l’intassabilità delle stesse, anche ai fini dell’IRAP, discende comunque dall’applicazione dell’art. 10-bis del decreto legge n. 137/2020.
Infatti, il comma 1 dell’articolo 10-bis, rubricato «Detassazione di contributi, di indennità e di ogni altra misura a favore di imprese e lavoratori autonomi, relativi all’emergenza COVID-19», del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137 (cd. “Decreto Ristori”), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, ha previsto che:
«I contributi e le