La Corte Costituzionale nello scorso mese di Luglio ha dato una nuova interpretazione dell’articolo 20 del TUR in relazione alla riqualificazione degli atti in fase di accertamento: secondo l’interpretazione della Corte l’imposta di registro è un’imposta d’atto.
Costituzionalizzato art. 20 DPR 131/86 sull’imposta di registro: premessa
Se il comma 1084, dell’art.1, della Legge n. 145/2018, cd. Legge di bilancio 2019, aveva posto fine alla querelle sulla natura, retroattiva o meno, della modifica operata dal comma 87, dell’art. 1, della Legge n. 205/2017, all’art. 20, del D.P.R. n. 131/86, che ha limitato l’attività riqualificatoria dell’Amministrazione finanziaria agli elementi desumibili dall’atto sottoposto a imposta di registro, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 158 del 21 luglio 2020 ha costituzionalizzato la nuova formulazione dell’art. 20, del D.P.R. n. 131/86, riaffermando la natura di “imposta d’atto”.
Facciamo il punto sulla complessa questione, che ha alimentato un vasto contenzioso, e continua ad essere oggetto di un vasto dibattito.
Imposta di registro: l’originario testo normativo
L’originario art. 20, del D.P.R. n. 131/86, titolato Interpretazione degli atti, nel disporre l’applicazione dell’imposta secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrispondeva il titolo o la forma apparente, consentiva agli Uffici, nell’imposizione del negozio, ad attribuire rilievo preminente alla causa reale ad alla effettiva regolamentazione degli interessi realmente perseguiti dai contraenti, non essendo necessario l’intento elusivo, così che occorreva accertare non cosa le parti avevano scritto, ma cosa le stesse avevano effettivamente realizzato con il regolamento negoziale, fermo restando che il tributo del registro è imposta, se applicata in misura proporzionale, è tassa quando è dovuto in misura fissa.
Attraverso l’art. 20, del D.P.R. n. 131/86, si è quindi permesso all’interprete di privilegiare, nell’individuazione della struttura del rapporto giuridico tributario, la sostanza sulla forma, cioè il dato giuridico reale conseguente alla natura intrinseca degli atti e ai loro effetti giuridici, rispetto a ciò che formalmente è enunciato, anche in maniera frazionata, in uno o più atti.
Ciò ha portato a considerare l’art.20 del D.P.R. n. 131 del 1986 non solo come norma interpretativa degli atti registrati, ma come una disposizione volta ad identificare l’elemento strutturale del rapporto giuridico tributario[1].
La modifica apportata nel 2017
Il comma 87, dell’art.1, della L. n. 205/2017, all’art. 20, comma 1, del D.P.R. n. 131/86, ha sostituito le parole “degli atti presentati “con “dell’atto presentato”, e dopo la parola “apparente” ha aggiunto “sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”.
A seguito delle modifiche apportate, la norma, a partire dal 1.1.2018, consente l’applicazione dell’imposta, sempre secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici, ma limitatamente all’atto presentato alla registrazione e non più agli atti present