Il contribuente che impugna nei confronti dell’agente della riscossione, per vizi che attengono esclusivamente all’atto emesso dall’ente impositore, subisce l‘inammissibilità del ricorso?
E’ indifferente la proposizione del ricorso tanto nei confronti dell’agenzia delle Entrate quanto del concessionario per vizi che attengono all’esistenza del credito, essendo esclusa la necessità della contemporanea partecipazione di entrambi gli enti ai fini della validità del processo?
La pretesa tributaria viene ad esistere mediante una sequenza ordinata di atti, tra i quali la notifica dell’avviso di accertamento.
La sua omissione costituisce quindi un vizio che determina la nullità di tutti gli atti consequenziali, e tra questi, anche di quelli emessi dall’agente della riscossione. In questi casi il contribuente può scegliere in via alternativa se invocare la sola nullità degli atti successivi per vizi dell’atto presupposto o contestare in radice la pretesa tributaria.
Contestazione che deve essere proposta entro il sessantesimo giorno dal ricevimento del primo atto mediante il quale il contribuente è venuto a conoscenza della pretesa del fisco.[1]
Istanza di chiamata in causa
L’istanza[2] di chiamata in causa dell’agente della riscossione deve essere formulata al giudice nelle proprie controdeduzioni in sede di costituzione in giudizio, non potendo il giudice provvedere in proprio.
Chiamata in causa che, a differenza delle ipotesi di litisconsorzio necessario, non potrà essere disposta d’ufficio dal giudice poiché ricadente nella differente tipologia del litisconsorzio facoltativo[3].
L’agente della riscossione può scegliere se rimanere in giudizio da solo o evocare l’ente titolare del credito tributario senza alcun effetto sul rapporto processuale.
Se, poi, l’ente non è stato chiamato in causa, o il giudice non ne ha ritenuta necessaria la presenza, non è ad esso consentito l’intervento volontario in giudizio a causa dell’esistenza della procedura dettata dall’articolo 39 del D.lgs 112/1999[4].
Perché la chiamata in causa non rimanga priva di effetti è ulteriormente necessario che il concessionario si costituisca in giudizio entro sessanta giorni dalla notifica del ricorso.
Il mancato rispetto di questo termine, pur non essendo perentorio, determina per il convenuto il venir meno di alcune facoltà processuali, tra cui la possibilità di procedere alla chiamata in causa dell’ente impositore.
La parte convenuta che si sia costituita tardivamente in giudizio perde alcune capacità processuali, tra cui la possibilità di chiamare in causa l’ente impositore.[5]
In tal caso l’agente della riscossione si troverà a dover contrastare in proprio le eccezioni formulate dal contribuente, di qualunque natura esse siano.
Potere discrezionale del giudice tributario
Il concessionario della riscossione, nelle liti promosse nei suoi confronti che non riguardano vizi propri della cartella ma dell’atto impositivo originario, non può chiamare direttamente in causa l’ente creditore del tributo ma deve fare istanza al giudice tributario il quale può legittimamente disattenderla in base al potere discrezionale di cui dispone (Corte di Cassazione ordinanza 9250/2019).
Occorre escludere il potere in capo al resistente, sia esso il concessionario piuttosto che l’ente impositore, di procedere senza aver ottenuto la preventiva autorizzazione del giudice.
In tema di emanazione del provvedimento di fissazione di una nuova udienza al fine di consentire l’intervento del chiamato in giudizio, il potere del giudice è discrezionale, potendo legittimamente disattendere l’istanza sulla base di esigenze di economia processuale e di ragionevole durata del processo.
Trattandosi di potere discrezionale questo non può essere oggetto di appello o di ricorso per cassazione, anche a scapito dell’interesse della riscossione a rimanere indenne dalle conseguenze della lite.
Effetti mancata chiamata dell’ente impositore
Il concessionario della riscossione, nelle liti promosse nei suoi confronti, ma che non riguardano soltanto la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente interessato: in mancanza, risponde delle conseguenze della lite.
Lo prevede l’articolo 39 del D.lgs 112/1999 che ha riordinato il servizio nazionale della riscossione[6].
Il contribuente che chiama in giudizio solo il concessionario, e non anche l’ente che ha emanato l’atto mai ricevuto, non rischia quindi di vedersi