Finanziamenti bancari per le aziende: non conta solo il tasso d'interesse!

Quando le aziende chiedono finanziamenti alle banche, il primo (e spesso unico) aspetto a cui badano, è il tasso di interesse.
Ma il tasso d’interesse non è l’unico, né il più importante, criterio di scelta di un finanziamento.
E’ anche l’erronea concezione dei prestiti bancari che fa sì che molte aziende superino le soglie previste per l’indice OF/Ricavi, uno degli indicatori della crisi d’impresa elaborati dal CNDCEC.
Col dott. Luca Salvetti, approfondiamo la questione dei finanziamenti bancari per le aziende.

Una recente indagine elaborata dalla Commissione Finanza e Controllo dell’ODCEC di Milano ha evidenziato che più del 17% delle oltre 530.000 aziende oggetto di analisi supera le soglie previste per l’indice OF/Ricavi, uno degli indicatori della crisi d’impresa elaborati dal CNDCEC.

La domanda che sorge spontanea è: qual è la fonte del problema?

Per provare a rispondere è necessario immedesimarsi nell’imprenditore in procinto di dover richiedere un finanziamento; qual è (solitamente) il suo primo pensiero?

La forma tecnica del finanziamento? No…

Le garanzie richieste? Nemmeno…

La capacità di rimborso? “In qualche modo si paga…”

La presenza di covenants? Ma figuriamoci!

 

Il primo pensiero è il TASSO D’INTERESSE

Quello che dovrebbe essere l’ultimo driver, in ordine d’importanza, a guidare la scelta dell’imprenditore in cerca di finanziamenti è, nella realtà, la sua principale preoccupazione.

 

A cosa dovrebbe porre attenzione, quindi, il nostro imprenditore?

 

1. Tipologia e durata del finanziamento

problemi dei finanziamenti bancari per le aziendeSemplificando all’estremo, fonti di lungo termine dovrebbero finanziare impieghi di lungo periodo (es. mutuo per l’acquisto di un capannone) mentre fonti di breve termine dovrebbero finanziare le attività correnti (es. anticipo fatture per anticipare il momento d’incasso dei crediti).

In un mondo perfetto il fido cassa avrebbe la funzione di “polmone finanziario”, necessario a sopperire temporanei cali di liquidità o a evitare sconfinamenti in seguito ad un insoluto.

Nella realtà molte (probabilmente troppe) aziende non pongono adeguata attenzione all’equilibrio fonti/impieghi con il risultato di essere a rischio “alert” per i nuovi indicatori della crisi, di essere bocciate dal nuovo sistema di rating mcc (spesso utile per mitigare le garanzie richieste) ma, soprattutto, di essere declassate dagli istituti di credito.

A supporto di tali argomentazioni, la succitata analisi della Commissione Finanza e Controllo dell’ODCEC di Milano ha evidenziato che il 21,53% delle società analizzate supera le soglie previste per l’indice Attività a breve/Passività a breve.

 

2. Garanzie richieste per il finanziamento

Al fine di mitigare il rischio di perdita e consolidare l’aspettativa di adempimento delle obbligazioni assunte dalla clientela nei confronti delle banche, gli intermediari spesso richiedono garanzie reali e personali.

Le Garanzie dal valore eccessivamente elevato rispetto al finanziamento richiesto induce gli operatori a ritenere la situazione dell’impresa più critica di quanto possa realmente essere.

 

3. Concentrazione del rischio

Nonostante possa rivelarsi (apparentemente) più costoso affidarsi a più istituti di credito è bene sapere che questa decisione potrebbe essere utile in più situazioni.

Preliminarmente è necessario comprendere che per la banca essere eccessivamente esposta (ovvero concedere troppi affidamenti rispetto al sistema) è un rischio che comporta accantonamenti di patrimonio di vigilanza maggiori.

In secondo luogo può essere utile appoggiarsi a diversi istituti per una migliore gestione del credito (appoggiare pagamenti sulla banca con maggiori disponibilità, evitare sconfinamenti, evitare la concentrazione di presentazione effetti ecc.).

 

4. Presenza di covenants nei contratti di finanziamento

coventants nei contratti di finanziamentoSono clausole inserite nei contratti di finanziamento che prevedono condizioni che gli istituti bancari alle volte chiedono di mantenere per tutta la durata del finanziamento (es. mantenere il Leverage entro una determinata soglia).

La violazione di dette clausole permette alla banca di risolvere il contratto di finanziamento oppure di rinegoziarlo a condizioni meno favorevoli.

 

5. Sottocapitalizzazione dell’impresa

La predetta analisi, oltre ad evidenziare che il 15,33% delle società analizzate supera le soglie prevista per l’indice Patrimonio Netto/Totale debiti, ha rilevato un dato preoccupante: l’11,81% delle oltre 530.000 aziende oggetto di analisi hanno il Patrimonio Netto inferiore al minimo legale.

Che sia questo il problema principale verso cui essere particolarmente sensibili?

Che sia questa la malattia che rende poco competitive le nostre imprese a livello internazionale?

Che sia questa un’area dove sarebbe utile intervenire anche con incentivi (a tal proposito la nuova mini-IRES è indubbiamente troppo poco appetibile)?

 

Sperando di aver lanciato qualche provocazione vi lascio con due spunti di riflessione:

  1. Viviamo (o forse sopravviviamo) da qualche anno in un mercato del credito “drogato” da tassi estremamente bassi; cosa succederebbe (succederà) se i tassi tornassero a crescere?
  2. Quello che è volgarmente definito fido cassa (il che ci riporta alla mente un errato senso di sicurezza e amicizia) viene tecnicamente classificato tra i “rischi a revoca”; RISCHI A REVOCA poiché l’intermediario può legittimamente revocare tali affidamenti in quanto si è riservato la facoltà di recedere indipendentemente dall’esistenza di una giusta causa. Chiamiamo le cose con il loro nome e non avremo sorprese.

 

A cura di Luca Salvetti

Giovedì 19 Dicembre 2019

 

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