La Corte di Cassazione chiarisce ancora meglio la disciplina in tema di società di comodo precisando che spetta al contribuente fornire la prova contraria e dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive e straordinarie, specifiche ed indipendenti dalla sua volontà, che abbiano impedito il raggiungimento della soglia di operatività e di reddito minimo presunto.
Chiarimenti dalla Cassazione sulle società di comodo
In tema di società di comodo, l’art. 30 della L. n. 724 del 1994, al comma 1, prevede una presunzione legale relativa, in base alla quale una società si considera “non operativa” se la somma di ricavi, incrementi di rimanenze e altri proventi (esclusi quelli straordinari) imputati nel conto economico è inferiore a un ricavo presunto, calcolato applicando determinati coefficienti percentuali al valore degli “asset” patrimoniali intestati alla società (cd. “test di operatività dei ricavi”), senza che abbiano rilievo le intenzioni e il comportamento dei soci.
Il contribuente può comunque chiedere la disapplicazione delle disposizioni antielusive in presenza di situazioni oggettive, che abbiano reso impossibile raggiungere il volume minimo di ricavi o di reddito.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 27352 del 24/10/2019, ha chiarito ancora la disciplina in tema di società di comodo.
Il caso: attività alberghiera e istanza di disapplicazione della normativa sulle società di comodo
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate ricorreva per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio, che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva