La Corte di Cassazione torna ad occuparsi del procedimento di reclamo-mediazione, istituto nato in un contesto storico segnato dalla spinta dalla mediazione civile ex art. 1 del D.Lgs. n. 28/2010, dalla quale si distingueva per l’assenza di un mediatore chiaramente terzo rispetto alle parti della (potenziale) controversia e per la connotazione (anche) marcatamente amministrativa. Analizziamo i concetti espressi dalla Corte.
Alcune premesse: il procedimento di reclamo-mediazione
Il giudice di legittimità è tornato ad occuparsi del procedimento di reclamo-mediazione (si veda nota 1), istituto nato in un contesto storico segnato dalla spinta dalla mediazione civile ex art. 1 del D.Lgs. n. 28/2010, dalla quale si distingueva per l’assenza di un mediatore chiaramente terzo rispetto alle parti della (potenziale) controversia e per la connotazione (anche) marcatamente amministrativa.
Come si ricorderà fu la stessa Corte Costituzionale (ord. n. 98/2014) ad affermare incidentalmente l’impossibilità di ricondurre la mediazione tributaria al modello di quella civilistica, inducendosi <<a dubitare della stessa riconducibilità dell’istituto all’ambito mediatorio propriamente inteso>>; la Consulta, così, indicava implicitamente l’infelice denominazione dell’istituto e non certo la violazione dei parametri costituzionali, in nome del difetto di “terzietà” del soggetto preposto a valutare il reclamo-mediazione.
Atteso che l’istanza di reclamo sembra invece assimilabile ad una istanza di autotutela, obbligatoria ex lege , va rammentato che il procedimento di reclamo-mediazione ex art. 17-bis D.lgs n. 546/1992 , allo stato, impone l’osservazione di un termine dilatorio di novanta giorni dopo la notificazione del reclamo all’ufficio che ha emesso l’atto (comma 2) e, solo entro i trenta giorni successivi a tale intervallo, il ricorrente può depositare copia della domanda (comma 3) in commissione tributaria (si veda nota 2) producendo così gli effetti del rico