Accertamenti fiscali ai commercialisti

di Vincenzo D'Andò

Pubblicato il 21 ottobre 2019

Perchè possa essere fondato l'accertamento fiscale nei confronti di un commercialista non è sufficiente individuare l'importo della tariffa consigliata ad esempio da una delle Associazioni professionali per un certo tipo di servizio e moltiplicarlo per il numero delle prestazioni effettuate.

Onorari Commercialista:
l’accertamento fiscale non può basarsi solo sulle tariffe sindacali consigliate.

accertamento del Fisco ai commercialistiL'accertamento induttivo nei confronti di un commercialista non può essere fondato sull'applicazione delle tariffe di riferimento.

Perchè possa essere fondato l'accertamento fiscale nei confronti di un commercialista non è sufficiente per l'Agenzia delle Entrate individuare l'importo della tariffa consigliata ad esempio da una delle Associazioni professionali per un certo tipo di servizio e moltiplicarlo per il numero delle prestazioni effettuate.

In determinati casi il numero delle prestazioni eseguite dal commercialista è facilmente individuabile da parte dell'Agenzia delle entrate, in particolare nei casi in cui è necessario l'invio di un file all'Amministrazione oppure estraendo il dato dagli studi di settore o ISA (a partire dal periodo d'imposta 2018).

Si pensi al caso del compenso stimato per l’invio delle Certificazioni Uniche: se il Fisco stima un compenso "statico" per singola CU e lo moltiplicati per il numero delle CU inviate ne potrebbe derivare un risultato complessivo astronomico completamente avulso dalla realtà dei fatti. Peraltro spesso il commercialista, nei panni di intermediario fiscale (che brutto termine!) si occupa solo dell'invio dei file precedentemente compilati dal personale amministrativo interno dell’azienda.

 

La situazione reale è diversa

Nella pratica vera, quotidiana, il professionista fattura a un valore più basso rispetto alle tariffe di riferimento.

La Commissione Tributaria Provinciale di Pescara, nella sentenza n. 504 del 10 settembre 2019, afferma che (come evidenziato ne “Il Sole 24 Ore del 18 ottobre 2019”) la “fatturazione delle prestazioni professionali al di sotto delle tariffe fissate dall’Associazione nazionale commercialisti non legittima la pretesa tributaria.

Quest’ultima, infatti, deve ritenersi ingiustificata laddove la ricostruzione dei maggiori ricavi sia stata calcolata moltiplicando il numero delle prestazioni effettuate per gli importi consigliati dall’associazione.

Ciò in considerazione del fatto che le tariffe prese a riferimento, rappresentano un semplice suggerimento che non assume valore vincolante essendo pacifico che il contratto che lega il cliente e il professionista può variare in funzione della forza contrattuale tra le parti, tenuto anche conto della ormai dilagante concorrenza tra i vari professionisti (Commercialisti/Tributaristi/Fiscalisti/Consulenti del lavoro/Geometri fiscalisti, Avvocati in materia fiscale, Pubblici Dipendenti in pensione, Banche e cosi via), che spesso applicano “prezzi” (più che onorari)  irrisori, rispetto anche alle tariffe consigliate.

L’Agenzia delle entrate deve necessariamente tenere nella dovuta considerazione questa reale situazione che si è venuta a creare in particolare nell’ultimo decennio.

 

Vincenzo D'Andò
21 ottobre 2019