Accertamento tributario esteso all’amministratore della ONLUS

ONLUS con l’omessa dichiarazione di redditi diversi ed annotazione fraudolenta di fatture per operazioni inesistenti: l’accertamento tributario esteso all’amministratore è legittimo.

Accertamento tributario alla Onlus esteso anche all’amministratore

ONLUS con l’omessa dichiarazione di redditi diversi ed annotazione fraudolenta di fatture per operazioni inesistenti: l’accertamento tributario esteso all’amministratore è legittimo.

Così si pronuncia la Corte di cassazione nell’ordinanza n. 22696 dell’11 settembre 2019.

 

Il fatto

Il 28 dicembre 2010, a seguito di verifica della Guardia di Finanza conclusasi con Processo Verbale di Costatazione (PVC) redatto nei confronti della Onlus, di cui il ricorrente era amministratore, venivano notificati sei avvisi di accertamento in relazione a maggior reddito Irpef, uno per ciascun anno dal 2000 al 2005.

Al contribuente veniva contestata l’omessa dichiarazione di redditi diversi, per una cifra corrispondente a quanto lucrato dall’Associazione, di cui era amministratore, mediante l’annotazione fraudolenta di fatture per operazioni inesistenti a danno delle Amministrazioni sanitarie, somme di cui il soggetto si era appropriato.

Il contribuente impugnava gli avvisi di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Brescia, contestando la decadenza dell’Amministrazione dal potere impositivo, in relazione agli anni dal 2000 al 2004, non operando il raddoppio dei termini in conseguenza dell’intervenuta imputazione, in sede penale, in relazione soltanto a reati comuni e non finanziari (art. 43, Dpr 74/2000).

Contestava, inoltre, il difetto del presupposto impositivo, avendo egli restituito tutto quanto sottratto alle Amministrazioni sanitarie. Opponeva, ancora, che l’Ente impositore aveva agito per gli stessi fatti nei confronti della Onlus, con la conseguente ingiustificata pretesa di esercitare una doppia imposizione, in relazione alle stesse somme, ma nei confronti di soggetti diversi.

 

Primo grado

La CTP di Brescia accoglieva il ricorso circa la decadenza in cui era incorso l’Ufficio per gli anni dal 2000 al 2004, mentre ne confermava la legittimità in ordine all’anno 2005, ritenendo ininfluente l’intervenuta successiva restituzione delle somme alle Amministrazioni sanitarie, trattandosi di importi comunque percepiti e non dichiarati dal contribuente negli anni di riferimento.

 

Secondo grado di giudizio

Entrambe le partì ricorrevano avverso la decisione assunta dalla CTP innanzi alla Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia.

Quest’ultima riformava la pronuncia di primo grado in accoglimento dell’impugnazione proposta dall’Agenzia delle Entrate, osservando che il raddoppio dei termini non è conseguenza dell’esercizio dell’azione penale nei confronti dell’amministratore per reati finanziari, bensì

“della esistenza di una situazione di fatto che obbliga al rapporto ex art. 331 c.p.p. … la soglia di denunciabilità è ben al di sotto della soglia di esercizio effettivo dell’azione penale” e, nei confronti del R. “è del tutto immanente l’astratta configurabilità dell’art. 4 del Dlgs 74/2000, con conseguente applicabilità del raddoppio dei termini” (sent. CTR, p. 3).

Confermava quindi il giudizio di irrilevanza dell’intervenuta restituzione agli enti frodati delle somme loro sottratte, e riteneva non ricorresse l’ipotesi di una duplicazione della pretesa impositiva per essere stata proposta sia nei confronti del soggetto, sia della Onlus, perché non si conosceva l’esito dell’accertamento rivolto contro di essa, e comunque

“a causa della evidente diversità dei soggetti di riferimento” (sent. CTR, p. 3).

La CTR confermava, pertanto, la legittimità dell’accertamento tributario anche in relazione all’anno 2005.

 

La Cassazione

Avverso la decisione assunta dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione.

Il contribuente censura la decisione impugnata anche perché l’Amministrazione finanziaria ha inteso procedere non solo nei suoi confronti, ma anche della Onlus di cui era amministratore, con la conseguenza di esigere due volte i tributi, in relazione alla medesima manifestazione di capacità contributiva e da parte di due soggetti diversi.

Ma la contestazione del contribuente non è stata condivisa dalla Corte di legittimità.

La CTR, invero, ha osservato sul punto che

“alle date di riferimento il soggetto aveva conseguito un reddito tassabile e che conseguentemente era obbligato a denunciare”.

Non è questo il luogo, del resto, per valutare le scelte difensive dell’Ente impositore.

È un dato acclarato, e pure incontestato, che le somme sottoposte dall’Amministrazione finanziaria ad imposizione, negli anni di riferimento, si trovavano nella disponibilità dell’odierno ricorrente, cui compete perciò il pagamento dei corrispondenti tributi, come correttamente già chiarito dalla impugnata CTR, non risultando a tal fine rilevanti le osservazioni proposte dal ricorrente in ordine alle conseguenze del sequestro e della confisca penale di somme, da un lato, e della loro volontaria restituzione, dall’altro.

Il motivo di ricorso del contribuente è stato pertanto respinto in cassazione.

(Corte di cassazione, ordinanza n. 22696 dell’11 settembre 2019)

 

A cura Vincenzo D’Andò

19 settembre 2019

 

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