La cessione dell’abitazione tra coniugi in separazione è esente dall’imposta di registro e da altri eventuali tributi?
Per i contribuenti interessati si tratta sempre di una fase estremamente complessa della propria vita. Cerchiamo di fare chiarezza sul trattamento fiscale ai fini del registro avvalendoci della giurisprudenza emanata in merito.
Imposta di registro ed altri tributi nella omologazione dell’accordo di separazione coniugale di cessione tra coniugi della casa abitativa
Indice rapido dell’articolo:
- Esenzione della cessione dell’abitazione tra coniugi in separazione: i precedenti legislativi
- Il determinante intervento della Corte delle Leggi
- Gli interventi conformi della Corte di Cassazione
- Massime contrarie
- Altri utili interventi della Suprema Corte
- Interrogazione parlamentare in commissione 5-03420, del 5 agosto 2014, seduta n. 279
- Il pensiero dell’Agenzia delle Entrate
Esenzione della cessione dell’abitazione tra coniugi in separazione: i precedenti legislativi
L’art. 19, della L. 6 marzo 1987, n. 74, recita:
“1. Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898 , sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.
Quindi, questo articolo di legge limitava, originariamente, l’esenzione da alcuni tributi, nei soli procedimenti divorzili, laddove il nuovo intervento della Corte Costituzionale, di cui appresso, è stato richiesto per invocare l’estensione dell’esenzione a tutta la totalità dei tributi dovuti sugli atti de quo, ivi compresi, oltre all’imposta di registro, l’imposta di bollo, l’imposta ipotecaria e quella catastale, a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi.
Orbene, il predetto art. 19, della L. n. 74/1987, è stato vagliato dalla Corte Costituzionale che, con le seguenti due sentenze, ne ha sancito la parziale sua illegittimità costituzionale:
- con la sentenza del 15 aprile 1992, 176, nella parte in cui non comprende nell’esenzione dal tributo anche le iscrizioni di ipoteca effettuate al fine di garantire le obbligazioni assunte dal coniuge nel giudizio di separazione, tanto in relazione agli artt. 4 e 1, della Tariffa allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635;
- con la sentenza del 10 maggio 1999, 154, nella parte in cui non estende l’esenzione in esso prevista a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi.
Il determinante intervento della Corte delle Leggi
L’ultima sentenza del 10 maggio 1999, n. 154, è stata una pietra miliare – sebbene non sempre osservata dalla Corte di Cassazione, nonché dall’Agenzia delle Entrate come andiamo di seguito a verificare – nel regolare gli aspetti fiscali della separazione coniugale.
Ebbene, la Corte Costituzionale, nella sua impareggiabile opera di adeguamento delle leggi ai principi cardini della Costituzione, ha provveduto a dichiarare l’illegittimità costituzionale del predetto articolo, come anticipato, fondando le sue affermazioni sulle seguenti considerazioni.
Premesso che:
- nella precedente sentenza del 15 aprile 1992, 176, la Corte Costituzionale aveva già scrutinato la disposizione impugnata (art. 19, della predetta L. n. 74/1987), sotto il profilo della mancata estensione della esenzione al solo provvedimento di iscrizione di ipoteca a garanzia delle obbligazioni assunte dal coniuge separato, pronunciandosi nei limiti dell’impugnazione;
- le motivazioni poste a base del predetto dispositivo di accoglimento – dichiarativo dell’incostituzionalità del ridetto art. 19, della n. 74/1987, hanno imposto,