Assurge ad idonea strategia difensiva contestare la marginalità dello scostamento tra i ricavi dichiarati e i paradigmi applicabili in base allo studio di settore appropriato, e dunque la carenza della grave incongruenza richiesta dalla disciplina positiva?
Il presente contributo affronta la questione della natura della eccezione sollevata per la prima volta dal contribuente in sede di gravame o in sede di giudizio di legittimità, in ordine alla insussistenza della “grave incongruenza” tra i ricavi dichiarati e quelli accertati in base agli studi di settore.
Il presente contributo analizza, inoltre, il regime delle eccezioni in senso stretto (proprio) e delle eccezioni in senso lato (o eccezione in senso improprio o mera difesa).
È consentito al contribuente allegare per la prima volta in sede di giudizio di legittimità la sussistenza della “grave incongruenza”?
“Grave incongruenza”: presupposto per l’emissione dell’avviso di accertamento fondato sugli studi di settore
Poiché la sussistenza della “grave incongruenza” è proprio il presupposto (si veda nota 1) per l’emissione dell’avviso di accertamento fondato sugli studi di settore ai sensi dell’art. 62 sexies d.l. 331/1995, è consentito al contribuente allegare per la prima volta anche in sede di legittimità, l’inesistenza del fatto costitutivo della pretesa dell’amministrazione, sollevando una eccezione in senso improprio o mera difesa, tesa unicamente a contestare la sussistenza del fatto costitutivo della obbligazione tributaria.
I dati della vicenda
Nel caso di specie, lo scostamento tra l’importo dei ricavi dichiarati dalla società e quelli calcolati in base agli studi di settore è di appena il 4,73%. Tale scostamento risulta molto modesto, soprattutto in relazione all’ammontare dei ricavi dichiarati pari ad € 3.966.238,00 a fronte della somma di € 4.163.262,00 accertati in base agli studi di settore, sicché non si è verificata una divergenza significativa (si veda nota 2) tale da giustificare l’emissione dell’avviso di accertamento.
Tale importante principio è stato statuito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 29 marzo 2019, n. 8854.
Nel dettaglio, un contribuente, impugnando la sentenza del giudice del gravame, in sede di ricorso per cassazione ha eccepito per la prima volta che erano insussistenti le gravi incongruenze, in quanto il volume di affari dichiarato era di € 3.966.238,00, mentre il volume di affari “puntuale” accertato in base agli studi di settore era di € 4.163.262,00, con una differenza del 4,73%.
Tale questione costituisce per il ricorrente in cassazione una eccezione in senso lato, sicché può essere anche rilevata d’ufficio dal Giudice e non è inibita in appello dalla preclusione di cui all’art. 57 d.lgs. 546/1992.
La pronuncia della Cassazione
Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno risolto la questione della natura della eccezione sollevata per la prima volta dalla società in sede di giudizio di legittimità, in ordine alla insussistenza della “grave incongruenza” tra i ricavi dichiarati e quelli accertati in base agli studi di settore, atteso che nel giudizio di legittimità è preclusa la proposizione di nuove questioni di diritto solo quando esse presuppongano o comunque richiedano nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto, mentre deve ritenersi consentito dedurre per la prima volta in tale sede questioni di diritto che lascino immutati i termini, in fatto, della controversia così come accertati e considerati dal giudice del merito.
Gli Ermellini hanno puntualizzato quanto segue in tema di “grave incongruenza” tra i ricavi dichiarati e quelli accertati: