La Corte Costituzionale si è pronunciata sul tema della confisca del prodotto dell’illecito, in relazione alla legittimità costituzionale degli artt. 187-sexies e 187-quinquiesdecies del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.
La confisca per equivalente del prodotto degli illeciti da insider trading e dei beni utilizzati per commetterli conduce a risultati sanzionatori manifestamente sproporzionati per eccesso rispetto alla gravità degli illeciti.
Tali forme di confisca assumono una connotazione punitiva, infliggendo all’autore dell’illecito una limitazione al diritto di proprietà di portata superiore a quella che deriverebbe dalla mera ablazione dell’ingiusto vantaggio economico ricavato dall’illecito.
E questo in un sistema sanzionatorio in cui la (predominante) componente “punitiva”, insita nella confisca del «prodotto» dell’illecito e dei «beni utilizzati» per commetterlo, si aggiunge all’afflizione determinata dalle altre sanzioni e, in particolare, dalla sanzione amministrativa pecuniaria di eccezionale severità. Il che conduce a risultati sanzionatori manifestamente sproporzionati.
La Corte Costituzionale dichiara pertanto l’illegittimità della previsione della confisca obbligatoria, diretta o per equivalente, del prodotto dell’illecito amministrativo e dei beni utilizzati per commetterlo ex art. 187-sexies del Dlgs n. 58/98.
Il testo unico in materia di intermediazione finanziaria: i precedenti interventi
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 112 del 10.05.2019 si è pronunciata sul tema della confisca del prodotto dell’illecito, in relazione alla legittimità costituzionale degli artt. 187-sexies e 187-quinquiesdecies del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52).
Con Ordinanza del 16 febbraio 2018, la Corte di Cassazione aveva sollevato, in riferimento agli artt. 24, 111 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), nonché in relazione all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), questioni di legittimità costituzionale dell’art. 187-quinquiesdecies cit.
«nella parte in cui detto articolo sanziona la condotta consistente nel non ottemperare tempestivamente alle richieste della CONSOB o nel ritardare l’esercizio delle sue funzioni anche nei confronti di colui al quale la medesima CONSOB, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza, contesti un abuso di informazioni privilegiate».
Con la medesima Ordinanza, la Suprema Corte aveva altresì sollevato, in riferimento agli artt. 3, 42 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, nonché in relazione agli artt. 17 e 49 CDFUE, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 187-sexies cit.
«nella parte in cui esso assoggetta a confisca per equivalente non soltanto il profitto dell’illecito ma anche i mezzi impiegati per commetterlo, ossia l’intero prodotto dell’illecito».
La Corte Costituzionale, ritenuto di dover sospendere il giudizio sulle questioni di legittimità aventi ad oggetto l’art. 187-quinquiesdecies del D.lgs. n. 58 del 1998, definiva soltanto le questioni concernenti l’art. 187-sexies del medesimo decreto.
Il procedimento in esame traeva origine da un provvedimento sanzionatorio, con il quale la CONSOB aveva irrogato una sanzione pecuniaria di 200.000 euro in relazione all’illecito amministrativo di abuso di informazioni privilegiate previ