Nelle cooperative di produzione e lavoro, che nascono al fine di fornire occasioni di lavoro ai propri soci, lo scambio mutualistico è rappresentato dalla prestazione lavorativa in cambio della retribuzione, per cui il lavoro prestato dai soci lavoratori è sia lo strumento volto al perseguimento dell’oggetto, sia l’oggetto stesso. Invero quindi il vantaggio mutualistico non consiste nel produrre utile o ricchezza, bensì nella opportunità di ricerca e mantenimento del “posto di lavoro” per il socio lavoratore. Nonostante l’ampio intervento regolamentare relativamente alla disciplina applicabile alle cooperative ed ai soci lavoratori, non poche sono le controversie ed i dubbi che permangono per questa tipologia societaria
Il socio lavoratore di cooperativa
Nelle cooperative di produzione e lavoro, che nascono al fine di fornire occasioni di lavoro ai propri soci, lo scambio mutualistico è rappresentato dalla prestazione lavorativa in cambio della retribuzione, per cui il lavoro prestato dal socio lavoratore è sia lo strumento volto al perseguimento dell’oggetto, sia l’oggetto stesso.
Invero quindi il vantaggio mutualistico non consiste nel produrre utile o ricchezza, bensì nella opportunità di ricerca e mantenimento del “posto di lavoro” per il socio lavoratore.
Nonostante ci sia stato negli anni un ampio intervento regolamentare[1] relativamente alla disciplina applicabile alle cooperative ed ai soci lavoratori, non poche sono le controversie ed i dubbi che permangono per questa tipologia societaria, nella quale rapporto associativo e rapporto di lavoro, in capo allo stesso soggetto, vanno ad intrecciarsi, influenzandosi vicendevolmente.
Il socio lavoratore di cooperativa stabilisce infatti al momento della propria adesione, o in epoca successiva alla stessa, anche un rapporto di lavoro, che si aggiunge al rapporto di tipo associativo, e che può assumere qualsiasi forma, sia essa subordinata o autonoma (ad inclusione delle collaborazione coordinate e continuative), con la sola eccezione delle prestazioni occasionali, intrinsecamente incompatibili con la natura continuativa del rapporto di tipo societario del socio con la cooperativa, stabilmente volto al perseguimento dell’oggetto e dello scopo mutualistico, rappresentato proprio dall’attività lavorativa.
Sebbene il rapporto di lavoro venga individuato dalla Legge quale “ulteriore” rispetto al rapporto associativo,[2] e quindi ulteriore rispetto al conferimento del capitale sociale e alla gestione dell’impresa attraverso la formazione degli organi sociali e delle scelte strategiche e organizzative, dando quasi valore residuale alla prestazione lavorativa, è in realtà attraverso quest’ultima che viene realizzato lo scopo sociale della cooperativa, ed è quindi solo grazie ad essa che viene data attuazione al contratto di società.
Nonostante l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato in capo ad un socio di cooperativa determini gli effetti di natura fiscale, previdenziale e giuridica comuni ad un lavoratore “dipendente”, la condizione di specialità del socio lavoratore, fa sì che esso si differenzi dagli altri lavoratori subordinati per vari aspetti.
A tal proposito, di fondamentale importanza risulta il Regolamento interno, che deve definire tra l’altro la tipologia di rapporti che si intendono attuare con i soci lavoratori.
Il Regolamento Interno delle Cooperative
Le cooperative sono tenute ad adottare un apposito Regolamento, che disciplini la tipologia di rapporto di lavoro che si intende instaurare con i soci e non solo.
Il regolamento deve infatti avere un contenuto minimo, ovvero:
- Il richiamo ai contratti collettivi applicabili al rapporto di lavoro, indipendentemente dalla circostanza per cui la cooperativa sia o meno iscritta all’organizzazione firmataria del contratto e, ove non vi fosse contrattazione collettiva per il settore di riferimento, va fatto esplicito richiamo al contratto di categoria affine;
- Le previsioni in merito all’organizzazione del lavoro ed alle concrete mod