La Corte di Cassazione respinge la posizione interpretativa formulata da una Commissione Tributaria Regionale, secondo la quale risultano inattendibili le prove acquisite con i questionari inviati ai clienti, perchè questa documentazione risulta valida a fini interni dell’amministrazione, ma non può essere esibita come prova processuale perchè la prova testimoniale non risulta ammissibile nel processo tributario
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17627 del 5 luglio 2018, ha respinto la posizione interpretativa formulata da una Commissione Tributaria Regionale, secondo la quale “risultano inattendibili le prove acquisite con i questionari inviati ai clienti“, perchè “questa documentazione risulta valida a fini interni dell’amministrazione, ma non può essere esibita come prova processuale perchè la prova testimoniale non risulta ammissibile nel processo tributario“.
Nel caso di specie, la Suprema Corte – in armonia con il consolidato orientamento in materia – chiarisce che il divieto di prova testimoniale posto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 si riferisce alla prova testimoniale da assumere con le garanzie del contraddittorio e non implica, pertanto, l’impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione, le dichiarazioni che gli organi dell’amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento e che, proprio perchè assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice.
Sul punto, occorre evidenziare – come emerge altresì dall’analisi di analoghe statuizioni giurisprudenziali[1] – che, in tema di contenzioso tributario, la disposizione contenuta nel citato