La deducibilità degli interessi passivi da ravvedimento operoso

Si segnala il quesito di un utente che chiede aiuto per capire come si contabilizzano gli interessi passivi da ravvedimento operoso: sono deducibili o meno dal reddito d’impresa?

Il Quesito: gli interessi passivi da ravvedimento operoso sono deducibili?

Chiedo un vostro aiuto perché sto cercando di capire come si contabilizzano gli interessi da ravvedimento operoso.

Vedo che non c’è una linea chiara e netta sulla loro deducibilità.

Ho una società che sta pagando un avviso bonario di € 450.000, per cui gli interessi quest’anno in bilancio rappresentano una cifra rilevante. Come dovrei registrare in contabilità tali interessi?

Inoltre, vi chiedo come contabilizzare gli interessi con codice tributo 9002.

 

La Risposta del Dott. Modolo

Le diverse origini degli interessi passivi

versamenti ravvedimento operosoGli interessi passivi che le aziende sono tenute a corrispondere sono anche quelli dovuti, in relazione a norme di legge, su imposte e tributi corrisposti “in ritardo” rispetto alle scadenze ordinarie.

In particolare, senza pretesa di completezza, oltre a quelli tipici derivanti da rateazione / dilazione delle somme dovute, si possono individuare interessi passivi:

  • dovuti in base a un atto di adesione;
  • applicati nell’avviso di accertamento;
  • associati alla rateazione di imposte a seguito delle procedure di ravvedimento operoso;

che, in un certo senso, rivestono natura non finanziaria, ma compensativa per il ritardo nel pagamento delle imposte.

 

Gli interessi passivi di natura finanziaria

Al riguardo, con la risoluzione n. 178/E del 9 novembre 2001, l’Agenzia delle Entrate aveva puntualizzato che gli interessi che un’impresa corrisponde per finanziarsi rappresentano un costo che solo astrattamente è riconducibile ad uno specifico impiego.

Infatti, considerando l’estrema fungibilità del denaro, l’individuazione di un nesso diretto tra un’operazione di finanziamento e l’utilizzo delle risorse finanziarie generate appare arbitraria.

Anche quando l’impresa accende un finanziamento per sostenere un determinato costo o per svolgere una particolare attività, non è possibile individuare in modo assoluto un collegamento tra il flusso in entrata di denaro e il corrispondente flusso in uscita.

Inoltre, l’accensione di un finanziamento libera eventuali diverse risorse finanziarie che l’impresa può destinare ad altre attività.

Molte imprese, poi, gestiscono la funzione finanziaria in modo autonomo e accentrato. Ogni scelta di natura finanziaria è valutata in relazione al fabbisogno complessivo e alle risorse finanziarie generati dall’insieme delle funzioni aziendali, tenendo conto delle condizioni del mercato finanziario.

In questa ottica, gli interessi passivi, quali oneri generati dalla funzione finanziaria, possono essere assimilati ad un costo generale dell’impresa, cioè ad un costo che non può essere specificamente riferito ad una particolare attività aziendale o ritenuto accessorio ad un particolare onere.

 

La deducibilità degli interessi passivi

Proprio sulla base di tali considerazioni può essere compresa la scelta del legislatore fiscale di assoggettare gli interessi passivi e le spese generali ai medesimi criteri di deducibilità;

  • secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 12990 del 12.4.2007), gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo delle imposte, di cui all’art. 20 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, hanno una causa meramente compensativa del ritardo con cui l’erario riscuote gli importi dovuti dal contribuente. Ne deriva, di conseguenza, che, ogni qualvolta il contribuente è tenuto a corrispondere le imposte in un momento successivo rispetto a quello ordinario di riscossione, si rendono dovuti interessi “compensativi” che devono essere considerati “deducibili”;
  • con la circolare dell’Agenzia delle Entrate 21 aprile 2009, n. 19/E è stato posto in rilievo che, oltre agli interessi (o altri oneri assimilati) derivanti da taluni contratti espressamente individuati, assumono rilievo, più in generale, quelli derivanti da qualsiasi altra operazione avente causa finanziaria. Pertanto, nell’ipotesi del ravvedimento operoso inerente alla regolarizzazione delle sanzioni da omessi versamenti o da indebita liquidazione), indica, per quanto attiene al pagamento degli interessi moratori, che i medesimi devono essere calcolati al tasso legale con maturazione “giorno per giorno” (quindi, aspetto finanziario).

 

La deducibilità degli interessi per ritardo nel versamento di tributi

In materia di deducibilità degli interessi passivi collegati al ritardato versamento dei tributi (fenomeno assolutamente frequente anche e soprattutto per la possibilità di fare ricorso allo strumento del ravvedimento operoso), nel tempo, non è sempre stato confortato da univoche interpretazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Infatti, malgrado i principi espressi dalla Corte di Cassazione in merito alla sostanziale deducibilità degli interessi passivi pagati per finalità tributarie, l’Agenzia delle entrate nel mese di gennaio 2014, in una risposta di Telefisco a proposito dell’IMU, ha riaffermato l’indeducibilità in relazione agli “interessi e sanzioni dovute in caso di pagamento tardivo”.

E poi… il silenzio, che può essere interpretato come “un cambiamento di orientamento”. Forse, non giustificato in modo consapevole.

 

Giancarlo Modolo

12 settembre 2018