Solo le prestazioni ed i servizi che realizzano le finalità istituzionali non vanno considerate come compiute nell’esercizio di attività commerciale e, quindi, come non imponibili. L’attività di gestione di un bar ristoro da parte di un ente non lucrativo può essere quindi qualificata come “non commerciale”, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e di quella sui redditi, soltanto se la suddetta attività sia strumentale rispetto ai fini istituzionali dell’ente
Solo le prestazioni ed i servizi che realizzano le finalità istituzionali non vanno considerate come compiute nell’esercizio di attività commerciale e, quindi, come non imponibili. L’attività di gestione di un bar ristoro da parte di un ente non lucrativo può essere quindi qualificata come “non commerciale”, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e di quella sui redditi, soltanto se la suddetta attività sia strumentale rispetto ai fini istituzionali dell’ente.
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La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 15476 del 13/06/2018, ha chiarito alcuni rilevanti aspetti in tema di presupposti per il disconoscimento, ai fini fiscali, della natura non commerciale dei circoli culturali.
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate ricorreva per la Cassazione della sentenza della CTR, con cui era stato accolto l’appello proposto dal contribuente, affermando la illegittimità dell’avviso di accertamento, con il quale si contestava al predetto contribuente, nella qualità di “socio di fatto” di un Circolo Arci, il reddito di partecipazione, escludendo la qualifica di ente non commerciale del circolo.
L’Amministrazione finanziaria censurava la sentenza impugnata, denunciando violazione degli artt. 149 (già 111 bis), comma 1, del D.P.R. n. 917 del 1986, atteso che il gi