In tema di imposte sui redditi, sono deducibili, per l’acquirente dei beni, i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, non utilizzati direttamente per commettere il reato, anche nel caso in cui l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi che siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità
In tema di imposte sui redditi, a norma dell’art. 14, comma 4 bis, della L. n. 37 del 1993, sono deducibili per l’acquirente dei beni i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, non utilizzati direttamente per commettere il reato, anche nel caso in cui l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi che siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità.
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La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 10664 del 04/05/2018, ha chiarito quali sono i presupposti di deducibilità dei costi, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti.
Nel caso di specie, la CTR della Lombardia aveva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Milano, che aveva accolto l’impugnazione proposta da una società avverso un avviso di accertamento a fini IVA e imposte sui redditi, relativo all’anno 2004, che aveva a sua volta ritenuto illegittimamente detratta l’IVA e indebitamente dedotti i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, laddove la società contribuente aveva acquistato non già filo di rame, così come indicato nelle fatture, ma vergella di rame, proveniente da altra società rispetto a quella indicata in fattura
La società proponeva quindi ricorso per cassazione, evidenziando le carenze motivazionali della pronuncia, soprattutto sotto