E’ legittimo l’avviso di accertamento fondato su una verifica redatta in ufficio, anche se il contribuente aveva richiesto che venisse svolta presso il proprio commercialista. Nel caso di specie, i verificatori hanno asportato la documentazione amministrativa e contabile presso i propri uffici, in contrasto con l’indicazione data dall’amministratore della società, che aveva indicato quale luogo della verifica fiscale il depositario delle scritture contabili
Con l’ordinanza n. 7613 del 28 marzo 2018 la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento fondato su una verifica redatta in ufficio, anche se il contribuente aveva richiesto che venisse svolta presso il proprio commercialista.
Nel caso di specie, i verificatori hanno asportato la documentazione amministrativa e contabile presso i propri uffici, in contrasto con l’indicazione data dall’amministratore della società, che aveva indicato quale luogo della verifica fiscale il depositario delle scritture contabili (la società, in altre parole, si era avvalsa della facoltà accordata al contribuente dall’art. 12, comma 3, della L. n. 212 del 2000, secondo cui, su richiesta del contribuente, l’esame dei documenti amministrativi o contabili può essere effettuata nell’ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta).
Legittimità della verifica presso l’ufficio in caso di opposizione del contribuente – Il pensiero dei massimi giudici
I massimi giudici di Cassazione osservano che
“nel motivo si deduce genericamente che l’istanza per lo svolgimento dell’attività nel diverso luogo fu fatta verbalizzare dal contribuente, mentre il requisito dell’autosufficienza del ricorso per cassazione avrebbe in questo caso richiesto la integrale trascrizione del processo verbale nella parte che conteneva l’indicazione data dalla contribuente, in modo da consentire alla Corte di verificare se e in che termini essa fu espressa e le eventuali diverse ragioni opposte dai verificatori, tenuto conto che la problematica interferisce con quella del rifiuto o della sottrazione della documentazione all’ispezione ex art. 52, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972”.
Ma in disparte a tale rilievo è assorbente per la Corte la considerazione che
“la norma non prevede sanzioni per il caso che i verificatori abbiano proseguito la verifica presso i propri uffici in assenza di istanza in tal senso manifestata dal contribuente; né vi è spazio per ipotizzare in materia una nullità virtuale, posto che, come chiarito da questa Suprema Corte, il comma terzo dell’art. 12