Non è stata ancora trovata una soluzione per l’irrogazione della maxisanzione a carico di coloro che hanno emesso assegni per importi pari o superiori a 1.000 euro senza apporre la clausola di non trasferibilità. Conseguentemente coloro che hanno ricevuto un atto di contestazione della violazione con la possibilità di avvalersi dell’oblazione entro il termine di sessanta giorni dovranno prendere una decisione
Non è stata ancora trovata una soluzione per l’irrogazione della maxisanzione a carico di coloro che hanno emesso assegni per importi pari o superiori a 1.000 euro senza apporre la clausola di non trasferibilità.
Conseguentemente, coloro che hanno ricevuto un atto di contestazione della violazione con la possibilità di avvalersi dell’oblazione entro il termine di sessanta giorni dovranno prendere una decisione. La sanzione deve essere compresa tra un minimo di 3.000 euro ed un massimo di 50.000 euro.
L’oblazione estingue la violazione, ma deve essere pagato entro il predetto termine di sessanta giorni un importo pari al doppio del minimo pari, quindi, a 6.000 euro.
Il pagamento dell’oblazione “cristallizza” la situazione. Pertanto una volta effettuato il pagamento il soggetto interessato non correrà più il rischio di subire l’irrogazione di una sanzione di importo superiore.
Durante questi giorni si attendeva, dopo il parere espresso dalla Commissione finanze della Camera, un intervento che riducesse le predette sanzioni. Fino ad oggi, però, questo intervento non c’è stato e quindi con l’avvicinarsi della scadenza (di sessanta giorni dall’atto di contestazione) prevista per avvalersi della violazione, coloro che hanno ricevuto il predetto atto dovranno comunque assumere una decisione.
Il Consiglio dei Ministri del 16 maggio scorso ha approvato definitivamente il decreto legislativo che disciplina l’accesso ai dati antiriciclaggio da parte delle autorità fiscali. Il decreto non contiene, però, alcuna disposizione avente ad oggetto la riduzione delle penalità per i soggetti che emettono o ricevono assegni di importi pari o superiori al predetto limite senza aver apposto, preventivamente, la clausola di non trasferibilità. La sanzione fino ad un massimo di 50.000 euro si applica a partire dal 4 luglio scorso.
Le ragioni del mancato intervento circa la riduzione delle penalità risiedono nella possibile contestazione di un eccesso di delega rispetto alle finalità del decreto legislativo approvato. Sarà dunque necessario attendere ancora per il ritorno al passato, cioè per la reintroduzione di una sanzione proporzionale rispetto all’importo dell’assegno emesso privo dell’apposizione della predetta clausola.
La disposizione che avrebbe dovuto essere approvata prevedeva l’irrogazione di una sanzione pari al 10 per cento per gli importi fino a 30.000 euro. Invece per gli importi superiori avrebbe dovuto essere mantenuta la struttura della disposizione attualmente in vigore. La nuova penalità avrebbe dovuto essere applicata anche alle violazioni commesse in passato purché dopo il 4 luglio 2017. Se la nuova norma fosse stata approvata, avrebbe trovato applicazione retroattivamente con la possibilità di rimborso anche delle somme pagate a titolo di oblazione.
Ora, però, la vicenda dovrà essere presa in esame dal nuovo Governo che sarà tenuto a decidere in che termini modificare le sanzioni attualmente in vigore non proporzionate rispetto all’entità della violazione.
E’ possibile anche che il nuovo Esecutivo “abbandoni” del tutto la predetta disposizione con la riduzione della sanzione al 10 per cento. Sarà comunque necessario, indipendentemente dalla soluzione scelta, che la sanzione torni ad essere commisurata all’entità della violazione commessa. E’ di tutta evidenza che gli ultimi casi di violazione alla ribalta della cronaca non hanno nulla a che fare con ipotesi di riciclaggio. Conseguentemente, anche in considerazione delle finalità del decreto antiriciclaggio una soluzione dovrà essere individuata.
Nicola Forte
26 maggio 2018