La Sezione penale della Corte di Cassazione, con recente sentenza, ha ritenuto utilizzabili le intercettazioni del commercialista che consiglia operazioni illecite; ricordiamo che le intercettazioni rientrano fra i normali mezzi di prova del processo penale e spieghiamo le modalità con cui le intercettazioni possono essere utilizzate nel processo
La Sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14007 depositata il 26 marzo 2018, ha ritenuto utilizzabili le intercettazioni del commercialista che consiglia operazioni illecite.
Il fatto
Con ordinanza del 3 agosto 2017 il Tribunale di Milano ha respinto la richiesta di riesame formulata dalla difesa di G.M. – indagato in relazione alla violazione dell’art. 11 del D. Lgs. n. 74 del 2000 per avere sottratto al pagamento delle imposte sul reddito e sul valore aggiunti la somma di euro 2.000.000.00, da lui detenuta in attività finanziarie non dichiarate allocate all’estero, compiendo azioni tese al trasferimento di esse presso un conto corrente acceso presso un istituto di crediti di Dubai, rendendo in tale modo inefficace ogni forma di riscossione delle imposte evase – avverso il decreto di sequestro preventivo emesso, sino alla concorrenza della somma di euro 1.293.170.0, dei beni, mobili ed immobili, intestati al richiedente ed alla di lui moglie.
Secondo il Tribunale del riesame non coglierebbe nel segno la censura formulata dal ricorrente secondo la quale la condotta a lui attribuita, consistente nella omessa dichiarazione di beni da lui detenuti all’estero in sede di dichiarazione dei redditi, costituirebbe mero illecito amministrativo e non integrerebbe gli estremi del reato in provvisoria contestazione.
Ad avviso del Tribunale di Milano la complessità delle operazioni finanziarie poste in essere dal G., tramite l’assistenza di professionisti a loro volta oggetto di indagine, non può essere ricondotta alla mera omissione della dichiarazione di taluni cespiti, ma va qualificata come compimento di atti fraudolenti sui propri beni, volti a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, sicuramente ostacolata dalla esteroverstizione dei beni in questione, in tal modo risultando integrata la fattispecie astratta in provvisoria contestazione.
Il pensiero della Corte
Nello specifico, in ordine al terzo motivo di impugnazione, con il quale è contestata la utilizzabilità ai fini delle indagini delle risultanze delle intercettazioni telefoniche ed ambientali operate a carico del commercialista dell’indagato ed aventi ad oggetto conversazioni intercorse fra questo ed il predetto professionista, rileva il Collegio la infondatezza del medesimo.
“…sebbene l’art. 271, comma 2, cod. proc. pen. preveda espressamente, fra i divieti di utilizzazione, quello concernente le intercettazioni relative alle conversazioni o comunicazioni delle persone di cui all’art. 200, comma 1, cod. proc. pen., quando esse hanno ad oggetto fatti da loro conosciuti in ragione, per quanto ora interessa, della loro professione, siffatta disposizione deve essere intesa, conformemente alle condivise indicazioni interpretative rivenienti da questa Corte, nel senso che il divieto in questione è posto a tutela dei soggetti indicati nell’art. 200, comma primo, cod. proc. pen. e dell’esercizio della loro funzione professionale, ancorché non formalizzato in un mandato fiduciario, purché detto esercizio sia causa della conoscenza del fatto, ben potendo un libero professionista venire a conoscenza, in ragione della sua professione, di fatti relativi ad un soggetto dal quale non sia stato formalmente incaricato di alcun mandato professionale.
Ne consegue che detto divieto sussiste ed è operativo quando le conversazioni o le comunicazioni intercettate siano pertinenti all’attività professionale