la non corretta od omessa tenuta delle scritture di magazzino (in particolare in presenza di differenze inventariali di rilevo) mette il contribuente a rischio di accertamento induttivo da parte del Fisco
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24016 del 24.11.2016, ha chiarito la rilevanza delle scritture di magazzino, in particolare in caso di accertamento e verifica sulle cosiddette differenze inventariali.
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate, sulla base di un processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza all’esito di verifiche che avevano fatto emergere l’indicazione in bilancio e nel libro degli inventari di rimanenze non differenziate per categorie omogenee e senza la conservazione delle distinte, con conseguenziale contestazione di omessa registrazione di corrispettivi, con più avvisi di accertamento, aveva contestato alla società contribuente debenze per IVA e IRAP per l’anno 1999 e ai soci le conseguenziali debenze per IRPEF.
I ricorsi delle parti contribuenti avverso gli avvisi di accertamento erano stati rigettati dalla CTP, con sentenze appellate innanzi alla CTR che, accogliendo gli appelli, annullava gli avvisi di accertamento, ritenendo innanzitutto che nessuna prova fosse stata data sull’inattendibilità delle scritture contabili, giacché tali non potevano essere considerate le irregolarità formali e l’indicazione in bilancio e nel libro degli inventari delle rimanenze non distinte per categorie omogenee, senza la conservazione delle distinte di cui all’art. 15 del d.p.r. n. 600 del 1973.
Non sussistevano quindi, secondo la CTR, i presupposti che potevano leg