nel caso di accertamento nei confronti di una impresa familiare il maggior reddito va imputato esclusivamente in capo al titolare, senza colpire i collaboratori
Con l’ordinanza n.30842 del 22 dicembre 2017, la Corte di Cassazione ha confermato che nel caso di accertamento nei confronti di una impresa familiare, il maggior reddito accertato va imputato esclusivamente in capo al titolare.
Il pensiero della Corte
La Corte prende le mosse dal dettato normativo di riferimento, secondo cui, in tema di imposte sui redditi, l’applicazione del regime fiscale dell’impresa familiare postula che ricorrano le condizioni previste dall’art. 5, comma 4, del DPR n. 917 del 1986, ossia che vi sia:
1) l’indicazione, nella dichiarazione dei redditi dell’imprenditore, delle quote attribuite ai singoli familiari e l’attestazione che le stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell’impresa in modo continuativo e prevalente;
2) l’attestazione di ciascun partecipante, nella propria dichiarazione, di aver lavorato per l’impresa familiare in modo continuativo e prevalente;
3) l’indicazione nominativa dei familiari partecipanti all’attività di impresa, risultante da atto pubblico o scrittura privata autenticata anteriore all’inizio del periodo d’imposta, regolarmente sottoscritti dall’imprenditore e dai familiari (Cass. 17/11/2010, n. 23170; Cass. 09/07/2013, n. 17010; Cass. 31/01/2017, n. 2472; Cass. 28/03/2017, n. 7995).
Sussistendo queste condizioni, il 49% per cento del reddito risultante dalla dichiarazione dell’imprenditore è imputato ai familiari che abbiano prestato in modo continuativo e prevalente la loro attività di lavoro nell’impresa, proporzionalmente alla rispettiva quota di partecipazione agli utili.
Peraltro, precisa la Corte, “il dato