anche il promotore finanziario è uno di quei soggetti per cui vi sono dubbi sulla debenza o meno dell’IRAP; analisi della giurisprudenza di Cassazione relativa a tale figura professionale
Con l’ordinanza n. 28642 del 29 novembre 2017, la Corte di Cassazione torna ad affrontare la questione Irap relativa ai promotori finanziari, offrendo spunti di particolare interesse (si veda anche sentenza CTP Catania —>).
La Corte prende atto che il giudice d’appello non ha ancorato l’accertamento dell’autonoma organizzazione ai parametri elaborati dalla massima giurisprudenza “ed in particolare fa malgoverno di principi regolativi ora definitivamente certificati da Cass., s.u., n. 9451 del 2016 laddove si afferma in generale che, riguardo al presupposto dell’IRAP, il decisivo requisito dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente: a) sia responsabile dell’organizzazione; b) impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure impieghi più di un collaboratore con mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”.
Osserva, inoltre, che “il valore assoluto dei compensi (Cass., sez. 6- 5, n. 22705 del 2016) e dei costi, ed il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione di un professionista, atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell’attività esercitata, e, dall’altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale (es. studio professionale, veicolo strumentale, etc.), rappresentando, così, un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto organizzativo (Cass., sez. 6-5, n. 23557 del 2016)”.
Rileva la Corte, ancora, che si è, infatti, ritenuto, che “persino la spesa consistente per l’acquisto di un macchinario indispensabile all’esercizio dell’attività medesima non sia idoneo a rivelare l’esistenza dell’autonoma organizzazione ove il capitale investito non rappresenti un fattore aggiuntivo o moltiplicativo del valore costituito dall’attività intellettuale del lavoratore autonomo, ma sia ad essa asservito in modo da non poterne essere distinto (Cass., sez 6-5, n. 23552 del 2016)”.
E tali parametri, “orientativi d’ineludibili indagini di fatto (Cass., s.u., n. 9451 del 2016), non risultano globalmente osservati, né concretamente valutati dal giudice d’appello rispetto agli accertamenti già compiuti dal primo giudice, ove si consideri che, con ragionamento giuridico del tutto anapodittico, la CTR trascura gli indicatori offerti nel giudizio di merito dalla parte contribuente circa l’esistenza di costi per l’acquisizione del piccolo immobile adibito a ufficio e dei relativi arredi e dotazione, nonché di un’autovettura strumentale, il tutto senza l’utilizzo di dipendenti e/o collaboratori”.
Brevi note
Con la sentenza n. 12110 del 26 maggio 2009 (ud. del 12 maggio 2009) la Corte di Cassazione a Sezioni unite era già intervenuta sull’Irap degli agenti di commercio e dei promotori finanziari, ribadendo “il principio che la soggezione ad IRAP della loro attività è possibile solo nell’