Potere disciplinare: per comminare la sanzione bisogna rispettare l’iter

quando un dipendente commette un’azione non consona alle proprie attività il datore di lavoro può comminare delle sanzioni; ma ciò non è possibile senza aver previamente seguito un iter ben preciso, in violazione del quale la sanzione non avrà effetti. Il potere disciplinare è diverso per i lavoratori del settore privato e per quelli del settore pubblico

Le fonti del potere disciplinare

Il potere disciplinare altro non è che quel potere in capo al datore di lavoro di regolamentare le condotte che si realizzano nell’ambito del rapporto di lavoro, sia pubblico che privato: non a caso il potere disciplinare sia nel pubblico che nel privato rapporto di lavoro hanno origine dallo stesso punto di partenza, che è proprio l’articolo 2106 del Codice civile, il quale prevede che l’inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 2104 e 2105 C.c. comporti la possibilità di applicazione di sanzioni disciplinari a seconda della gravità dell’infrazione commessa.

Il ruolo e le caratteristiche del potere disciplinare sono però state specificate meglio nel corso del tempo, soprattutto con l’introduzione della L. n. 300/1970, cd. “Statuto dei lavoratori” e in particolar modo con l’articolo 7, il quale può essere quasi considerato come una norma cardine per comprendere come il datore di lavoro debba comportarsi nella gestione delle inadempienze ovvero infrazioni commesse da parte del prestatore di lavoro, in ordine da evitare di incorrere in illegittimità del provvedimento sanzionatorio.

Per fornire un quadro completo della gestione del potere disciplinare, è necessario tenere in considerazione primariamente tre fonti:

  • legge (e primariamente art. 2106 C.c., e art. 7 St. Lav.);
  • contratto collettivo (la normativa disciplinare è da sempre uno dei contenuti fondamentali dei contratti collettivi nazionali di categoria);
  • codice disciplinare (predisposto dal datore di lavoro e affisso in luogo accessibile a tutti i lavoratori).

 

L’affissione del Codice Disciplinare

Ma come funziona l’iter sanzionatorio? Innanzitutto bisogna segnalare quanto previsto dall’art. 7 comma 1, per cui tutte le norme disciplinari relative alle sanzioni e alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata, così come alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei Lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti, e devono applicare quanto è stabilito in materia da parte di accordi e contratti di lavoro: ciò significa che non è possibile l’irrogazione delle sanzioni senza la previa affissione delle norme disciplinari che regolano i comportamenti che un prestatore di lavoro deve tenere sul luogo di lavoro, come chiarito anche dalla giurisprudenza innumerevoli volte nel corso del tempo; l’unica deroga a tale principio si ha nel caso in cui le infrazioni commesse dai dipendenti siano di natura tale da essere inequivocabilmente conoscibili da parte del dipendente stesso come tali, come nel caso in cui il dipendente commetta un reato.

Con la conoscibilità del codice disciplinare aziendale si rispetta il principio vigente in materia penale del “nulla pena sine lege”, garantendo così la piena conoscibilità delle norme che il prestatore di lavoro deve rispettare e gli effetti derivanti dalle condotte non rispondenti.

È opportuno segnalare che la predisposizione di un codice disciplinare può anche limitarsi semplicemente ad elencare le previsioni di tipo disciplinare contenute all’interno dei relativi contratti collettivi, purché tale codice venga affisso in un nuovo accessibile a tutti, che si intende un luogo in cui qualsiasi dipendente può accedere, come ad esempio una Bacheca Aziendale; sul punto è opportuno notare che “luogo accessibile a tutti” può significare diverse cose, tale da far pensare che anche la pubblicazione su internet possa essere rispondente alla definizione: la giurisprudenza sul tema è però controversa, così che si ritiene più cauto procedere alla affissione materiale del codice disciplinare in un luogo fisico a cui qualsiasi dipendente possa accedere.

 

La preventiva contestazione

Il provvedimento disciplinare può essere adottato nei confronti del lavoratore solo ed esclusivamente nel caso in cui sia stato preventivamente contestato l’addebito e solo dopo aver fatto in modo che il lavoratore potesse difendersi da quanto affermato dal datore di lavoro.

Di conseguenza la procedura prevede che il datore di lavoro non possa adottare alcun procedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa (ai sensi dell’articolo 7, comma 2). La fase della contestazione a sua volta:

  • può essere effettuata dal datore di lavoro ma anche dai superiori del dipendente;
  • deve avvenire necessariamente per iscritto (tranne nel caso del rimprovero verbale);
  • deve essere fatta pervenire all’interessato con un atto di natura recettiva e immediata;
  • deve contenere una specifica e puntuale esposizione delle circostanze del fatto imputabile.

È essenziale ai fini della contestazione che la stessa contenga l’indicazione puntuale di chi ha compiuto l’infrazione, secondo quali modalità, e in che momento. Qualora si tratti di sanzioni disciplinari più gravi del rimprovero verbale, esse non potranno essere applicate prima che siano trascorsi 5 giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che ne ha dato causa.

Dopo l’irrogazione della sanzione il lavoratore ha due strade:

  • adire l’autorità giudiziaria;
  • promuovere la costituzione di un collegio di conciliazione e arbitrato nei 20 giorni successivi alla contestazione.

 

Gradualità e proporzionalità della sanzione

Quando è verificato che il dipendente ha effettivamente commesso un’infrazione, e dopo la contestazione allo stesso, è possibile irrogare la sanzione. Due sono i principi da seguire:

  • il principio della gradualità della sanzione, per cui essa deve essere irrogata gradualmente: non sarebbe possibile infatti comminare un licenziamento a un dipendente per aver in un caso sporadico violato quanto stabilito in materia disciplinare (salvo il caso della gravità del fatto commesso), ma sarebbe necessaria la reiterazione dell’infrazione, e che essa sia abbastanza grave da comportare la risoluzione del rapporto di lavoro;
  • il principio della proporzionalità (deve essere accertata nel concreto, cfr. Cassazione civile, sez. lav., sentenza 13/02/2012 n. 2013), che comporta che debba essere analizzata la proporzionalità tra infrazione e relativa sanzione, così che per un lieve inadempimento non sarà possibile procedere con la massima sanzione espulsiva (non a caso l’art. 2106 C.c. parla di infrazione comminabile a seconda della gravità dell’infrazione commessa).

 

Potere disciplinare nel Pubblico Impiego

Una piccola considerazione merita di essere fatta a questo punto con riferimento al potere disciplinare nel pubblico impiego, che segue una disciplina in parte peculiare. La privatizzazione del pubblico impiego ha comportato un avvicinamento delle norme in ambo i settori, i quali però continuano a essere disciplinati da fonti in parte diverse. Nel caso specifico del pubblico impiego, le fonti normative primariamente regolatrici in materia di potere disciplinare sono quelle contenute del D.Lgs. n. 165/2001 (sempre oggetto di modifiche legislative), accompagnate dal Codice di comportamento dei pubblici dipendenti, introdotto con DPR n. 62/2013 e (in misura inferiore) dai contratti collettivi di settore: sarà così a tali fonti che bisognerà fare riferimento per l’eventuale irrogazione di sanzioni disciplinari nei confronti dei pubblici dipendenti.

15 dicembre 2017

Antonella Madia

Il diritto di precedenza nei contratti di lavoro