è bene verificare se eventuali cartelle non ancora pagate siano prescritte: la prescrizione del diritto a riscuotere le somme della cartella di pagamento dipende dal tipo tributo di cui si chiede il pagamento? Il problema delle tasse automobilistiche e del fermo amministrativo…
Sospensione e interruzione
La prescrizione, come fatto estintivo del diritto, risponde all’esigenza di rimuovere l’incertezza nei traffici e rapporti giuridici. Alla prescrizione si applicano gli istituti della sospensione1 e della interruzione, secondo l’ordinaria disciplina civilistica.
L’interruzione può avvenire per diversi motivi.
Ad esempio si ha interruzione della prescrizione, quando l’Agente della riscossione notifica l’avviso di presa in carico dell’affidamento da accertamento esecutivo, un’intimazione di pagamento, una nuova cartella, una intimazione di pagamento, l’iscrizione di ipoteca2 avvia il pignoramento, che interrompe la prescrizione e si ricomincia a conteggiare il termine daccapo.
Esempio di sospensione della prescrizione invece è il contenzioso3
La prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio; e se il processo si estingue, rimane fermo l’effetto interruttivo e il nuovo periodo di prescrizione comincia dalla data dell’atto interruttivo4.
Gli effetti sono sostanzialmente diversi, perché mentre la sospensione crea una parentesi (il periodo anteriore al verificarsi della causa di sospensione si somma con quello successivo), l’interruzione toglie ogni valore al tempo anteriormente trascorso.
Tutte le volte che il termine si interrompe, infatti, inizia un nuovo periodo prescrittivo analogo al precedente.
La prescrizione decorre dal giorno in cui si può far valere il diritto e termina quando si è compiuto l’ultimo giorno.
Il calcolo deve essere fatto considerando il calendario comune (quindi comprendendo sabati e festivi) e non deve considerare il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine.
Se il termine cade in un giorno festivo il diritto è prorogato al giorno successivo non festivo.
Per i termini a mesi la scadenza cade nello stesso giorno del mese iniziale o, in mancanza, nell’ultimo giorno del mese.
Il calcolo, ovviamente, deve prendere in considerazione tutte le possibili interruzioni.
La disciplina legale della prescrizione inerisce all’ordine pubblico ed è sottratta al potere dispositivo delle parti e le cause di sospensione della prescrizione, sia se contenute nel c.c. (art. 2941 c.c.) che in altre leggi, integrano disposizioni di carattere eccezionale, a norma dell’art. 14 preleggi, con la conseguenza che non sono suscettibili di applicazione oltre i casi e i tempi in esse considerate (Cass. civ. Sez. V, 05-12-2014, n. 25764).
Non sono ammissibili cause di sospensione (o di interruzione) della prescrizione fuori dei casi espressamente previsti dalle leggi (Cass. civ. Sez. V, 25-05-2011, n. 11459).
Aspetti processuali della prescrizione
L’eccezione di prescrizione (strumento con il quale il convenuto paralizza l’azione giudiziale dell’attore volta a far valere il diritto) si presenta alla stregua di eccezione in senso stretto, giusta la previsione di cui all’art. 2938 c.c..
L’eccezione di prescrizione è rimessa alla libera scelta della parte e, pertanto, essa non è rilevabile d’ufficio dal giudice.
L’eccezione di interruzione della prescrizione, in quanto eccezione in senso lato, può essere rilevata d’ufficio dal giudice in qualunque stato e grado del processo sulla base di prove ritualmente acquisite agli atti.
Lo hanno affermato le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 12876/15 del 22.06.2015.
Sul termine prescrizionale da applicare in caso di esecuzione fondata su cartella esattoriale
La prescrizione della cartella di pagamento dipende dal tipo tributo di cui si chiede il pagamento e, quindi, varia a seconda del caso concreto5.
Tutte le volte in cui oggetto della pretesa esattoriale è un’imposta locale come la tassa sui rifiuti (Tari), l’Imu, l’Ici, la Tosap, un credito per contributi previdenziali dovuti all’Inps oppure una sanzione per violazione del codice della strada la prescrizione è quinquennale e il termine inizia a decorrere dal giorno della notifica della cartella esattoriale.
Invece, nel caso in cui oggetto della cartella esattoriale sia il mancato pagamento del bollo auto (tassa di circolazione), la cartella “scade” dopo tre anni. Infine, nel caso di imposte sui redditi come l’Irpef, l’Ires e anche l’Irap e l’IVA, la prescrizione è di dieci anni6.
La prescrizione ordinaria di dieci anni scatta inoltre tutte le volte in cui Equitalia vanti un credito non in forza di una cartella esattoriale, ma di una sentenza7.
In tutti i casi in cui la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, una volta formatosi il giudicato, proprio perché non ha più giuridico rilievo il titolo originario del credito riconosciuto, i relativi diritti si prescrivono con il decorso di dieci anni.
Si pensi al caso in cui, a seguito dell’accertamento, il contribuente abbia proposto opposizione e il giudizio sia terminato con una sentenza di rigetto (Cass. 08-10-2015 n. 20213 sez. T)8.
Il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta actio iudicati, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’art. 20 del D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 4729, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario. (Cass. civ. Sez. Unite, 10-12-2009, n. 25790 e Cass. civ. Sez. V, 11-03-2011, n. 5837).
Il diritto alla riscossione di un’imposta, conseguente ad avviso di accertamento divenuto definitivo, perché confermato con sentenza passata in giudicato, non è assoggettato ai termini di decadenza e prescrizione che scandiscono i tempi dell’azione amministrativo-tributaria, ma esclusivamente al termine di prescrizione generale previsto dall’art. 2953 c.c., in quanto il titolo sulla base del quale viene intrapresa la riscossione non è più l’atto amministrativo, ma la sentenza.
Si applica il termine quinquennale di prescrizione, anziché il termine decennale di cui all’art. 2946 c.c., alla fattispecie avente ad oggetto il credito per sanzioni pecuniarie ed interessi in caso di violazioni in materia di IVA, relativo a provvedimenti irrogativi divenuti definitivi per mancata opposizione da parte del contribuente (Cass. 22-07-2011 n.16099 sez. T).
Tassa automobilistica – omessa impugnazione della cartella di pagamento – termine di prescrizione triennale
Il principio di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la cosiddetta conversione del termine di prescrizione breve10 (TASSA AUTO) eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti (in ogni modo denominati di riscossione) mediante ruolo, di modo che, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.
Non comporta la mancata impugnazione della cartella nei termini l’applicabilità del termine ordinario di prescrizione in ordine alla successiva notifica dell’intimazione di pagamento (Cass. 25-08-2017 n.20425 sez. T)11.
Termine quinquennale per le ganasce fiscali
Il recupero del credito riguardante la tassa rifiuti è soggetto al termine di prescrizione quinquennale poiché si tratta di una prestazione periodica a carico del contribuente.
Dunque le azioni esecutive esperite da Equitalia, o da altri soggetti incaricati dalle amministrazioni comunali che riscuotono a mezzo ingiunzione, non possono essere adottate oltre il termine di 5 anni, a meno che non sia stato notificato un atto interruttivo della prescrizione.
Il termine quinquennale vale anche per le ganasce fiscali.
Infatti, è illegittimo il provvedimento di fermo amministrativo emanato oltre i 5 anni, ancorché si tratti di una misura cautelare.
Questo breve termine prescrizionale si applica a tutti i tributi e entrate locali che si pagano ad anno o frazione di anno (CTR 17-01-2017 n.47 sez. 1 ROMA)12.
La proposta di compensazione ai sensi dell’articolo 28-ter del DPR 602/73 è impugnabile se il credito è prescritto
È atto impugnabile in CTP la proposta di compensazione tra il credito d’imposta e il debito iscritto a ruolo, di cui all’art. 28-ter del D.P.R. n. 602/73, laddove il contribuente intenda far valere l’intervenuta prescrizione.
La proposta di compensazione che l’Agente della riscossione notifica al contribuente ai sensi dell’art. 28-ter del DPR 602/73 rappresenta un atto autonomamente impugnabile nella misura in cui il contribuente lamenti l’intervenuta prescrizione del credito erariale.
In caso contrario, la mancata adesione alla compensazione comporterebbe la prosecuzione delle azioni di recupero coattivo di un credito già prescritto.
Il contribuente propone ricorso avverso la proposta di compensazione non già per rimettere in discussione la pretesa impositiva, di fatto ormai cristallizzata nelle cartelle di pagamento divenute definitive, bensì per eccepire la successiva prescrizione del credito.
Conseguentemente, l’unico modo per prevenire il pregiudizio che deriverebbe dalla prosecuzione dell’azione esecutiva è quello di attribuire alla proposta di compensazione autonoma impugnabilità.
La soluzione prospettata è percorribile solamente nell’ipotesi in cui la proposta di compensazione sia impugnata entro il termine di 60 giorni dalla notifica dell’atto.
Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con ordinanza del 19 ottobre 2017 n. 24638 .
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16 novembre 2017
Isabella Buscema
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NOTE:
1 La sospensione dei termini di prescrizione e decadenza riguardanti la riscossione delle imposte complementari e suppletive disposta, anche in tema d’INVIM, dall’art. 32 del d.l. n. 429 del 1982, convertito nella legge n. 516 del 1982, è applicabile esclusivamente nei confronti del debitore principale e del responsabile d’imposta, mentre non opera con riferimento al termine quinquennale entro il quale, ai sensi dell’art. 56, c. 4, del d.P.R. n. 131 del 1986, richiamato dall’art. 31 del d.P.R. n. 643 del 1972, l’Amministrazione finanziaria deve agire in via esecutiva contro il terzo acquirente di un immobile per far valere nei suoi confronti il privilegio speciale che assiste il proprio credito verso il debitore principale dell’imposta stessa (Cass. civ. Sez. V, 18-11-2015, n. 23598).
2 In materia tributaria, l’iscrizione d’ipoteca ex art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto funzionale alla riscossione coattiva dell’imposta, esplicita la volontà del creditore di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto passivo e costituisce, quindi, ai sensi dell’art. 2943 c.c., atto interruttivo della prescrizione (Sentenza n. 3346 dell’ 8 febbraio 2017 della Cassazione Civile, Sez. V).
3 Il fatto di aver impugnato davanti al giudice la cartella sospende i termini di prescrizione. A seguito di presentazione dell’istanza di sospensione della cartella ad Agenzia Entrate Riscossione ad esempio poiché il diritto di credito azionato è interessato da prescrizione o decadenza intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è reso esecutivo i termini di prescrizione non vengono interrotti e continuano a decorrere.
4 A differenza della sospensione della prescrizione, la quale non ha effetto nei confronti degli altri debitori in solido, l’interruzione della prescrizione ha effetto contro i condebitori solidali del convenuto.
5 Le Sezioni Unite della Cassazione, con la pronuncia n. 23397/2016, dopo anni di orientamenti giurisprudenziali totalmente altalenanti, hanno finalmente preso una posizione ferma ed irremovibile sul termine prescrizionale da applicare in caso di esecuzione fondata su cartella esattoriale per crediti contributivi INPS non opposta. Secondo le Sezioni Unite della Cassazione, in estrema sintesi, la prescrizione è sempre quinquennale, dal momento che la cartella non opposta non può essere giuridicamente equiparata ad una sentenza passata in giudicato. Il principio viene esteso anche ai tributi.
6 La prescrizione del diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione di norme tributarie è di 10 anni se deriva da sentenza passata in giudicato. E questo in virtù dell’art. 2953 c.c., che prevede la prescrizione decennale per le la sanzione che deriva da una sentenza oramai non impugnabile. Viceversa se la definitività della sanzione amministrativa non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile (es. sentenza), come nel caso di specie deve applicarsi il termine di prescrizione di 5 anni, previsto dall’art. 20 del d.lgs. n.472/ 1997. Tale termine decorre dalla notifica dell’atto esattoriale. Secondo gli Ermellini quindi è da ritenersi pacifico, in tal caso, il decorso del termine quinquennale di prescrizione, posto anche che gli effetti di cui all’articolo 2953 cod. civ sono diversi da quelli prodotti da una cartella divenuta definitiva proprio perché non opposta. Gli effetti che ne conseguono sono che in assenza di atti interruttivi della prescrizione, dopo i 5 anni, Equitalia non può più richiedere le somme per sanzioni ed interessi, spesso poi più alti dell’originario debito tributario.
7 Per gli atti esattoriali non contestati vale la prescrizione breve. La mancata impugnazione della cartella di pagamento (o di un qualunque atto impositivo), per debiti previdenziali, non comporta l’allungamento del termine prescrizionale. Solo il diritto di credito contenuto in una sentenza passata in giudicato si prescrive in dieci anni. La scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto produce solo l’effetto della irretrattabilità del credito, ma non determina anche la conversione del termine di prescrizione breve in ordinario decennale ex art. 2953 c.c., disposizione applicabile solo nei casi in cui intervenga un titolo giudiziale definitivo. Si tratta di uno principio che si può applicare a tutti gli atti, comunque denominati, di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate tributarie o extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli Enti locali, nonché per le sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie.
Pertanto, se per i relativi crediti sia prevista una prescrizione sostanziale più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre opposizione non consente di fare applicazione del suddetto art. 2953 c.c., tranne che nell’ipotesi in cui sussista un titolo giudiziale divenuto definitivo. E sia la cartella sia l’avviso di addebito, richiedenti addebiti previdenziali dell’Inps, avendo natura di atti amministrativi, non assumono l’efficacia di giudicato. Per cui la prescrizione della riscossione della cartella di pagamento avviene dopo che siano trascorsi cinque anni e non, invece, dieci anni (Cass. 17-11-2016 n. 23397). Il diritto alla riscossione di un’imposta, conseguente ad avviso di liquidazione divenuto definitivo, perchè confermato con sentenza passata in giudicato, non è assoggettato ai termini di decadenza e prescrizione che scandiscono i tempi dell’azione amministrativo-tributaria, ma esclusivamente al termine di prescrizione generale previsto dall’art. 2953 c.c., in quanto il titolo sulla base del quale viene intrapresa riscossione non è più l’atto amministrativo, ma la sentenza (Cass. 21-02-2014 n. 4153).
8 La definitività della cartella di pagamento, derivante dalla mancata impugnazione nel termine a mezzo ricorso, non può essere equiparata al giudicato di una sentenza. La cartella esattoriale, anche se notificata e non impugnata, non può mai essere paragonata ad un provvedimento giudiziale (per esempio sentenza o decreto ingiuntivo) e non acquista quindi, al pari di quest’ultimo, la cosiddetta efficacia di giudicato (definitività). Di conseguenza, per il calcolo del termine di prescrizione di una cartella esattoriale, occorre sempre fare riferimento al tributo/credito che ne è oggetto, non potendosi automaticamente trasformare in termine lungo di prescrizione (decennale) un termine più breve. La scadenza del termine pacificamente perentorio per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, c. 5, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo l’art. 3, cc. 9 e 10, Legge n. 335/1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 C.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (art. 30 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla Legge n. 122/2010). È di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della cosiddetta “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 C.c.. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti comunque denominati di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 C.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo. La cartella esattoriale non è soggetta alla prescrizione decennale propria delle sentenze passate in giudicato. Se quindi ha ad oggetto crediti che si prescrivono in cinque o tre anni, dopo la notifica si applicherà tale termine breve di prescrizione e non quello decennale proprio degli atti giudiziali divenuti definitivi.
9 La riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate per la violazione delle disposizioni tributarie definitivamente accertate con sentenza passata in giudicato può essere fatta valere entro il termine di prescrizione di dieci anni, giusta la disciplina dettata dall’art. 2953 c.c. In tal caso non trova applicazione il termine quinquennale disciplinato dall’articolo 20 del Dlgs n. 472/1997 (Cass. 10-12-2009 n. 25790).
10 L’eccezione di prescrizione del diritto alla riscossione di somme dovute da contribuente a titolo di tasse automobilistiche, le quali costituiscono materia appartenente alla giurisdizione tributaria, non è suscettibile di devolverne la cognizione del giudice ordinario in quanto attraverso detta eccezione si intende far valere un fatto estintivo dell’obbligazione conoscibile dal giudice competente per il merito della questione (Cass. 12-02-2010 n. 3242).
11 In tema di riscossione di tributi locali, si applica il termine di prescrizione quinquennale, a decorrere dalla data di notifica della cartella di pagamento, divenuta definitiva per mancata impugnazione. Non può invocarsi, dunque, l’applicazione della prescrizione decennale, in via analogica rispetto a quanto avviene nel caso in cui la pretesa erariale si fondi su una sentenza passata in giudicato. Dunque, contro una intimazione di pagamento per tributi locali, che si riferisca a una cartella notificata oltre cinque anni addietro, è possibile proporre ricorso dinanzi al giudice tributario e ottenerne l’annullamento.
12Trattandosi di una prestazione periodica va applicata la regola contenuta nell’articolo 2948 del codice civile, secondo cui il termine per recuperare il credito si riduce a 5 anni per tutto ciò che si paga periodicamente ad anno o in termini più brevi. La disposizione codicistica trova applicazione nella ipotesi di prestazioni periodiche in relazione a una causa debendi continuativa, mentre la medesima norma non trova applicazione nella ipotesi di debito unico. E questa regola vale non solo per la Tari ma, è applicabile più in generale alle entrate locali che si pagano periodicamente, poiché «non è revocabile in dubbio che i pagamenti dei tributi locali di cui si tratta hanno cadenza annuale o in termini più brevi, in ragione di mesi, con ciò rientrando, sotto il profilo testuale, nella disposizione in parola».
Per fermare il termine quinquennale è necessario notificare al debitore un atto interruttivo della prescrizione, che blocchi il suo decorso e lo faccia ripartire da zero. Peraltro l’articolo 50, comma 2, del dpr 602/1973 obbliga Equitalia o il concessionario della riscossione, dopo un anno dalla notifica della cartella o dell’ingiunzione, a emanare un’intimazione al debitore prima di avviare le procedure esecutive.
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