La compensazione delle spese processuali

la compensazione delle spese processuali con una formula del tutto generica (ad esempio “la complessità della causa”) è legittima? Analisi delle novità normative e degli effetti pratici nella redazione delle sentenze

Ai sensi dell’art. 15, comma 1, D.Lgs. n. 546 del 1992, la commissione tributaria può dichiarare la compensazione delle spese processuali in tutto o in parte a norma dell’art. 92, comma secondo, c.p.c., norma quest’ultima emendata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11.

Le gravi ed eccezionali ragioni, da indicarsi esplicitamente nella motivazione ed in presenza delle quali (o, in alternativa alle quali, della soccombenza reciproca) il giudice può compensare, in tutto o in parte, le spese del giudizio, devono trovare puntuale riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e comunque devono essere appunto indicate specificamente.

L’art. 92 c.p.c., c. 2, nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorché concorrano gravi ed eccezionali ragioni, costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche.

Non è corretto ravvisare l’esistenza di ragioni legittimanti la compensazione delle spese, con una formula del tutto generica (“la complessità della causa“).

Tale principio è stato statuito dalla recentissima ordinanza del 15 giugno 2017 n. 14969 della Corte di Cassazione.

 

Compensazione delle spese processuali

Sino alla novità apportata dalla legge n. 69/2009 all’art. 92 c.p.c., la compensazione delle spese poteva essere disposta, oltre che per soccombenza reciproca, anche per “giusti motivi”.

Secondo la novella, ferma restando la possibilità di compensare le spese per soccombenza reciproca, occorrono gravi ed eccezionali ragioni, il che è sintomatico della volontà del legislatore di ridurre le ipotesi di compensazione delle spese.

Il giudice salvo il caso di soccombenza reciproca può procedere alla compensazione solo se concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione.

Casi di soccombenza reciproca sono, ad esempio, il rigetto delle richieste di ambedue le parti, la rinuncia ad alcune domande, l’accoglimento di alcune domande o di alcuni capi della domanda.

Possono farsi rientrare nel concetto di gravi ed eccezionali ragioni1 di compensazione specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa:

  • l’obiettiva controvertibilità delle questioni;
  • la novità delle questioni di diritto trattate;
  • la dubbiezza della lite;
  • il mutamento2 di giurisprudenza nel corso del processo su questioni di particolare complessità;
  • la mancanza di una consolidata giurisprudenza;
  • la peculiarità del rapporto giuridico controverso richiedente delle complesse questioni interpretative3.

La citata novella, applicabile ai giudizi instaurati dopo il 4 luglio 2009, costituisce un’ulteriore argomentazione per sostenere la palese illiceità di provvedimenti sulle spese motivati nella seguente maniera generica:

sussistono giusti motivi per compensare le spese”, o, dopo la riforma, “sussistono gravi ed eccezionali ragioni per la compensazione delle spese”.

Il legislatore con la previsione normativa contenuta nell’art. 92 c.p.c. ha posto la compensazione come ipotesi del tutto eccezionale e residuale.

L’art. 92 del codice di procedura civile, come modificato dalla legge n. 69/2009, prevede al secondo comma che se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti.

Pertanto, diversamente dalla precedente versione del citato art. 92 che prevedeva la concorrenza di altri giusti motivi, attualmente il giudice può decretare la compensazione delle spese solo se sussistono gravi ed eccezionali motivi.

Rispetto alla precedente previsione normativa, il legislatore ha inteso restringere i casi di compensazione, limitandoli alle sole circostanze in cui ricorrano gravi e straordinarie motivazioni da indicarsi esplicitamente nella motivazione4.

L’art. 92, comma 2, c.p.c., nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorché concorrano gravi ed eccezionali ragioni, costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche (Cass. 10-02-2014 n. 2883 sez. T).

In tema di spese giudiziali, le gravi ed eccezionali ragioni, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, non potendosi ritenere sufficiente il mero riferimento alla “natura processuale della pronuncia”, che, in quanto tale, può trovare applicazione in qualunque lite che venga risolta sul piano delle regole del procedimento (Cass. civ., sez. VI – 1, Ord. 11 luglio 2014, n. 16037).

Il principio per cui l’art. 92, c. 2, c.p.c. nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorché concorrano gravi ed eccezionali ragioni, costituisce una norma elastica, che consente di valutare anche l’oggettiva opinabilità delle questioni affrontate o l’oscillante soluzione ad esse data in giurisprudenza (Trib. Pisa 29 aprile 2014).

In tema di spese processuali, l’art. 92, c. 2, c.p.c. ne legittima la compensazione, ove non sussista reciproca soccombenza, solo in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione”, che non possono essere ravvisate nella oggettiva “opinabilità della soluzione accolta”, in quanto la precisa individuazione del significato di un testo normativo in relazione alla fattispecie concreta a cui deve essere applicato costituisce il nucleo della funzione giudiziaria, sicché l’ordinario esercizio nell’esegesi del testo normativo non può essere valutato come evento inusuale, almeno finché non siano specificamente identificate le ragioni per le quali la soluzione assegnata al dubbio interpretativo assurga (per la sua contrarietà alla consolidata prassi applicativa, ovvero per la del tutto insolita connotazione lessicale e sintattica del tessuto letterale della norma) a livello di eccezionale gravità (Cass. civ., Ord. 9 gennaio 2014, n. 319, sez. VI).

Le spese del giudizio possono compensarsi, ravvisandosi gravi ed eccezionali ragioni, nell’evidenza di una inusitata reciproca litigiosità, nella congerie di cause fra le parti in relazione allo svolgimento delle reciproche pretese (Cass. civ., 23 giugno 2014, sez. VI).

In tema di spese giudiziali, le gravi ed eccezionali ragioni, indicate esplicitamente nella motivazione per giustificare la compensazione totale o parziale, ai sensi dell’art. 92, c. 2, c.p.c., nella formulazione, applicabile ratione temporis, introdotta dalla l. n. 69 del 2009, non possono essere illogiche o erronee, altrimenti configurandosi il vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità.

Occorre cassare la sentenza impugnata che aveva fondato la compensazione delle spese esclusivamente sul fatto che l’accoglimento del ricorso del contribuente era dovuto al rilievo dell’eccepita prescrizione del credito tributario (Cass. civ. Sez. VI – 5 Ordinanza, 09-03-2017, n. 6059).

 

27 ottobre 2017

Isabella Buscema

 

1 Ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, ai sensi dell’art. 92, c. 2, c.p.c. (nella formulazione introdotta dalla l. n. 69 del 2009, ratione temporis applicabile), quando la decisione sia stata assunta in base ad atti o argomentazioni esposti solo in sede contenziosa, a fronte della novità o dell’oggettiva incertezza delle questioni di fatto o di diritto rilevanti nel caso specifico, ovvero dell’assenza di un orientamento univoco o consolidato all’epoca della insorgenza della controversia, in presenza di modifiche normative o pronunce della Corte Costituzionale o della Corte di Giustizia dell’Unione Europea intervenute, dopo l’inizio del giudizio, sulla materia (Cass. civ. Sez. II, 29-11-2016, n. 24234).

 

2 Il principio della soccombenza è derogabile solo nel caso di assoluta novità della questione trattata o del mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti (Cass. civ. Sez. VI – 5, 31-05-2016, n. 11217).

 

3 In tema di spese giudiziali, ai sensi dell’art 92 c.p.c., nella formulazione vigente ratione temporis, le gravi ed eccezionali ragioni, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e non possono essere espresse con una formula generica (nella specie, la particolarità della fattispecie), inidonea a consentire il necessario controllo (Cass. civ. Sez. VI – 5 Ordinanza, 14-07-2016, n. 14411).

 

4 Non integra il requisito delle gravi ed eccezionali ragioni di cui all’art. 92 c.p.c., nella formulazione applicabile ratione temporis, l’opportunità di risolvere in via di autotutela le controversie al fine di evitare il proliferare di contenziosi al fine di lucrare sulle spese processuali (Cass. civ. Sez. VI – 5 Ordinanza, 31-05-2016, n. 11222). In tema di spese giudiziali, in forza dell’art. 92, c. 2, c.p.c. (nella formulazione introdotta dalla l. n. 69 del 2009, applicabile ratione temporis) può essere disposta la compensazione in assenza di reciproca soccombenza soltanto ove ricorrano gravi ed eccezionali ragioni, che devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa da indicare esplicitamente nella motivazione della sentenza, senza che possa darsi meramente rilievo alla “natura dell’impugnazione“, o alla “riduzione della domanda in sede decisoria“, ovvero alla “contumacia della controparte“, permanendo in tali casi la sostanziale soccombenza di quest’ultima, che deve essere adeguatamente riconosciuta sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese (Cass. civ. Sez. III, 19-10-2015, n. 21083).