La responsabilità degli ex soci di una società cessata

Estinzione di una società di capitali con cancellazione dal registro delle imprese: analisi dei profili di responsabilità degli ex soci in qualità di successori della società; attenzione a valutare correttamente gli effetti dell’estinzione della società partecipata.

Responsabilità degli ex soci in qualità di successori della società

L’art. 2495, comma 2, c.c., statuisce che i creditori di una società di capitali rimasti insoddisfatti dopo la sua cancellazione dal Registro delle Imprese possono agire nei confronti degli ex soci fino alla concorrenza di quanto dagli stessi riscosso in base al bilancio di liquidazione1.

Trattasi di un fenomeno di tipo successorio (dalla responsabilità della società alla responsabilità dei soci), limitato (Corte di Cassazione sentenza n. 2444/2017) all’ipotesi in cui gli ex soci abbiano goduto di un qualche riparto all’esito della liquidazione2: solo a fronte di tale riscontro gli ex soci assumono la qualità di successori della società.

Peraltro, secondo un preciso e diverso orientamento del giudice di legittimità (sentenza n. 9094 del 7 aprile 2017) si possono desumere alcuni importanti principi.

  • La mancata ripartizione dell’attivo al termine della liquidazione non configura una condizione sufficiente per evitare la responsabilità successoria degli ex soci.

    Questi ultimi, infatti, sono sempre destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società estinta ma non definiti al termine della liquidazione, allorché il creditore abbia comunque interesse a proseguire il giudizio ove intraveda la possibilità per i soci medesimi di succedere in eventuali rapporti attivi della società, pure non definiti al termine della liquidazione (quali, ad esempio, sopravvenienze attive). I soci sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata, ma non definiti all’esito della liquidazione indipendentemente dal fatto che questi abbiano percepito un qualche riparto in sede di liquidazione.

    Gli ex soci succedono nei debiti (non definiti in sede di liquidazione ) indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione. Non è da condividere, pertanto, quell’orientamento secondo cui la legittimazione dei soci dipenderebbe dalla percezione di determinate somme a seguito dell’estinzione della società. Tale circostanza, inoltre, non rileva neppure ai fini dell’esclusione dell’interesse ad agire del creditore. Tale soggetto , infatti, ben potrebbe aver interesse all’accertamento del proprio diritto per l’ipotesi di sopravvenienze attive o, semplicemente, per la possibilità che esistano diritti o beni non contemplati nel bilancio finale di liquidazione.

    La possibilità di sopravvenienze attive o anche semplicemente la possibile esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio non consentono di escludere l’interesse dell’Agenzia a procurarsi un titolo nei confronti dei soci, in considerazione della natura dinamica dell’interesse ad agire, che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti.

    In sostanza, il fisco ha diritto ad agire per debiti sociali nei confronti dei soci di società cancellata dal Registro Imprese, anche nel caso di mancata ripartizione in base al bilancio di liquidazione, per precostituirsi un titolo da far valere in caso di accertamento di sopravvenienze attive3 o di beni pervenuti ai soci ma non presenti in bilancio.

 

  • In forza del principio della responsabilità personale, le sanzioni amministrative tributarie irrogate alla società, dopo l’estinzione della stessa, non sono trasmissibili agli ex soci.

    Il principio della successione nel debito non opera con riferimento alle sanzioni amministrative tributarie. L’estinzione della società determina l’intrasmissibilità della sanzione sia ai soci sia al liquidatore.

  • Ciò in virtù del principio della responsabilità personale ex articolo 2, comma 2, D.Lgs. 472/1997. L’articolo 7, comma 1, del D.L. 30 settembre 2003 n.269, convertito con L. 24 novembre 2003 n. 326, ha introdotto il canone della riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie. Tale regola essendo un principio di ordine generale dovrà necessariamente essere applicata anche d’ufficio.

    Non si condivide la tesi secondo cui gli ex soci subentrano dal lato passivo nel rapporto d’imposta solo se e nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione. Non giova ai soci, a propria difesa, documentare con visura camerale e bilancio finale di liquidazione, di non aver percepito alcuna somma per mancanza di attivo.

    Questa circostanza non incide sulla legittimazione, poiché non si tratta di una condizione da cui dipende la possibilità di proseguire nei loro confronti l’azione originariamente intrapresa dal creditore sociale verso la società. Anche se la srl è estinta e l’attivo manca o è incerto, l’ex socio è legittimato attivamente ad agire contro il fisco; l’ex socio della srl è legittimato a proseguire il giudizio contro l’Agenzia delle Entrate, anche se la società si estingue. Tale legittimazione si fonda sull’art. 2495 c.c.; a seguito dell’estinzione della società, si determina, infatti, un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue ma si trasferisce ai soci. I soci sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata, ma non definiti all’esito della liquidazione, indipendentemente, dunque, dalla circostanza che essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione.

    Che i soci abbiano goduto, o meno, di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione non è determinante neanche ai fini dell’esclusione dell’interesse ad agire del Fisco creditore. Ragion per cui, l’ex socio di una società estinta gode della legittimazione attiva contro il Fisco, anche nei casi di assenza dell’attivo o incertezza dello stesso e del relativo riparto, in quanto occorre riconoscergli in tali circostanze la qualità di successore, per le considerazioni innanzi evidenziate.

 

  • L’impugnazione contro la società va dichiarata inammissibile per la cancellazione dal Registro imprese, mentre va ritenuta infondata nei confronti del liquidatore per carenza di legittimazione passiva, laddove non si motivi e configuri la sussistenza della responsabilità del medesimo (articolo 2495 del Codice civile e articolo 36 del Dpr 6o2/73).

Il ricorso in appello o in cassazione è senz’altro infondato per carenza di legittimazione passiva nei confronti del liquidatore. Ciò in quanto l’Agenzia può far valere la responsabilità del liquidatore in base all’art. 2495 c.c. o anche in base all’art. 36 del d.P.R. n. 602/73.

 

  • Il fisco non può richiedere il pagamento delle obbligazioni fiscali al liquidatore in forza di un rapporto giuridico di successione , come invece accade per i soci Il liquidatore è infatti chiamato a rispondere di un debito proprio distinto dalla obbligazione tributaria della società, anche se a questa commisurato.

    La responsabilità dei liquidatori ex art. 36 D.P.R. n. 602/1973 dipende strettamente dalla “conseguita certezza e definitività del debito tributario”, con l’osservazione che “l’obbligato è del tutto estraneo al procedimento diretto all’accertamento del debito stesso”.

    Conseguentemente, il liquidatore sarà chiamato a rispondere solo in un secondo momento e solo nel caso in cui l’Amministrazione Finanziaria riesca a dimostrare l’esistenza di un debito tributario definitivo in capo alla società, così come avviene nel caso di un avviso non impugnato o di una sentenza passata in giudicato4.

    Occorre distinguere l’interesse del fisco ad agire nei confronti dei soci e quindi la loro legittimazione passiva, dalla possibilità che i debiti della società si trasferiscano nei confronti dei soci. La somma incassata in sede di liquidazione rappresenta il limite entro cui il fisco può rivalersi verso i soci ma non l’interesse ad agire nei loro confronti in quanto potrebbero potenzialmente emergere beni e diritti non contemplati nel bilancio che non escludono l’interesse dell’amministrazione a procurarsi un titolo nei loro confronti. Il fisco può rifarsi su sopravvenienze attive su beni e diritti non contemplati nel bilancio di liquidazione delle quali gli stessi ex soci potrebbero aver beneficiato.

    Si pensi, al caso delle sopravvenienze attive derivanti da crediti della società incerti e non liquidi al momento della liquidazione; oppure a quello di beni o diritti non compresi nel bilancio di liquidazione, i quali sitrasferiscono ai soci in regime di contitolarità o comunione indivisa.Il creditore dunque, una volta ottenuta la sentenza che condanna gli ex soci al pagamento dei debiti sociali insoluti a seguito della cancellazione della società si deve attivare per intercettare tali eventuali sopravvenienze attive che gli consentono di aggredire il patrimonio personale degli ex soci con soddisfazione, in tutto o in parte, del credito vantato nei confronti della società estinta

 

  • Il ricorso in appello o in cassazione avverso i soci di una società estinta è ammissibile, in quanto il creditore ha interesse ad agire, anche se nessuna somma è stata a loro ripartita, per l’accertamento del proprio diritto, dovuto alla possibile esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio finale di liquidazione.

    Il ricorso in appello o in cassazione è inammissibile nei confronti della società, evocata in giudizio dall’Agenzia sebbene si riferisca in ricorso della sua estinzione per cancellazione dal registro delle imprese dovuta a cessazione di attività e sebbene l’Agenzia ne abbia evocato in giudizio i soci.

 

 

Novella normativa senza efficacia retroattiva

Giova ricordare che l’art. 28, c. 4, del D.Lgs. n. 175/2014, recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal Registro delle imprese, non ha valenza interpretativa, neppure implicita, e non ha, quindi, alcuna efficacia retroattiva; ne consegue che il differimento quinquennale (operante nei confronti soltanto dell’Amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione, con riguardo a tributi o contributi) degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495, c. 2, c.c., si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal Registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia stata presentata nella vigenza della nuova disciplina, ossia il 13 dicembre 2014 o successivamente (Cass. civ. Sez. VI – 5 Ordinanza, 23-05-2017, n. 12953).

In tema di società, l’art. 28, c. 4, del D.Lgs. 21 novembre 2014 n. 175, recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa, neppure implicita, e non ha, quindi, alcuna efficacia retroattiva.

Ne consegue che il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495, c. 2, c.c., operante soltanto nei confronti dell’Amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nel summenzionato art. 28 del D.Lgs. 21 novembre 2014 n. 175, con riguardo a tributi e contributi, si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese, che costituisce il presupposto di tale differimento, sia presentata nella vigenza della nuova disciplina introdotta dal medesimo D.Lgs. 21 novembre 2014 n. 175 (Cass. civ. Sez. VI – 5 Ordinanza, 10-08-2016, n. 16937).

 

15 settembre 2017

Isabella Buscema

 

NOTE

1 Dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese il socio diventa successore della società estinta soltanto se ricorre la condizione posta dall’art. 2495, c. 2, c.c., e, quindi, se vi siano state somme riscosse dai soci in base al bilancio finale di liquidazione (Cass. civ. Sez. I, 22-06-2017, n. 15474). L’Amministrazione finanziaria che intenda recuperare dai soci le imposte dovute dalla società cancellata dal Registro imprese deve dimostrare l’esistenza di un attivo di liquidazione e in che misura ciascun socio ha percepito delle somme. La responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali non assolte è, pertanto, limitata alla parte da ciascuno di essi conseguita nella distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio di liquidazione della società, qualora tale quota sia stata attribuita al socio. Ne consegue che il creditore, il quale intenda agire nei confronti del socio, è tenuto a dimostrare il presupposto della responsabilità di quest’ultimo (vale a dire la sua legittimazione passiva), e cioè che, in concreto, in base al bilancio finale di liquidazione, vi sia stata la distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio medesimo e che una quota di tale attivo sia stata da questi riscossa.

La cancellazione della società dal Registro delle imprese, pur provocando, dopo la riforma del diritto societario, l’estinzione della società, non determina l’estinzione dei debiti insoddisfatti nei confronti dei terzi, verificandosi un fenomeno di tipo successorio sui generis, in cui la responsabilità dei soci è limitata alla parte di ciascuno di essi conseguita nella distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio di liquidazione. L’effettiva percezione delle somme da parte dei soci, in base al bilancio finale di liquidazione, e la loro entità, vanno provate dall’Amministrazione finanziaria che agisce contro i soci per i pregressi debiti tributari della società, secondo il normale riparto dell’onere della prova (Cass. civ. Sez. VI – 5 Ordinanza, 28-09-2016, n. 19142).

2 Nell’ipotesi di cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese, l’Amministrazione finanziaria può agire in via sussidiaria nei confronti dei soci, nei limiti di cui all’art. 2495 c.c., sino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, ma è tenuta a dimostrare i presupposti della loro responsabilità e, cioè che, in concreto, vi sia stata distribuzione dell’attivo e che una quota di quest’ultimo sia stata riscossa, non potendo allegare per la prima volta in appello la circostanza, non dedotta in sede di accertamento, della distribuzione occulta di utili extracontabili (Cass. civ. Sez. VI – 5 Ordinanza, 23-11-2016, n. 23916).

3 Si tratta di beni e diritti societari che non sono stati liquidati (ceduti, estinti) nè assegnati ai soci nel periodo liquidatorio. Non vengono inseriti nel bilancio finale di liquidazione Omissione che può anche originare da comportamenti negligenti o colposi del liquidatore. Si parla di “residui attivi” o “beni e diritti non liquidati”.

4 La condizione della certezza legale del tributo (il cui onere di prova incombe sull’Ufficio) deve sussistere al momento dell’esercizio dell’azione di responsabilità (Cass. 08-01-2014 n.179 sez. T). La responsabilità del liquidatore, prevista dall’art. 36 del D.P.R. n. 602/1973, riguarda solo le imposte dovute e già definitivamente accertate. Considerare sufficienti anche i ruoli provvisori o il mero accertamento esecutivo non definitivo , ai fini della responsabilità in esame, è in totale contrasto con l’art. 36 del D.P.R. 602/1973 e con la nozione ivi prevista di imposte dovute come imposte definitivamente accertate.