Rottamazione liti pendenti per i tributi locali: i chiarimenti dell’IFEL

la manovra correttiva 2017 ha esteso la rottamazione delle controversie pendenti ai tributi locali. Tale estensione tuttavia provoca alcuni dubbi operativi: il ruolo del Comune nel processo, gli effetti della rottamazione, il problema delle spese di lite, la rateazione delle somme dovute…

ivaRottamazione liti pendenti per i tributi locali

L’IFEL, con una nota di approfondimento pubblicata il 28 giugno 2017, ha fornito i chiarimenti necessari per gli enti locali in merito alle modalità di applicazione della definizione agevolata delle controversie tributarie comunali inerenti l’articolo 11, del D.L. n. 50/2017, convertito in legge n. 96/2017, meglio conosciuto come “Manovra Correttiva 2017”.

L’art. 11 di tale disposizione reca norme relative alla definizione agevolata delle controversie tributarie degli enti territoriali, attraverso il comma 1-bis introdotto con la conversione in legge del provvedimento, il quale prevede: «1-bis. Ciascun ente territoriale può stabilire, entro il 31 agosto 2017, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti, l’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente».

L’IFEL evidenzia che si tratta di norma richiesta dall’ANCI, anche se non sono state accolte tutte le richieste inizialmente formulate, come ad esempio la possibilità di prevedere abbattimenti dell’imposta in caso di sentenza non definitiva sfavorevole all’ente.

La definizione agevolata delle liti fiscali pendenti completa l’effetto definitorio delle controversie interessate anche dalla definizione agevolata delle cartelle, di cui all’art. 6 del Dl n. 193 del 2016, e contribuisce a ridurre la mole di contenzioso pendente in tutti i gradi di giudizio, con una possibile accelerazione dei tempi di trattazione delle residuali controversie relative ai tributi comunali, similmente a quanto accaduto in occasione del condono di cui alla legge n. 289 del 2002.

Parallelamente, la definizione agevolata completa l’eventuale definizione agevolata delle ingiunzioni di pagamento, deliberate dai Comuni ai sensi dell’art. 6-ter, del Dl n. 193 del 2016.

La scelta del Comune avverrà mediante adozione di una delibera di Consiglio Comunale, ai sensi dell’art. 52, del D.Lgs. n. 446 del 1997, atteso che con essa il Comune rinuncia alla riscossione delle sanzioni e degli interessi di mora, per i quali, in via generale, vale il principio dell’indisponibilità, qui derogato per espressa previsione di legge.

Quali sono le controversie definibili

L’IFEL, nel documento in commento, evidenzia che le controversie definibili sono quelle attribuite alla giurisdizione tributaria “in cui è parte il medesimo ente”. Rimangono, pertanto, escluse le controversie rimesse a giurisdizioni diverse da quella tributaria, come quelle relative al canone di occupazione del suolo pubblico, di competenza del giudice ordinario.

Si deve trattare di controversia non definita con sentenza passata in giudicato, pendente in qualsiasi grado di giudizio, compresa la Corte di Cassazione.

Sono definibili le controversie il cui ricorso sia stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore del decreto (il 24 aprile 2017) e per le quali alla data della presentazione della domanda di definizione, il cui termine ultimo è fissato al 30 settembre 2017, non sia intervenuta pronuncia definitiva.

La definizione è ammissibile anche in presenza di ricorso notificato all’ente impositore ma non ancora depositato nella segreteria della Commissione tributaria provinciale, visto che per gli importi inferiori a 20 mila euro il ricorso produce gli effetti del reclamo e deve essere depositato nella segreteria della Commissione tributaria entro 120 giorni, decorrenti non dalla data di notifica del ricorso da parte del contribuente ma dalla data di ricevimento da parte del Comune. Al riguardo, va subito precisato che il decreto non dispone alcunché in merito alla data di deposito del ricorso, stabilita come noto a pena di inammissibilità, essendo prevista la sola sospensione dei termini di impugnazione della sentenza. Pertanto, sarà onere del contribuente depositare nei termini il ricorso.

Il ruolo del Comune nel processo

La disposizione richiede che il Comune sia parte del processo. Tale previsione pone dei dubbi in merito alla definizione delle controversie relative ai tributi comunali nelle quali però l’ente non assume la veste di parte processuale. L’ipotesi si verifica quando oggetto dell’impugnazione è una cartella di pagamento, o un’ingiunzione di pagamento, ed il ricorso sia stato esclusivamente notificato ad Equitalia o al Concessionario iscritto all’albo di cui all’art. 53 del D.lgs. n. 446 del 1997, incaricato della sola riscossione coattiva, indipendentemente dal fatto che i motivi di impugnazione attengano ai soli vizi propri della cartella o dell’ingiunzione, oppure siano stati sollevati motivi attinenti all’atto di accertamento, salvo che Equitalia o il Concessionario non abbia chiamato in causa anche l’ente creditore. I giudici di legittimità con la sentenza 6 giugno 2017, n. 14047, hanno ribadito che “In tema di contenzioso tributario, il contribuente, qualora impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario per la riscossione per motivi che attengono alla mancata notifica degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti dell’ente impositore o del concessionario, senza che sia configurabile alcun litisconsorzio necessario, costituendo l’omessa notifica dell’atto presupposto vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto successivo ed essendo rimessa al concessionario la facoltà di chiamare in giudizio l’ente impositore”.

Il documento dell’IFEL ritiene che il Comune possa deliberare la definizione agevolata per le controversie relative alla Tares/Tari che vedono come parte la società di gestione dei rifiuti alla quale il Comune ha affidato, ai sensi dell’art. 1, comma 691, della legge n. 147 del 2013, la gestione, la riscossione e l’accertamento della tassa comunale.

Quali sono gli effetti della definizione

L’IFEL evidenzia, nel documento in commento, che le controversie possono essere definite “a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio” o dal soggetto che vi è subentrato o ne ha la legittimazione. Con la definizione il contribuente è tenuto a pagare:

  • l’imposta, gli interessi e le spese di notifica indicati nell’atto impugnato;

  • gli interessi di ritardata iscrizione a ruolo, oggi fissati al 4 per cento annuo, da calcolarsi fino al sessantesimo giorno successivo alla notifica dell’atto.

La definizione comporta, quindi, la non debenza:

  • delle sanzioni comminate nell’atto originario;

  • degli interessi di ritardata iscrizione a ruolo dovuti dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento, ovvero decorsi i sessanta giorni dalla notifica dell’atto originario, fino alla data di consegna del ruolo al concessionario;

  • degli interessi di mora dovuti a seguito del mancato pagamento della cartella, oggi fissati al 3,50 per cento annuo.

Le misure sopra richiamate sono applicabili anche nel caso in cui il Comune (o il Concessionario della riscossione e accertamento dei tributi comunali o la società in house, o la società affidataria della riscossione ed accertamento della Tares/Tari) abbia attivato la riscossione in pendenza di giudizio, nonostante l’incerta giurisprudenza di legittimità che a volte ammette ed a volte nega la possibilità di applicare la modalità di riscossione in pendenza di giudizio, di cui all’art. 68 del D.lgs. n. 546 del 1992. Come noto, l’incertezza deriva dal fatto che l’art. 68 è applicabile ai soli casi in cui “è prevista la riscossione frazionata del tributo”, riscossione frazionata che non è ammessa, ad esempio per l’Imu e l’Ici, anche se è espressamente ammessa per le sanzioni.

Le spese di lite

L’art. 11, c. 7, della Manovra Correttiva 2017 dispone che “gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato”. L’IFEL evidenzia che non viene prevista come procedere in merito alle sorti delle spese di lite liquidate con sentenza non definitiva; sul punto il documento dell’IFEL evidenzia che il legislatore in tema di pagamento delle spese di lite ha previsto un regime piuttosto discriminatorio, posto che il Comune per riscuotere le spese di lite dovrà aspettare il passaggio in giudicato della sentenza, per quanto disposto dall’art. 15, c. 2-sexies, del D.lgs. n. 546 del 1992, mentre nel caso in cui le spese di lite siano liquidate a favore del contribuente, la sentenza è immediatamente esecutiva ed il Comune, per quanto disposto dall’art. 69 del D.lgs. n. 546 del 1992, dovrà pagare le somme liquidate a titolo di spese di lite entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza.

L’IFEL ritiene che in ragione dell’effetto sostitutivo della definizione rispetto a quanto statuito nel dispositivo della sentenza, che in caso di avvenuto pagamento delle spese di lite da parte dell’ente impositore, il contribuente sia tenuto a versare, oltre a quanto già previsto in via ordinaria dall’art. 11, comma 1, della Manovra Correttiva 2017, anche quanto percepito, in via provvisoria, a titolo di spese di lite, anche considerando che la definizione agevolata comporta la cessazione della materia del contendere e, quindi, trova applicazione l’art. 46, c. 3, del D.lgs. n. 546 del 1992 che prevede che “nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate”.

L’IFEL fa presente che nell’ipotesi in cui il Comune abbia adottato la delibera per la definizione agevolata, e la controparte abbia notificato la sentenza per ottenere il pagamento delle spese di lite, se i 90 giorni scadono prima del 30 settembre, il Comune prima di procedere al pagamento potrebbe farsi rilasciare un’attestazione da parte del contribuente in merito alla sua volontà di non aderire alla definizione, fermo restando che comunque in assenza di tale attestazione l’ente locale rimane obbligato ad effettuare il rimborso, anche considerando che fino alla scadenza del 30 settembre il contribuente potrebbe sempre decidere di aderire alla definizione.

Il pagamento delle spese dovute con la definizione

Il comma 5 dell’articolo 11 della Manovra Correttiva 2017 regola il pagamento delle somme dovute in base alla definizione.

È previsto il pagamento rateale, ma solo per importi superiori a duemila euro.

Per gli importi superiori a duemila euro è previsto il pagamento in forma rateale nella seguente misura:

    • il 40% dell’importo dovuto deve essere versato entro il 30 settembre 2017;

    • il 40% dell’importo dovuto deve essere versato entro il 30 novembre 2017;

    • il 20% dell’importo dovuto deve essere versato entro il 30 giugno 2018.

Se la definizione comporta il pagamento di un importo uguale o inferiore a 2.000 euro, questo deve essere pagato integralmente entro il 30 settembre 2017 (da effettuarsi entro il 2 ottobre).

Il successivo comma 5, con riferimento al versamento degli importi dovuti in base alla definizione, rinvia alle disposizioni recate dall’art. 8, del D.lgs. n. 218 del 1997, che regola i pagamenti in caso di accertamento con adesione, ma anche in caso di mediazione e conciliazione giudiziale.

L’IFEL osserva che nel caso in cui il contribuente abbia impugnato più atti di accertamento con un unico ricorso, benché formalmente la causa pendente sia una sola, lo stesso dovrà presentare tante domande quanti sono gli atti impugnabili, ma anche effettuare tanti separati versamenti quanti sono gli atti impugnabili. Ciò comporta che se il contribuente ha impugnato cumulativamente tre atti di accertamento e l’importo dovuto in sede di definizione è pari a 2.000 euro per ogni atto, il contribuente non potrà accedere alla rateazione, ma dovrà effettuare tre versamenti di 2.000 euro entro il 30 settembre 2017.

La sospensione delle controversie

L’art. 11, c. 8, della Manovra Correttiva 2017, dispone che le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni relative alla definizione agevolata. In tal caso il processo è sospeso fino al 10 ottobre 2017. Se entro tale data il contribuente avrà depositato copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2018.

Ovviamente, mentre per le liti riguardanti l’Agenzia delle Entrate, la norma autorizza fin da subito il contribuente a chiedere la sospensione del processo fino al 10 ottobre 2017, altrettanto non può dirsi per le controversie comunali, per le quali occorrerà aspettare l’adozione della delibera comunale.

L’IFEL ritiene che il contribuente possa legittimamente avanzare al giudice tributario una richiesta di rinvio dell’udienza a data successiva al 31 agosto 2017, in attesa della decisione comunale in merito all’approvazione della definizione agevolata delle liti.

Il diniego della definizione

L’IFEL evidenzia come il contribuente deve presentare la domanda di definizione, una per ogni singolo atto di accertamento, anche nell’ipotesi di ricorso cumulativo, entro il 30 settembre 2017.

Il Comune dovrà notificare l’eventuale diniego della definizione entro il 31 luglio 2018 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la lite, e quindi innanzi la Commissione tributaria provinciale, regionale o dinnanzi la Corte di Cassazione. Non essendo prevista alcuna deroga espressa, si ritiene che resta applicabile anche in questo caso la sospensione dei termini feriali, che va dall’1 agosto fino al 31 agosto, per cui il ricorso avverso il diniego notificato il 31 luglio 2018 deve essere notificato dal contribuente entro il 30 ottobre 2018.

Il citato comma 10 precisa che “il processo si estingue in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2018 dalla parte che ne ha interesse”. L’IFEL evidenzia che la precisazione normativa è importante perché si può verificare l’ipotesi in cui sia il Comune a dover presentare istanza di trattazione.

La delibera ed il regolamento comunale

L’IFEL in merito alla definizione agevolata delle ingiunzioni di pagamento, è del parere che sia necessario approvare contestualmente alla delibera anche un regolamento comunale, che ovviamente non potrà regolamentare la materia in modo radicale secondo quanto previsto dall’art. 11 della Manovra Correttiva 2017, anche se rimane la necessità di regolamentare l’adeguamento della normativa statale all’ordinamento comunale, soprattutto per quanto riguarda l’ipotesi in cui il Comune riscuota tramite ingiunzione di pagamento ed abbia anche deliberato la definizione agevolata delle ingiunzioni stesse.

Se non sono derogabili i termini che scandiscono gli adempimenti processuali il documento dell’IFEL è del parere che siano derogabili gli altri termini, come quelli relativi al periodo di rateazione, che potrebbe andare oltre il termine del 30 giugno 2018 fissato per le liti erariali, considerato che comunque la definizione delle liti si perfeziona solo con il pagamento di quanto dovuto al 30 settembre 2017.

11 luglio 2017

Federico Gavioli