Un caso di definizione agevolata delle sanzioni tributarie a seguito di indebita compensazione

Analizziamo un caso di contestazione da parte del Fisco di indebita compensazione tra crediti e debiti di imposta: il contribuente può definire le sanzioni tributarie in via agevolata?

definizione agevolata delle sanzioni tributarieLa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18682 del 23.9.2016, ha chiarito alcuni aspetti controversi in tema di sanzioni e definizione agevolata ex art. 17, comma 3, D.lgs 472/97.

Nel caso di specie la CTR del Friuli aveva accolto l’appello di una società avverso la decisione che in primo grado aveva dichiarato legittimo l’atto di contestazione, notificato alla medesima in conseguenza di un’indebita compensazione tra crediti e debiti di imposta, a mezzo del quale l’Agenzia delle Entrate, reputando inapplicabile alla specie l’art. 17, c. 3, D.lgs. 472/97 e, quindi, inefficace il pagamento in misura ridotta effettuato dalla parte, aveva determinato le sanzioni nella misura ordinaria del 30%.

La CTR motivava il proprio deliberato, osservando che, pur tenendo conto delle diverse modalità procedurali previste nella specie e della discrezionalità di cui dispone l’ufficio in materia,

“ciò non può comportare un trattamento deteriore nei confronti del contribuente”.

D’altronde, rilevava ancora il giudice di merito,

“l’art. 2 D.lg 462/97 prevede obbligatoriamente l’invio al contribuente di una comunicazione che precede l’iscrizione a ruolo così da permettere … il pagamento delle sanzioni in misura ridotta”.

Né, sempre secondo lo stesso giudice, era poi trascurabile il fatto che l’art. 13 D.lgs. 471/97 “preveda solamente il caso di omesso o ritardato pagamento ovvero di minori eccedenze detraibili”, mentre nel caso in esame si trattava di compensazione tra debiti e crediti.

Avverso tale sentenza ricorreva quindi l’Agenzia delle Entrate, eccependo la violazione e falsa applicazione degli artt. 17, comma 3, D.lgs. 472/97, 2 D.lgs. 462/97 e 13 D.lgs. 471/97, in quanto, contrariamente all’assunto del giudice d’appello, indipendentemente dal procedimento di irrogazione utilizzato, l’art. 17 citato

“prevede espressamente che relativamente alle sanzioni per omesso o tardivo pagamento dei tributi, non si applica la definizione agevolata prevista dagli artt. 16, comma 3 e 17, comma 2, del D.lgs 472/97”,

irrilevante risultando sia l’argomento ritratto dall’art. 2 citato, vertendosi nella specie

“in ipotesi di avviso di contestazione e non di controllo automatico”, sia l’argomento ritratto dall’art. 13 citato, “non avendo la parte impugnato l’atto di contestazione nel merito, bensì esclusivamente con riferimento all’impossibilità … della definizione agevolata”.

 

Il ricorso, secondo la Corte, era infondato.

Nell’ordinamento del sistema sanzionatorio concernente le violazioni tributarie aventi rilevanza non penale, attuato con D.lgs. 471/97 e con il D.lgs. 472/97, è prevista, infatti, agli artt. 16 e 17 di quest’ultimo, una duplice modalità procedurale attraverso la quale gli illeciti anzidetti possano essere perseguiti e sanzionati.

L’art. 16, che regola la fattispecie dell’irrogazione delle sanzioni a mezzo di atto di contestazione, prevedeva, al comma 3, che

“entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, il trasgressore e gli obbligati in solido possono definire la controversia con il pagamento di un importo pari ad un quarto della sanzione indicata e comunque non inferiore ad un quarto dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo…”.

Mentre, a sua volta, l’art. 17, che si occupa della diversa fattispecie dell’irrogazione immediata che ha luogo in uno con la notifica dell’avviso di accertamento o di rettifica e dispensa perciò l’Amministrazione dalla previa notifica dell’atto di contestazione, prevedeva, sempre al tempo della violazione, al comma 2, che “è ammessa definizione agevolata con il pagamento di un importo pari ad un quarto della sanzione irrogata e comunque non inferiore ad un quarto dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo, entro sessanta giorni dalla notificazione del provvedimento” ed al comma 3, dopo aver precisato che

“possono essere irrogate mediante iscrizione a ruolo, senza previa contestazione, le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi, ancorché risultante da liquidazioni eseguite ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, concernente disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, e ai sensi degli articoli 54-bis e 60, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”, che “per le sanzioni indicate nel periodo precedente, in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista nel comma 2 e nell’articolo 16, comma 3”.

A completamento del quadro normativo di riferimento, l’art. 2 D.1gs. 462/97 prevede, al comma 2, per il caso di diretta iscrizione a ruolo delle somme che risultano dovute a seguito dei predetti controlli automatici effettuati per ritardato o omesso versamento e che sono iscritte direttamente nei ruoli a titolo definitivo, che

“l’iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente o il sostituto d’imposta provvede a pagare le somme dovute con le modalità indicate nell’articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, concernente le modalità di versamento mediante delega, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, prevista dai commi 3 dei predetti articoli 36-bis e 54-bis, ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d’imposta…”.

Venendo quindi al caso di specie, ove era stato notificato alla parte un atto di contestazione ai sensi dell’art. 16 cit. a seguito di una riscontrata compensazione di debiti e crediti di imposta operata dalla parte in misura eccedente il limite stabilito dall’art. 25 Dlgs. 241/97, l’Agenzia ricorrente, censurando il contrario deliberato d’appello secondo cui, a fronte delle modalità procedimentali adottate dall’ufficio nella specie per l’irrogazione delle sanzioni, era consentita la definizione agevolata e il pagamento della sanzione in misura di un quarto effettuato dalla parte estingueva perciò l’illecito, si era detta invece convinta che, trattandosi di somme discendenti dall’ordinaria attività di liquidazione delle dichiarazioni fiscali, per le quali è consentita la diretta iscrizione a ruolo a norma dell’art. 17 cit. dovesse trovare applicazione l’ultima parte del comma 3, in base alla quale la definizione agevolata risulta preclusa.

Così ragionando, però, sottolineano i giudici di legittimità, la ricorrente, che pur muoveva da un presupposto corretto, più volte affermato dalla Corte, secondo cui

“in tema di agevolazioni tributarie, il superamento del limite massimo dei crediti d’imposta compensabili equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, che è sanzionato dall’art.13 del d.lgs. n. 471 del 1997, così come accade ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti” (cfr Cass. n. 18369/12),

operava un’impropria commistione di fattispecie, dal momento che, pur avendo proceduto formalmente nei modi dell’art. 16 cit., ovvero notificando alla parte un autonomo atto di contestazione, a seguito del quale la parte si era ritenuta in facoltà di procedere alla definizione agevolata dell’illecito mediante il pagamento della sanzione in misura ridotta ai sensi del comma 3 della norma citata, riteneva poi, a fronte dell’effetto estintivo invocato dalla parte a seguito dell’operato pagamento della sanzione in misura, che, malgrado le modalità procedurali da essa adottate, dovesse trovare applicazione la preclusione di cui al conclusivo inciso del comma 3 dell’articolo 17 citato e che quindi, pur a seguito dell’incameramento della sanzione ridotta, l’illecito fosse comunque sussistente.

Secondo la Suprema Corte una tale chiave di lettura minava però alla radice la credibilità della tesi erariale già sotto un profilo formale, atteso che, se si procede nelle forme dell’art. 16 cit., ovvero a mezzo di separato e distinto atto di contestazione, l’art. 16 deve allora essere applicato nella sua interezza, con la conseguenza che l’effetto estintivo del pagamento della sanzione in misura ridotta a cui provvede la parte non è revocabile in dubbio, tanto più nel rispetto del principio di legalità, a salvaguardia del quale è posta la rigidità delle norme e dei modelli procedurali, e dei principi di lealtà e buona fede, che l’ordinamento tributario pretende che siano osservati nella regolazione dei rapporti tra fisco e contribuenti.

Anche sotto un profilo sostanziale, inoltre, la tesi erariale non appariva meritevole di adesione.

Ancorché infatti fosse percorribile, sul piano sanzionatorio, al netto dell’equivocità sotto un profilo formale della condotta erariale sopra evidenziata, la via della diretta iscrizione a ruolo, prevista per l’appunto per i casi di omesso o ritardato versamento che emergono dall’attività liquidatoria che abbia luogo in sede di controlli automatici delle dichiarazioni, comunque tale circostanza non poteva determinare l’effetto preclusivo opposto dall’Agenzia ricorrente.

E questo, sottolinea la Corte, per tre ordini di convergenti ragioni.

sentenza corte di cassazioneIntanto da un punto di vista letterale non può non prendersi atto che la preclusione sancita dal conclusivo inciso del comma 3 dell’articolo 17 citato concerne i soli casi in cui si procede ad iscrivere a ruolo le sanzioni, il che, se è accadimento del tutto normale quando l’omissione dei versamenti o il ritardo negli stessi emerga dall’attività liquidatoria che abbia luogo a mente degli artt. 36-bis e 36-ter D.P.R. 600/73 e 54-bis D.P.R. 633/72, non lo è altrettanto allorché si proceda ad irrogare le sanzioni a mezzo di atto di contestazione, pervenendosi in tal caso all’iscrizione a ruolo solo se nel termine per proporre ricorso non sia avvenuta la definizione agevolata del rilievo.

E quindi pretendere che nel caso in cui non vi è nessuna iscrizione a ruolo debba trovare applicazione una norma prevista invece per il caso in cui un’iscrizione a ruolo vi sia (e per di più diretta) costituisce, ad avviso della Corte, un’evidente forzatura del dettato normativo.

Non va poi trascurato, da un punto di vista sistematico, l’argomento che si ricava, dalla disposizione dell’art. 2, c. 2, D.lgs. 462/72, che prevede, come visto, la definibilità degli avvisi bonari che l’amministrazione è in obbligo di inviare al contribuente all’esito dei controlli automatici delle dichiarazioni mediante il pagamento delle sanzione in misura, avvertendo che in tal caso, che, segnatamente, si determina nell’ipotesi di omesso o ritardata versamento, non si procede all’iscrizione a ruolo.

Secondo la Corte questo spiega perché, in tali casi, l’art. 17, c. 3, ultimo inciso, cit. preclude l’accesso alle procedure definitorie agevolate previste dal comma 2 dello stesso art. 17 e dal comma 3 dell’articolo 16.

Non già perché in tali casi, come sosteneva la ricorrente, il legislatore ha inteso escludere i contribuenti distratti o ritardatari dalla possibilità di definire in via agevolata la violazione concernente l’omissione o il ritardo, ma perché, essendo stato loro comunicato l’omissione o il ritardo ai sensi delle disposizioni in materia di controlli automatici delle dichiarazioni, ad essi era già stata offerta in applicazione del citato art. 2, c. 2, D.lgs. 462/97 la facoltà di accedere alla definizione agevolata dell’illecito contestato, onde se il beneficio non fosse stato escluso in sede sanzionatoria, come appunto prevede l’art. 17, c. 3, ultimo inciso, D.1gs. 472/97, quei contribuenti si sarebbero visti concedere, ove fosse stata loro nuovamente accordata la facoltà di definizione agevolata, un privilegio totalmente ingiustificato.

Non ultimo, evidenzia infine la Corte, su un piano ordinamentale, la tesi erariale, se accolta, genererebbe un’evidente disparità di trattamento, che invece il legislatore ha voluto consapevolmente evitare, dal momento che, mentre chi riceve, per l’ipotesi dell’omesso o tardivo versamento, un atto di contestazione avrebbe la possibilità di definire in via agevolata la violazione pagando la sanzione in misura ridotta, chi, invece, pur essendo raggiunto da un atto di contestazione, si veda preclusa la strada della definizione agevolata, ricorrendo l’ipotesi della diretta iscrizione a ruolo, verrebbe a trovarsi in una posizione deteriore non solo rispetto a chi si trovi nella posizione di poter legittimamente fruire della disposizione di favore dell’art. 16, c. 3, D.lgs. 472/97, ma anche rispetto a chi, pur versando nella situazione che legittima l’applicazione dell’art. 17, c. 3, ultimo inciso, D.lgs. 472/97, per il fatto di non essere stato previamente raggiunto da un avviso bonario in quanto destinatario di un atto di contestazione, non potrebbe neppure fruire della facoltà definitoria riconosciuta dall’art. 2, c. 2, D.1g. 462/97.

24 giugno 2017

Giovambattista Palumbo