La remissione in bonis come forma speciale di ravvedimento operoso

In questo approfondimento viene analizzato l’istituto della remissione in bonis che si qualifica come una particolare forma di ravvedimento operoso, finalizzato a sanare le dimenticanze relative alla comunicazione di dati richiesti dal Fisco

ivaAspetti generali

Anche se sotto il profilo sostanziale il livello complessivo di tassazione globale continua a essere pesante (né potrebbe essere altrimenti, in un contesto di perduranti difficoltà finanziarie), la fiscalità italiana non vive in una foresta pietrificata e soprattutto in anni recenti è mutata parecchio. Si tratta di un nuovo indirizzo, che supera il mantra della lotta all’evasione (male intesa come strumento ordinario per il recupero di gettito) per connettersi alle evoluzioni tecnologiche e a un contesto economico e sociale profondamente trasformato, non solo da una lunga crisi ma anche da sensibili cambiamenti nei singoli e nei gruppi, nelle categorie, nelle professioni, nelle aspettative e nelle sensibilità.

In questo mutato contesto conta la procedura più che la norma, nel senso che per vedersi riconosciuto senza problemi un diritto bisogna aver attivato la corretta procedura; tuttavia, l’accresciuta considerazione per le ragioni di ogni cittadino (da salvaguardare dai possibili abusi del potere pubblico) rende necessario valorizzare le istanze e proteggere le posizioni giuridiche soggettive di quel cittadino. Per tale ragione, l’omissione in buona fede, il ritardo, l’errore formale, non possono più essere intesi come violazioni irreparabili, ed è quindi possibile attivare appositi rimedi, previsti dall’ordinamento, per ripristinare la situazione dichiarativa corretta, o per regolarizzare i versamenti, o anche per sanare un versamento omesso. È questo il senso dei ravvedimenti operosi, che ora consentono di rettificare le dichiarazioni sia a favore che a sfavore del contribuente entro l’arco temporale in cui può essere svolta l’attività di accertamento, nonché della cosiddett aremissione in bonis, che in sostanza consiste nel “ravvedimento degli adempimenti strumentali”.

Il ravvedimento in generale

Il ravvedimento operoso, istituto fin dal suo esordio finalizzato alla correzione di errori e omissioni da parte dei contribuenti, è stato recentemente ampliato (cfr. le innovazioni della Legge 23.12.2014, n. 190 – art. 1 cc. 637 e ss.) fino a sostituire potenzialmente l’attività accertativa degli uffici finanziari, consentendo a ciascuno (contribuente o impresa) la regolarizzazione della propria posizione fiscale anche in presenza di violazioni già contestate (purché non già oggetto di un accertamento formalmente notificato dall’amministrazione finanziaria).

Il concetto di ravvedibilità dell’errore si sposa logicamente con l’idea che i comportamenti in buona fede non dovrebbero essere sanzionati, se non in misura lieve, e ha come corollario la non punibilità delle violazioni meramente formali (art. 10, c. 3, L. n. 212/2000; art. 6, c. 5-bis, D.Lgs. n. 472/1997).

Il ravvedimento può ora essere esercitato sia per le violazioni liquidatorie (es. omessi versamenti), sia in presenza di infedeltà dichiarativa.

La riduzione delle sanzioni è progressivamente decrescente man mano che trascorre il tempo, a partire dal momento in cui l’adempimento doveva essere eseguito.

La remissione in bonis

La remissione in bonis, introdotta nell’ordinamento giuridico italiano dall’art. 2, c. 1, del D.L. 02.03.2012, n. 16 (convertito con modificazioni dalla L. 17.12.2012, n. 221), si attua assolvendo una sanzione di 250 euro.

Essa consiste sostanzialmente in una particolare forma di ravvedimento operoso finalizzata a sanare le “dimenticanze” relative alla comunicazione di dati richiesti dal fisco.

La remissione in bonis è preclusa in presenza di violazioni constatate o di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza. Il suo campo di applicazione è quindi necessariamente più circoscritto rispetto a quello del “comune” ravvedimento operoso (che come si è detto può anche operare in presenza di attività di verifica e comunque si rivolge a fattispecie differenti).

La remissione non è tuttavia impedita se le attività di accesso, ispezione, verifica o comunque di controllo in essere hanno a oggetto comparti impositivi diversi da quello cui si riferisce il beneficio fiscale, o che non interferiscono con il regime opzionale.

La comunicazione deve essere effettuata o l’adempimento richiesto deve essere eseguito entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile, con ciò intendendo la prima dichiarazione dei redditi o, se l’adempimento omesso rileva esclusivamente ai fini IVA, la prima dichiarazione IVA il cui termine di presentazione scade successivamente al termine previsto per effettuare la comunicazione oppure eseguire l’adempimento.

La remissione in bonis può essere effettuata entro e non oltre il termine normativamente previsto (prima dichiarazione utile), e non è ulteriormente ravvedibile (i 250 euro di sanzione previsti sono quindi “fissi” e non riducibili).

Opzioni con comportamento concludente

La remissione in bonis riguarda tipicamente la sanatoria di opzioni non perfezionate nei tempi richiesti.

È noto però che in numerosi casi le opzioni sono integrate attraverso il comportamento concludente dei contribuenti.

Al riguardo si richiamano gli artt. 1 e 2 del D.P.R. 10.11.1997, n. 442:

Art. 1

L’opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili. La validità dell’opzione e della relativa revoca è subordinata unicamente alla sua concreta attuazione sin dall’inizio dell’anno o dell’attività. È comunque consentita la variazione dell’opzione e della revoca nel caso di modifica del relativo sistema in conseguenza di nuove disposizioni normative. 2. In presenza di fusione o scissione di società il regime di determinazione dell’imposta, prescelto da ciascun soggetto, continua fino alla prevista scadenza, con l’applicazione, ove necessario, delle norme contenute nell’art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.

Art. 2

Il contribuente è obbligato a comunicare l’opzione di cui all’articolo 1 nella prima dichiarazione annuale IVA da presentare successivamente alla scelta operata. 2. Nel caso di esonero dall’obbligo di presentazione della dichiarazione annuale, la scelta è comunicata con le stesse modalità ed i termini previsti per la presentazione della dichiarazione dei redditi utilizzando la specifica modulistica relativa alla dichiarazione annuale dell’imposta sul valore aggiunto. 3. Resta ferma la validità dell’opzione anche nelle ipotesi di omessa, tardiva o irregolare comunicazione, sanzionabili secondo le vigenti disposizioni”.

In generale, quindi, il comportamento concludente vale a esprimere l’adesione, ovvero la revoca, ai regimi di determinazione dell’imposta o ai regimi contabili, e nella nozione di “comportamento concludente” rientra la modalità di tenuta delle scritture contabili.

Ipotesi rimettibili

La remissione in bonis riguarda fattispecie alle quali non può applicarsi il criterio del comportamento concludente.

Si tratta quindi di una procedura cui può esser fatto ricorso qualora si tratti di ipotesi:

  • di benefici, agevolazioni o regimi opzionali, diversi da quelli di determinazione dell’imposta o dai regimi contabili;

  • di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili per i quali la normativa di settore, derogando all’art. 2 D.P.R. n. 442/1997, preveda l’effettuazione di adempimenti di comunicazione o di altri adempimenti formali, a pena di decadenza.

In particolare, secondo quanto sottolineato dall’Agenzia delle Entrate (cfr. circolare n. 38/E, cit.), la remissione in bonis può avere a oggetto:

  • l’omesso invio del modello EAS, ossia della comunicazione dei dati fiscalmente rilevanti necessaria ai fini dell’applicazione del regime fiscale agevolato previsto per gli enti associativi;

  • l’omessa presentazione, entro il 16 febbraio, della comunicazione per l’adesione al regime di liquidazione e versamento mensile o trimestrale dell’IVA di gruppo;

  • l’omessa comunicazione dell’opzione per la determinazione dell’IRAP in base al bilancio, da effettuarsi entro 60 giorni dall’inizio del periodo di imposta;

  • l’omessa comunicazione (entro tre mesi dall’inizio del primo periodo di imposta dell’opzione) relativa all’opzione per la tonnage tax;

  • per gli enti interessati, l’omessa effettuazione degli adempimenti richiesti per partecipare al riparto del 5 per mille dell’IRPEF (trattasi di una forma di ravvedimento particolare che si aggiunge alla remissione in bonis a carattere generale.

Le fattispecie sopra individuate sono solo a titolo esemplificativo: si evince quindi che la remissione in bonis può esser fatta valere per ulteriori ipotesi nelle quali l’effettuazione di una comunicazione o di un adempimento sia condizione per la correttezza di un determinato comportamento assunto dal contribuente.

Opzioni consolidato / trasparenza

La remissione in bonis consentiva anche di regolarizzare tardivamente le opzioni omesse relative ai regimi speciali del consolidato fiscale e della trasparenza fiscale per opzione.

L‘obbligo di formulare una specifica opzione per l’accesso ai menzionati regimi fiscali è stato eliminato dal D.Lgs. 21.11.2014, n. 175.

In particolare, l’art. 16 di tale decreto ha innovato il regime delle opzioni prevedendo le seguenti semplificazioni normative:

  • art. 115, c. 4, del TUIR (trasparenza fiscale), le parole: “entro il primo dei tre esercizi sociali predetti, secondo le modalità indicate in un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate” sono state sostituite dalle seguenti: “con la dichiarazione presentata nel periodo d’imposta a decorrere dal quale si intende esercitare l’opzione”;

  • art. 119, c. 1, lett. d, del TUIR (consolidato fiscale nazionale), le parole: “entro il sedicesimo giorno del sesto mese successivo alla chiusura del periodo d’imposta precedente al primo esercizio cui si riferisce l’esercizio dell’opzione stessa secondo le modalità previste dal decreto di cui all’articolo 129” sono sostituite dalle seguenti: “con la dichiarazione presentata nel periodo d’imposta a decorrere dal quale si intende esercitare l’opzione”.

  • le nuove disposizioni normative hanno trovato applicazione a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31.12.2014 (per i soggetti solari, dal 2015).

Nel D.L. 22.10.2016, n. 193, convertito con modificazioni dalla L. 1.12.2016, n. 225 (art. 7, cc. 29-30), è stabilito che anche per l’esercizio delle opzioni che devono essere comunicate con la dichiarazione dei redditi da presentare nel corso del primo periodo di valenza del regime opzionale resta fermo quanto stabilito dall’art. 2, c. 1, del D.L. n. 16/2012 (ovvero la possibilità di ricorso alla remissione in bonis).

Queste nuove disposizioni trovano applicazione a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31.12.2016 (art. 7, c. 30).

La remissione in bonis può quindi essere applicata solamente alle opzioni che verranno esercitate a partire dal 2017 (ad esempio, all’opzione per il consolidato fiscale relativa al triennio 2017-2019).

Se l’opzione non viene esercitata in Unico 2017, c’è quindi tempo fino all’1 ottobre 2018 (il 30 settembre cade di domenica) per dar corso alla remissione in bonis. Il regime della tassazione di gruppo potrebbe pertanto prendere avvio normalmente nel periodo di imposta 2017, e proseguire senza interruzioni, con “sanatoria” appunto entro il predetto termine di presentazione di Unico 2018.

Ravvedimento e integrativa

Nel vigente contesto normativo, l’istituto del ravvedimento operoso, che consente la riduzione delle sanzioni, si sposa a quello della dichiarazione integrativa (in particolare, “a sfavore” del contribuente), che permette di rettificare una situazione dichiarata dal contribuente dalla quale è derivata una minore imposta o un maggior credito rispetto a quanto dovuto.

Si rammenta che l’ipotesi del mancato esercizio di un’opzione in dichiarazione è stata ritenuta possibile oggetto di dichiarazione integrativa dall’Agenzia delle Entrate (circolare 4.3.2010, n. 8/E; risoluzione 20.12.2010, n. 132/E).

Chiaramente si tratta di un indirizzo espresso anteriormente all’entrata in vigore delle norme sulla remissione in bonis: esso attesta tuttavia, si ritiene, l’omogeneità tra quest’ultima procedura e il ravvedimento, che qualifica la remissione come forma speciale di ravvedimento.

Si esaminano di seguito le due pronunce di prassi citate.

Circolare n. 8/E/2010

Questa circolare dell’Agenzia delle Entrate riguarda il riallineamento dei valori contabili e fiscali dei soggetti IAS, nonché il regime di affrancamento dei maggiori valori iscritti in bilancio in occasione di operazioni straordinarie (D.L. 29.11.2008, n. 185, convertito dalla L. 28.01.2009, n. 2).

In particolare, si è ritenuto che l’omessa indicazione in dichiarazione di volersi avvalere della disciplina del riallineamento potesse essere oggetto di dichiarazione integrativa da parte del contribuente, con le ulteriori precisazioni che:

  • se dalla presentazione della dichiarazione integrativa risulta un’imposta è applicabile la sanzione per omesso, infedele o tardivo versamento dell’imposta di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997;

  • con riferimento a tale sanzione, in presenza delle condizioni normativamente richieste, il contribuente può avvalersi del ravvedimento operoso, con versamento spontaneo della maggiore imposta, unitamente agli interessi e alla sanzione in misura ridotta.

Risoluzione n. 132/E/2010

In merito alla possibilità di cumulare la “Tremonti-ter” (art. 5, cc. da 1 a 3-bis, D.L. 1 luglio 2009, n. 78, convertito dalla L. 03.08.2009, n. 102) con altre agevolazioni di carattere non fiscale, l’Agenzia delle Entrate ha osservato quanto segue: il contribuente che, nell’incertezza, avesse prudenzialmente ritenuto di non avvalersi della deduzione nella dichiarazione dei redditi, poteva cambiare in seguito la propria scelta attraverso una dichiarazione integrativa a favore.

Nella differente ipotesi in cui invece il contribuente si fosse avvalso della deduzione pur non potendolo fare (in caso di incumulabilità successivamente accertata), la dichiarazione integrativa da presentare era a sfavore, con la conseguente debenza della sanzione per omesso, infedele o tardivo versamento dell’imposta, riducibile mediante ravvedimento operoso.

In conclusione …

Ciò che si è cercato di porre in luce nella presente ricostruzione è che, fermo restando l’interesse del fisco e delle ragioni erariali, la normativa attuale che presiede agli adempimenti cerca in ogni modo di facilitare i contribuenti.

In tale prospettiva, la riduzione delle sanzioni applicabili (spesso nominalmente assai pesanti, specialmente quando riguardano il contesto dell’accertamento tributario) e in generale la prospettiva “garantista” nella loro applicazione, costituiscono una forma di facilitazione che guarda alla sostanza (l’esecuzione dell’adempimento) più che alla pena. La pena, anzi, se non la si vuole intendere come una sorta di impropria sovrattassa, risulta evidentemente superata dall’adempimento eseguito, fatto salvo il modesto vantaggio per il contribuente costituito dal suo differimento nel tempo.

Ciò giustifica l’applicazione di sanzioni lievi, commisurate appunto al decorso del tempo, ovvero (quando si tratti di dimenticanza da regolarizzare entro una data fissa) di modeste sanzioni fisse.

Occorre tenere distinte le ipotesi “ravvedibili” e “rimettibili” dai casi di:

  • violazione meramente formale (art. 10, c. 3, L. n. 212/2000; art. 6, D.Lgs. n. 472/1997; circolare dell’Agenzia delle Entrate 3.8.2001, n. 77/E): l’omissione di una comunicazione, infatti, non causa direttamente un danno alle ragioni erariali ma impedisce all’amministrazione di avere una chiara rappresentazione della situazione del soggetto;

  • comportamento concludente (artt. 1 e 2, D.P.R. 10.11.1997, n. 442);

  • lieve inadempimento (art. 3 del D.Lgs. 159/2015, che ha introdotto il nuovo art. 15-ter nel D.P.R. n. 602/1973, ai sensi del quale i ritardi di breve durata ovvero gli errori di limitata entità non comportano la decadenza dal beneficio della rateazione).

In conclusione, si ritiene che esistano nel nostro ordinamento almeno tre “ravvedimenti operosi”:

  • il ravvedimento dei versamenti, con sanzione via via crescente al passare del tempo, a partire dal giorno successivo alla scadenza;

  • il ravvedimento delle infedeltà, cioè delle ipotesi che verrebbero sanzionate in sede di accertamento (sanzioni ridotte a 1/6 e, in caso di verifiche in atto, a 1/5 del minimo edittale);

  • il ravvedimento delle opzioni e comunicazioni (remissione in bonis), con sanzione fissa di 250 euro non soggetta a ulteriore ravvedimento.

16 Giugno 2017

Fabio Carrirolo