Nuovi strumenti normativi per la lotta alla corruzione nel settore privato

facciamo il punto sulle nuove normative anticorruzione che stanno per entrare in vigore in Italia: le nuove norme cercano di colpire anche i fenomeni fra privati, oltre al già purtroppo noto fenomeno della corruzione nei rapporti con le pubbliche amministrazioni

  1. Premessa.

arsene-lupin-ctIl quadro normativo europeo sulla corruzione “nel privato” trova la sua prima fonte nelle Convenzioni penali di Strasburgo sulla corruzione del 1999 (ratificate, rispettivamente, con la legge n. 110 del 2012 e con la legge n. 112 del 2012), nelle quali era già stata prevista, attraverso gli articoli 7 e 8, l’introduzione delle fattispecie penali di corruzione attiva e passiva nel settore privato.

I citati articoli avevano stabilito l’obbligo per ogni Stato parte di configurare come reato, in quanto commesso intenzionalmente nell’ambito di un’attività commerciale:

  • il fatto di promettere, offrire o dare direttamente o indirettamente qualsiasi indebito vantaggio ad una persona che dirige un ente privato o vi lavora, per sé stessa o per altra persona affinché compia o si astenga dal compiere un atto, ciò in trasgressione dei suoi doveri (corruzione attiva);

  • il fatto, per ogni persona che dirige un ente privato o vi lavora, di sollecitare o ricevere direttamente o tramite terzi, qualsiasi indebito vantaggio o di accettarne l’offerta o la promessa, per sé stessa o per altra persona al fine di compiere o astenersi dal compiere un atto, ciò in trasgressione dei suoi doveri (corruzione passiva)

Successivamente è stata firmata a Merida nel 2003 la Convenzione delle Nazioni Unite sulla corruzione internazionale (ratificata con la legge n. 116 del 2009), ed infine (il 22 luglio dello stesso anno) la decisione quadro 2003/568/GAI, la quale ha sostanzialmente confermato la necessità dell’introduzione di fattispecie corruttive nel settore privato.

La predetta decisione quadro impone agli Stati membri l’obbligo di combattere il fenomeno corrutivo anche nel settore privato, attraverso l’introduzione nei propri ordinamenti di sanzioni penali che colpiscano i seguenti comportamenti illeciti:

  • promettere, offrire o concedere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura ad una persona, per essa stessa o per un terzo, che svolge funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato, affinché essa compia o ometta di compiere un atto in violazione di un dovere (corruzione attiva)

  • sollecitare o ricevere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accettare la promessa di tale vantaggio, per sé o per un terzo, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato, per compiere o per omettere un atto, in violazione di un dovere (corruzione passiva)

  • istigare e favorire chi esercita funzione direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato a porre in essere le indicate condotte corruttive.

Le sanzioni debbono prevedere una pena compresa tra uno e tre anni di reclusione, con l’aggiunta dell’interdizione se il soggetto colpito occupi una posizione dirigenziale e se dai fatti accertati emerga un chiaro rischio di abuso di posizione o abuso d’ufficio per corruzione attiva o passiva.

Anche le società debbono essere sanzionate, quando gli illeciti sono commessi a loro beneficio da parte di un soggetto che agisca individualmente o in quanto parte della governante. Le sanzioni previste dalla decisione quadro nei confronti delle persone giuridiche sono pecuniarie di natura penale o non penale nonché di natura interdittiva, come l’esclusione da finanziamenti e altri aiuti pubblici; l’interdizione, anche temporanea, ad esercitare attività commerciale; l’assoggettamento a sorveglianza e a liquidazione giudiziaria.

La responsabilità deve sussistere anche a carico del dirigente della società che, per carenza di sorveglianza o controllo, ha reso possibile la commissione dei menzionati reati di corruzione.

Resta a carico dello Stato membro anche il compito di definire la competenza sia sugli illeciti in questione commessi sul proprio territorio, sia su quelli commessi da un suo cittadino o a vantaggio di una persona giuridica la cui sede principale è nel proprio territorio.

  1. La disciplina sulla corruzione nel settore privato nel nostro ordinamento

La corruzione1 nel settore pubblico è una piaga sociale ormai nota, contro la quale si susseguono le disposizioni normative con il fine ultimo di arginare il dilagante fenomeno.

Fenomeno che si sta espandendo anche nel settore privato e, conseguentemente, ciò spinge il legislatore a “correre ai ripari”.

La corruzione nel settore privato non è disciplinata dal codice penale, bensì da quello civile. L’articolo 2635 è stato introdotto dal decreto legislativo 11 aprile 2002 n. 61 e poi riformato dalla legge Severino, legge 6 novembre 2012, n. 190, quale primo passo per adempiere agli obblighi comunitari.

Il predetto articolo 2635 c.c., “Corruzione tra privati”, che si applica quando la condotta non costituisce un più grave reato, in modo da evitare il concorso con altre fattispecie criminose, sanziona:

  • al primo comma, con la reclusione da uno a tre anni gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società;

  • al secondo comma, con la reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei dirigenti indicati al primo comma.

Entrambe le condotte integrano la corruzione passiva.

La corruzione attiva è disciplinata dal terzo comma, per chiunque dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e nel secondo comma, prevedendo le stesse sanzioni della corruzione passiva.

Il quarto comma invece dispone il raddoppio delle pene nelle ipotesi di società quotate sia in mercati italiani che internazionali.

Il reato in questione è perseguibile a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nell’acquisizione di beni o servizi (quinto comma) e comporta, in caso di condanna o patteggiamento (come da ultimo comma recentemente introdotto dal decreto legislativo 29 ottobre 2016, n. 202, di attuazione della Direttiva 2014/42/UE) la misura della confisca per equivalente che non può essere inferiore al valore delle utilità date o promesse.

Per ciò che concerne la responsabilità delle persone giuridiche, prevista come abbiamo visto dalla predetta decisione quadro, nel nostro ordinamento trova la sua fonte nel decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 il quale prevede, per una serie di reati espressamente individuati, l’applicazione mediante accertamento giudiziale delle sanzioni interdittive, quali l’interdizione dall’esercizio dell’attività; la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, delle licenze o delle concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, etc., ma anche sanzioni di natura pecuniaria. Per l’applicazione di queste ultime, il giudice determina il numero delle quote, tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell’ente, nonché dell’attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. Il solo delitto di corruzione attiva tra privati, prevede l’applicazione di una sanzione pecuniaria compresa tra 200 e 400 quote, aumentata di un terzo ove il profitto per l’ente derivante dalla corruzione sia di rilevante entità.

L’adeguamento della normativa italiana, operato con la citata legge Severino del 2012, non è stato ritenuto soddisfacente a livello europeo in quanto non recepisce pienamente i contenuti della Convenzione penale sulla corruzione del 1999 e della decisione quadro 2003/568/GAI.

Insomma, la normativa attuale del nostro ordinamento non è pienamente efficace né incisiva per combattere il fenomeno in questione. Questo è quanto emerge dalle Raccomandazioni contenute nei rapporti del GRECO (Gruppo di Stati Contro la Corruzione) del Consiglio d’Europa del 2 luglio 2009 e del 23 marzo 2012, dalla prima Relazione (biennale) della Commissione Europea sulla lotta alla corruzione del 3 febbraio 2014 e, infine, dal recente rapporto del GRECO pubblicato il 5 dicembre 2016.

Da qui la decisione di delegare il Governo, con l’articolo 19 della legge di delegazione europea 2015, per l’attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato.

  1. Il contenuto del decreto legislativo

Nel Consiglio dei Ministri del 16 marzo, il Governo, in attuazione della suddetta delega, ha approvato all’esame definitivo il decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 38 relativo alla lotta contro la corruzione nel settore privato.

Il provvedimento, si legge nel comunicato stampa della Presidenza del Consiglio, prevede un ampliamento della categoria dei soggetti punibili per il reato di corruzione nel settore privato, andando a ricomprendere anche quanti all’interno degli enti svolgono attività lavorativa con funzioni direttive. Si ampliano, inoltre, le condotte sanzionabili, prevedendo che siano punite la dazione e la sollecitazione della corresponsione di denaro o altra utilità, si punisce l’istigazione alla corruzione, oggi non punita, e si inaspriscono le sanzioni per l’ente nel caso in cui il corruttore sia soggetto che abbia agito in nome e nell’interesse dell’ente stesso.

Il provvedimento in esame, composto da 7 articoli, riformula, in conformità dei principi di delega, le fattispecie di corruzione tra privati di cui all’articolo 2635 del codice civile, prevede la punibilità anche dell’istigazione alla corruzione tra privati e inasprisce le sanzioni relative alla responsabilità degli enti.

La modifica del codice civile, anziché l’inserimento un nuovo reato in quello penale, è dettata dall’articolo 19, comma 1, lett a) della delega governativa, che imponeva di intervenire “tenendo conto delle disposizioni incriminatrici già vigenti“.

La formulazione del nuovo articolo 2635 del codice civile non circoscrive più le ipotesi corruttive passive ed attive al solo ambito societario, ma le estende ad altri enti privati.

L’articolo 3 del decreto, lasciando inalterato l’apparato sanzionatorio della corruzione tra privati, modifica il primo, terzo e sesto comma del predetto articolo 2635.

Per ciò che concerne la corruzione passiva tra privati vediamo di seguito le principali novità:

  • gli autori del reato che, oltre a soggetti in posizione apicale, possono essere anche coloro che, nella società o ente, esercitano funzioni direttive diverse da quelle di amministrazione e controllo.

La norma in questione è molto più restrittiva rispetto alla decisione quadro, la quale individua come possibile autore dell’illecito anche “il soggetto che svolga attività lavorative di qualsiasi tipo”.

  • La previsione dell’indebito vantaggio per sé o per altri (denaro o altra utilità “non dovuti“) in cambio della violazione degli obblighi di ufficio e di fedeltà;

  • l’introduzione di una specifica fattispecie di corruzione passiva che si realizza con la sollecitazione, da parte dell’intraneo all’ente, della dazione di denaro o altra utilità;

  • la previsione della figura dell’intermediario, quale autore dell’illecito;

  • la fattispecie di reato, che si perfeziona non con la commissione o l’omissione di atti in violazione degli obblighi di ufficio o di fedeltà, come prevede la disciplina vigente, ma in un momento anteriore bastando la semplice sollecitazione, ricezione o accettazione della promessa di denaro o altra utilità, finalizzate al compimento od omissione di un atto in violazione di tali obblighi.

Per quanto riguarda la corruzione attiva tra privati, di cui è autore il soggetto estraneo alla società o all’ente, le principali novità attengono all’introduzione della figura dell’intermediario; all’indebito vantaggio di qualsiasi natura, anche se è assente il riferimento ai terzi come possibili destinatari dell’indebito vantaggio e, infine, all’offerta di denaro o altra utilità ai soggetti sottoposti alla direzione o alla vigilanza di dirigenti.

Di particolare interesse il sesto comma dell’articolo 2635, il quale precisa che la misura della confisca per equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse o offerte.

Sicuramente innovativo l’articolo 4 del decreto legislativo in quanto introduce nel codice civile l’articolo 2635-bis prevedendo la nuova fattispecie penale:“l’istigazione alla corruzione tra privati”.

Anche l’istigazione viene divisa in attiva e passiva. Nella prima, la norma punisce con la reclusione da 8 mesi a due anni colui che, con la finalità della violazione dei doveri di ufficio o di fedeltà, offre o promette denaro o altra utilità indebita a determinati soggetti (amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci, liquidatori o altri soggetti con funzioni direttive) operanti in società e enti privati, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata.

Stesse pene, per le stesse categorie di soggetti, sono previste per l’istigazione passiva. In questo caso i soggetti coinvolti sollecitano per sè o per altri, anche per interposta persona, la dazione o la promessa di denaro o altra utilità, qualora la sollecitazione non sia accettata. La fattispecie in questione corrisponde all’ipotesi di istigazione alla corruzione passiva “pubblica”, di cui all’articolo 322, quarto comma, del codice penale.

L’articolo 5 del decreto-legislativo introduce nel codice civile l’art. 2635-ter, ovvero le pene accessorie che si applicano a carico del condannato per i reati di cui ai predetti articolo 2635, primo comma, e 2635-bis, secondo comma, codice civile, e comporta l’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di cui all’articolo 32-bis del codice penale. Il quale prevede, come conseguenza dell’interdizione, la privazione della capacità del condannato di esercitare, durante l’interdizione, l’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell’imprenditore. La durata dell’interdizione non è a discrezione del giudice ma è pari a quella della pena inflitta con la sentenza di condanna.

L’articolo 6 del menzionato decreto disciplina, infine, la responsabilità delle persone giuridiche in relazione alla corruzione e all’istigazione alla corruzione nel settore privato. La disposizione:

  • aumenta le sanzioni pecuniarie a carico dell’ente previste per la sola corruzione attiva (la disposizione di delega e la decisione quadro fanno invece riferimento a tutte le fattispecie corruttive tra privati) fissandola da 400 e 600 quote.

  • introduce una sanzione pecuniaria da 200 a 400 quote per la sola istigazione attiva (mentre la decisione quadro e la relazione allo schema di decreto non fanno alcuna distinzione tra istigazione attiva e passiva);

  • prevede, altresì, l’applicazione delle sanzioni interdittive di cui all’art. 9, comma 2, del citato decreto legislativo 231/2001 ovvero: l’interdizione dall’esercizio dell’attività; la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Si segnala infine che, secondo la relazione del Governo, l’articolo 7 della decisione quadro – relativo alla competenza dello Stato membro sui reati di cui agli artt. 2635 e 2635-bis del codice civile commessi interamente (o parzialmente) sul suo territorio ovvero commessi a vantaggio di una persona giuridica con sede principale sul territorio di detto Stato – non necessiti di trasposizione nell’ordinamento interno, risultando la materia già regolata dagli articoli 4, 6, 7, 9 e 10 del codice penale.

Il provvedimento è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 75 del 30 marzo 2017 ed entrerà in vigore il prossimo 14 aprile.

8 aprile 2017

Vincenzo Mirra e Fabrizio Stella

1 Per un approfondimento sull’argomento si veda “L’Anticorruzione. Normativa, strumenti operativi e socialità”, di M. Giordano, M. Giua, F. Stella, V. Mirra e D. Corradini, novembre 2015, Filodiritto Editore.