Fra vecchio e nuovo spesometro, tutto per individuare comportamenti fraudolenti

stiamo inviando gli ultimi spesometri annuali 2016… e fra poco sarà già tempo dei nuovi spesometri infrannuali 2017: cerchiamo di capire l’utilità di tale strumento per “intercettare” possibili comportamenti fraudolenti

spesometroIl 10 aprile è stata l’ultima scadenza relativa al vecchio spesometro relativa ai contribuenti che liquidano l’Iva mensilmente. Invece i contribuenti che liquidano l’Iva con periodicità trimestrale dovranno osservare l’adempimento entro la data del 20 aprile prossimo.

La comunicazione delle operazioni riguarda i dati relativi al periodo di imposta 2016. Nel 2017 si applicano le nuove regole previste dal D.L. n. 193/2016. Non solo cambierà la periodicità di invio dei dati, ma anche i contenuti delle informazioni saranno molto diversi.

La prima osservazione riguarda l’effettiva idoneità (o inidoneità) dello strumento ad “intercettare” possibili comportamenti fraudolenti. Ad esempio Tizio potrebbe aver emesso una fattura di importo rilevante senza procedere, successivamente, alla registrazione del documento. In tale ipotesi, il soggetto acquirente, che a sua volta comunicherà la fattura emessa e registrata nelle scritture contabili, dovrebbe rendere possibile il controllo incrociato e quindi individuare il comportamento fraudolento del soggetto che dopo l’emissione del documento avrebbe omesso la registrazione dello stesso.

In numerosi casi l’Agenzia delle entrate ha comunicato ai contribuenti, in passato, il disallineamento (la non perfetta coincidenza) dei dati oggetto di comunicazione. Tuttavia nell’ambito della disciplina dell’Iva la non perfetta coincidenza tra i dati oggetto di comunicazione è fisiologica. Tale situazione è conseguenza diretta dei diversi termini di registrazione delle fatture emesse rispetto a quelle ricevute. Sotto questo profilo il “vecchio” redditometro non è sicuramente in grado di “spiegare” la diversità dei dati oggetto di comunicazione.

L’art. 23 prevede che “il contribuente deve annotare entro quindici giorni le fatture emesse, nell’ordine della loro numerazione e con riferimento alla data della loro emissione…”. Ad esempio, una fattura emessa il 15 giugno dovrà essere registrata entro il 30 giugno dello stesso anno. Conseguentemente la fattura attiva sarà sicuramente oggetto di comunicazione nello stesso anno in cui è avvenuta l’emissione.

Invece la tempistica è completamente diversa per le fatture ricevute. Ai sensi dell’art. 25 del D.P.R. n. 633/1972 le fatture relative ai beni e ai servizi acquistati devono essere registrate anteriormente alla liquidazione periodica, ovvero alla dichiarazione annuale nella quale è esercitato il diritto alla detrazione. Questa disposizione deve essere letta ed interpretata congiuntamente all’art. 19 del medesimo decreto. In particolare, il diritto alla detrazione può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto.

In pratica il soggetto acquirente avrà a disposizione due anni per esercitare il predetto diritto e, conseguentemente, tale termine può essere utilizzato anche ai fini della registrazione della fattura passiva ricevuta.

E’ dunque frequente che, in base alla disposizioni attualmente in vigore, l’anno di registrazione del documento emesso e ricevuto, da ciascuno dei due soggetti (il cedente e il cessionario), sia diverso. In numerosi casi le “segnalazioni” effettuate dall’Agenzia delle entrate circa la correttezza del volume d’affari dichiarato dal soggetto cedente o prestatore non si sono rivelate corrette. Se il soggetto destinatario della prestazione ha registrato la fattura ricevuta non nell’anno stesso, ma nel successivo, la mancata coincidenza dei dati (dei due soggetti) è fisiologica. Tale circostanza si verifica soprattutto con riferimento alle operazioni poste in essere in prossimità della fine dell’anno. Tuttavia, al fine di evitare il possibile accertamento, i contribuenti sono stati obbligati a verificare le ragioni dello scostamento e comunicare all’Agenzia delle entrate, con appositi “canali dedicati”, le ragioni che hanno dato luogo alla non coincidenza dei dati. Ancora una volta l’Agenzia delle entrate che non riesce da esercitare i controlli, “scarica” sugli operatori l’onere di giustificare gli effetti dovuti ad un mero incrocio automatico dei dati.

La situazione dovrebbe migliorare con il nuovo spesometro (D.L. n. 193/2016) i cui dati oggetto di comunicazione sono molto diversi da quelli da indicare con le vecchie regole per l’anno 2016. Dal 2017 non sarà più possibile presentare lo spesometro in forma aggregata. I dati delle fatture dovranno essere indicati analiticamente, cioè per ogni singolo documento. Inoltre dovrà essere indicata anche la data del documento. In questo caso dovrebbe essere possibile riscontrare che il disallineamento dei dati comunicati dal cedente e l’acquirente potrebbe essere dovuto ai diversi termini di registrazione. L’acquirente potrebbe aver registrato la fattura in un anno successivo e la circostanza dovrebbe emergere dal controllo incrociato. E’ auspicabile che, almeno in tale circostanza, l’Agenzia delle entrate, verificando preliminarmente la ragione della diversità, non chieda alcun chiarimento ai contribuenti.

12 aprile 2017

Nicola Forte