I controlli fiscali sui soggetti che adottano gli IAS (IAS adopter)

vediamo quali sono i principi base utilizzati dal Fisco in caso di verifica e accertamento su soggetti IAS adopter: in particolare analizziamo come il fisco considera correttamente utilizzati gli IAS

controlli sui conti correnti agenzia delle entrate1. La prassi dell’Amministrazione finanziaria

Nella C.M. 7/E/2011, premettendo che la rilevanza fiscale dei criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione adottati nei bilanci Ias presuppone che tali principi contabili internazionali siano stati correttamente applicati (tenendo conto dei dati e delle informazioni a disposizione nel momento in cui si vada a redigere il bilancio), l’Agenzia delle Entrate afferma che nel caso in cui la rappresentazione contabile dei fatti di gestione non sia conforme ai principi di redazione secondo i principi contabili internazionali adottati, gli organi verificatori possono entrare in merito effettuando operativamente le rettifiche sulla base dei postulati citati, ovvero secondo la corretta qualificazione, classificazione e d’imputazione temporale, previsti da tali principi.

Tale affermazione appare condivisibile per una piena applicazione di una corretta rappresentazione imprescindibile da parte del contribuente delle c.d. regole del gioco.

Nel caso in cui i principi contabili internazionali consentano di effettuare delle scelte discrezionali in merito all’adozione di specifici criteri, o meglio senza prevedere una sorta di criterio direttivo, gli organi verificatori potranno sindacare in merito alle opzioni adottate, che in base alle circostanze consentono in un ceto tal senso di ottenere indebiti vantaggi fiscali.

Questo orientamento da parte dell’Amministrazione finanziaria suscita però delle enormi perplessità perché sembra presupporre una sorta di derivazione rovesciata, in quanto comporterebbe, senza un preciso sostegno normativo, il venir meno, per ragioni fiscali, della discrezionalità riconosciuta ai principi contabili al redattore del bilancio.

Sempre in tema di controlli, si deve ricordare quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate nel par. 4.3 della C.M. 7/E/2011 riguardante il tema delle operazioni tra soggetti che applicano gli Ias e soggetti che non li applicano, nonché tra soggetti Ias adopter ma che utilizzano diversi criteri di iscrizione e di cancellazione dal bilancio delle attività e delle passività.

Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il principio secondo cui la rilevazione e il trattamento ai fini fiscali di tali operazioni sono determinati, per ciascuno dei soggetti,sulla base della corretta applicazione dei principi contabili da essi adottati, non può comportare la legittimazione indiscriminata delle operazioni in esame anche nel caso in cui da queste derivi il conseguimento di indebiti vantaggi fiscali.

In tale ultima ipotesi resta quindi impregiudicata l’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria in relazione alle norme di contrasto di aspetti elusivi comprese nel T.U.I.R. o in altre specifiche normative.

 

2. Considerazioni sull’accertamento del reddito imponibile per i soggetti Ias/Ifrs

Dopo un percorso normativo interno e comunitario, le società quotate e molte altre grandi imprese sono obbligate ad utilizzare gli IAS ai fini del bilancio civilistico.

Con la modifica degli artt. 83 e 109 del T.U.I.R., dovuta alla Finanziaria 2008, si è data per molti aspetti anche rilevanza fiscale a detti principi contabili, nel sistema del principio di derivazione, in forza del quale il risultato economico del bilancio costituisce il dato di partenza per l’imponibile fiscale IRES mediante le variazioni in aumento e/o diminuzione dovute alla specifica disciplina fiscale in materia di reddito d’impresa.

Ma la parte più innovativa del cambiamento normativo è costituita dalla valenza fiscale, avente carattere di generale applicazione, anche in deroga alla disciplina del reddito fiscale d’impresa, dei «criteri di qualificazione, imputazione a periodo e classificazione in bilancio» previsti dagli IAS/IFRS.

E’ più mirata, invece, la rilevanza fiscale attribuita alla «valutazione» in base agli IAS/IFRS, con un distinguo tra «qualificazione, imputazione a periodo e classificazione in bilancio» e altre questioni valutative, dove il rinvio fiscale generalizzato ai criteri IAS non sussiste.

Questi criteri, di matrice extrafiscale, assumono, sia nel processo di determinazione della base imponibile IRES (ed ancor più in quella dell’IRAP) in sede di redazione della dichiarazione dei redditi, che in quella, successiva, di controllo ed accertamento da parte delle Autorità fiscali, un immediato e diretto rilievo che sembra implicare, rispettivamente da parte del contribuente e dell’Amministrazione finanziaria, un’attività di riscontro della correttezza dell’applicazione di quei principi.

Le problematiche che quindi si possono porre sono di un duplice ordine.

Il primo riguarda l’applicazione dei criteri di qualificazione, imputazione temporale e di classificazione in bilancio contenuti nei principi IAS/IFRS ed il secondo quello che attiene alla «corretta applicazione di tali principi», richiesta ai fini del rilievo fiscale da attribuire alla valutazione di taluni elementi patrimoniali con riflessi reddituali o di componenti di reddito.

Ne possono ovviamente derivare rischi di doppia o nessuna deduzione o tassazione e rischi di distorsioni nei casi di operazioni in cui sono parti i soggetti che redigono il bilancio in base agli IAS/IFRS e quelli che non applicano detti principi; ne è cosciente pienamente lo stesso Legislatore se ha previsto che norme regolamentari, ancora dovranno stabilire i criteri per evitare quegli inconvenienti che altrimenti potrebbero verificarsi.

Nel primo ordine di problematiche s’inserisce a tutta evidenza, con un possibile grande impatto, l’innovativo criterio, di carattere generale, introdotto dagli IAS/IFRS, della «prevalenza della sostanza sulla forma», che implica la riqualificazione del contenuto di atti e negozi giuridici rilevanti per il reddito d’impresa, superando così definizioni ed impostazioni giuridico-formali.

E’ questa, indubbiamente, la più pericolosa tra le possibili reinterpretazioni che possono eseguire gli organi di controllo fiscale, i quali potrebbero procedere alla (ri)qualificazione dei fatti di gestione valutati in termini sostanziali e quindi degli effetti economici che essi determinano, con il rischio che non sia dispiegata la giusta attenzione alla correlazione tra i fenomeni economici, che implica una sensibilità notevole, di carattere culturale, proprio della fiscalità specialistica, tanto di natura economica che giuridica.

E’ allora legittimo nutrire il timore che sommarie ipotesi ricostruttive a carattere pseudo-sostanziale, fondate però su appigli di tipo formalistico, eseguite dagli organi di verifica o da quelli che presiedono all’accertamento, possano, di fatto, implicare una sorta di inversione dell’onere della prova sui soggetti IAS ed aprire a contenziosi i cui contenuti nulla hanno a che vedere con l’evasione vera, che implica la ricerca (faticosa e competente) della sottrazione di ricavi o della dissimulazione di costi.

Sempre a tale primo ordine di problematiche va ricondotta, inoltre, la possibile ricognizione interpretativa in materia di qualificazione, classificazione ed imputazione temporale delle componenti di redditi in base agli IAS che potrebbe essere eseguita dagli organi di controllo fiscale con strumenti interpretativi da sempre applicati nell’ambito della normativa tributaria, storicamente rigida, analitica e spesso ridondante, se non confusa.

Tanto per tentare una prima provocazione, quale potrà essere, ad es., l’approccio, da parte degli organi di controllo fiscale, per valutare la competenza (imputazione a periodo) dei ricavi in base allo IAS 18 con riguardo al trasferimento all’acquirente dei rischi significativi e dei benefici connessi alla proprietà dei beni?

E in quale misura cercheranno di reinterpretare gli schemi contrattuali sottesi alle scelte dell’impresa per l’una o l’altra soluzione (rischi e benefici trasferiti o no)? Ed ancora, le interpretazioni IFRIC e SIC dei principi contabili internazionali hanno o no valenza anche ai fini fiscali e comunque possono assumere un ruolo integrativo (ad es. il SIC-27 riguarda la valutazione della sostanza delle operazioni nella forma legale del leasing) nel valutare la corretta applicazione dei principi contabili internazionali?

Profilo forse ancor più delicato, perché riguarda la «corretta applicazione» dei principi IAS/IFRS, da considerare ovviamente nel contesto in cui detti principi si collocano.

Contesto ovviamente internazionalistico, riguardante la fenomenologia economico-aziendale che male si presta alle rigide impostazioni proprie delle norme tributarie (soprattutto italiane).

E’ stato già osservato proprio sulle pagine come il rinvio alla corretta applicazione dei principi contabili internazionali rovesci la prospettiva storica del principio di derivazione che rendeva intoccabili le componenti valutative del bilancio, fatte salve le disposizioni specificamente dettate dalla legislazione fiscale.

Tal che è ora accreditabile la tesi per cui il Fisco potrà:

«entrare nel merito della corretta applicazione dei principi contabili internazionali operata dall’impresa, con conseguenze potenzialmente disastrose sul versante della serenità del rapporto fisco/contribuente, già fortemente compromesso dalla tendenza a concepire le verifiche fiscali come momento di ‘reinterpretazione’ di comportamenti cui corrispondono imponibili già dichiarati, e con una prevedibile esplosione dei casi di contenzioso su questioni valutative e giuridico-interpretative.

Con l’aggravante che si tratterà di un contenzioso destinato a svolgersi su un terreno complesso e scivoloso, qual è quello dei principi contabili internazionali, intrisi di logiche matematico-attuariali e di considerazioni economico-sostanziali estranee alla nostra tradizione giuridica, e che ci vorrà un certo tempo a metabolizzare».

Né si è mancato di sottolineare che si tratta di un problema di «coordinamento tra IAS e fisco», che:

«esprimono due diverse culture in funzione di un obiettivo spiccatamente tributario» e che «a tal fine bisogna solo comprendere in quale misura i singoli IAS interferiscono con la determinazione della capacità economica ai fini fiscali, con le sue esigenze come la continuità dei valori, i salti di imposta, le simmetrie e le asimmetrie nel corso dei vari periodi di imposta.

Ci sono dunque queste due «serie di valutazioni, quella civile e quella fiscale, ed è sulla loro cerniera, sul loro coordinamento, che devono concentrarsi professionalità che padroneggiano al tempo stesso la sostanza degli IAS e il diritto tributario di impresa».

In entrambi i casi, i rischi che in sede di controllo ed accertamento le autorità fiscali possano essere tentate di eseguire reinterpretazioni a proprio uso e comunque avulse dai contesti segnalati è molto forte e richiede quindi un impegno, soprattutto della dottrina, per ben inquadrare le categorie concettuali utili per ridurre quei rischi.

Credo poi che si debba fare buon uso dei principi propri dell’economicità (tanto per non scomodare quelli dell’analisi economica del diritto) di ciascuna interpretazione dei principi contabili internazionali.

Nel senso che solo l’arbitraria e non ragionevole applicazione di tali principi, rispetto alle pur diverse ipotesi di plausibile applicabilità, potrebbe giustificare la constatazione di incompatibilità delle scelte contabili eseguite dall’impresa rispetto ai principi contabili internazionali, così da giustificare una rettifica fiscale riconducibile ai criteri di qualificazione, competenza economica e classificazione di bilancio in base agli IAS.

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14 marzo 2017

Sabino Losito