la consulenza tecnica d’ufficio nel processo tributario uno strumento processuale ancora poco utilizzato. In questo articolo puntiamo il mouse sui casi in cui è ammissibile e approfondiamo quando ricorrono le valide ragioni per ammetterla
Nomina e natura giuridica
La nomina del consulente da parte del giudice non è discrezionale e presuppone la necessità di acquisire la relazione di un esperto in particolari discipline, valorizzando la sua specifica conoscenza sul versante tecnico.
La consulenza tecnica di ufficio, non essendo qualificabile come mezzo di prova in senso proprio, perché volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze, è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito.
La Commissione tributaria può non ammettere la consulenza tecnica d’ufficio allorché ritenga idonee e sufficienti per la decisione della controversia, le risultanze processuali. La consulenza tecnica d’ufficio non è un mezzo di prova bensì uno strumento di ausilio alla formazione del patrimonio conoscitivo su cui può basarsi la decisione del giudice.
La consulenza può essere disposta purché sia utile per la pronuncia finale (rilevante) e pertanto la nomina del consulente tecnico richiede valide ragioni. L’acquisizione della consulenza tecnica attiene alla fase istruttoria mentre la sua valutazione appartiene alla fase decisoria
L’art. 7 del D.Lgs. n. 546 del 1992 condiziona la possibilità per il giudice tributario di avvalersi della consulenza tecnica alla necessità di “acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità”; in ambito civilistico l’art. 61 c.p.c. più genericamente consente al giudice di avvalersi di uno o più consulenti “quando è necessario”. È consentito, quindi, l’impiego da parte del giudice tributario della consulenza tecnica al fine di esaminare registri e documenti contabili, a condizione che ricorrano questioni tecniche di particolare complessità.
La consulenza è uno strumento di conoscenza tecnica e non una prova1, necessaria o comunque utile, qualora manchino al giudice gli strumenti conoscitivi tecnico-scientifici, in materie che il giudice non è tenuto a conoscere.
Principio iudex peritus peritorum
Le valutazioni del consulente tecnico di ufficio non hanno carattere vincolante per il giudice. Nell’ordinamento vige il principio iudex peritus peritorum, in virtù del quale è sempre consentito al giudice di merito disattendere le argomentazioni tecniche svolte nella relazione dal consulente tecnico d’ufficio, non solo allorché le argomentazioni spese dal consulente siano intimamente contraddittorie, ma anche quando il giudice ritenga di poter sostituire a esse altre argomentazioni, tratte da fonti diverse. In ambedue i casi, invero, l’unico onere incontrato dal giudice è quello di un’adeguata motivazione, esente da vizi logici ed errori di diritto. In sostanza, nella valutazione di una consulenza tecnica d’ufficio, espletata in materia che richieda elevate cognizioni specifiche, è comunque rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, recepire le argomentazioni dell’esperto nominato dall’Ufficio ovvero non recepirle perché considerate non sufficientemente convincenti in rapporto ad altre risultanze (cfr. exmultis sentenze nn. 23362/2012, 282/2009 e 11440/1997; Cass., Sent. n. 3647 del 7 gennaio 2015).
Il giudice del merito non deve fornire un’argomentata e dettagliata motivazione qualora aderisca alle elaborazioni del consulente ed esse non siano state contestate in modo specifico dalle parti. Viceversa, laddove siano state sollevate censure dettagliate e non generiche, il giudice ha l’obbligo di fornire una precisa risposta argomentativa correlata alle specifiche critiche sollevate, corredando con una più puntuale motivazione la propria scelta di aderire alle conclusioni del consulente d’ufficio (Cass. civ. Sez. V, 01-04-2016, n. 6357).
Diniego opposto dal giudice all’ammissione di una CTU
In caso di diniego opposto dal giudice all’ammissione di una CTU, la parte ricorrente deve evidenziarne la concreta rilevanza (in termini di “come” e “perché”), ai fini della decisione della causa2.
Tale istanza di parte non è un’istanza istruttoria in senso stretto, ma è una mera sollecitazione rivolta al giudice; il giudice del merito deve negare la CTU qualora la parte si proponga di supplire3 in tal modo alla insufficienza delle proprie allegazioni di prova, oppure intenda espletare un’indagine meramente esplorativa, alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati o non sufficientemente provati nelle controversie che richiedono accertamenti tecnici; il giudice di merito può disporre consulenza tecnica o altre indagini delegabili d’ufficio al fine di essere coadiuvato nella soluzione di questioni che richiedano una specifica conoscenza tecnica.
Preclusione
Tuttavia, il ricorso a tali mezzi non può esonerare le parti dall’onere probatorio relativo ai fatti da esse assunti, essendo prevista la possibilità di far ricorso a detti mezzi da una norma di carattere eccezionale, con la conseguenza che è preclusa al giudice tributario la possibilità di sopperire alle carenze istruttorie delle parti facendo ricorso all’acquisizione d’ufficio dei mezzi di prova e che l’omesso ricorso, da parte del medesimo giudice, a detti mezzi, non può costituire error in procedendo (Cass. civ. Sez. V, 13-01-2016, n. 404).
La consulenza tecnica non può essere impiegata dal giudice per supplire alle carenze istruttorie delle parti processuali; il giudice non può avvalersene per risolvere questioni di diritto ancorché complesse e concernenti settori specialistici delle discipline giuridiche. In sostanza la Commissione non può “scavalcare” il principio dispositivo che anima il contenzioso tributario, ricorrendo alla consulenza tecnica per colmare deficienze probatorie di una delle parti in causa. Il giudice tributario non può, attraverso l’acquisizione di documenti o di prove sopperire all’onere probatorio che grava sul soggetto onerato, potendo solo integrare gli elementi forniti dalle parti. Il mancato espletamento della CTU può costituire grave carenza de giudice di merito nella rilevazione e nell’esame dei fatti già acquisiti agli atti di causa, che si traduce in un vizio della motivazione della sentenza4.Il giudizio sulla necessità ed utilità di fare ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione è, di regola, incensurabile innanzi alla Corte di Cassazione quando il suo rigetto sia congruamente motivato; in particolare è da ritenersi adeguatamente motivata la decisione del giudice di merito che nell’ipotesi di accertamento bancario rigetti la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio rilevando che la consulenza tecnica di parte non è riuscita a contraddire i risultati del controllo analitico operato dall’Ufficio finanziario, perché dopo le ordinarie voci quali data, dare-avere, ecc., nella colonna giustificazione contabile manca ogni collegamento diretto e concreto tra le singole operazioni in argomento e la documentazione fiscale, sicché la consulenza tecnica d’ufficio risulterebbe inutile e dilatoria (Cass. civ. Sez. V, 29-10-2014, n. 22920).
15 febbraio 2017
Isabella Buscema
1 Il secondo comma dell’art. 7 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, attribuisce alle Commissioni tributarie il potere di disporre la consulenza tecnica d’ufficio e in tale potere officioso deve necessariamente ricomprendersi la facoltà del giudice, ove ritenuto necessario, di richiamare il consulente a chiarimenti ovvero di rinnovare la consulenza peritale, non essendo la consulenza tecnica d’ufficio un mezzo di prova soggetto al potere dispositivo delle parti (Cass. civ. Sez. V, 29-11-2013, n. 26741).
2 In caso di diniego opposto all’ammissione di una consulenza tecnica, la parte ricorrente deve evidenziare la concreta rilevanza, ai fini della decisione della causa, dell’omesso espletamento dell’incombente officioso, vale a dire deve dettagliare come e perché la CTU sarebbe stata concretamente necessaria ai fini di giudicare sulle risultanze acquisite nel corso delle indagini bancarie (Cass. civ. Sez. VI – 5 Ordinanza, 06-06-2016, n. 11554).
3 La consulenza tecnica d’ufficio costituisce un mezzo di ausilio per il giudice, volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti, la cui interpretazione richiede nozioni tecnico-scientifiche, e non un mezzo di soccorso volto a sopperire all’inerzia delle parti; la stessa, tuttavia può eccezionalmente costituire fonte oggettiva di prova, per accertare quei fatti rilevabili unicamente con l’ausilio di un perito (Cass. civ., sez. II, Sent. 18 gennaio 2013, n. 1266).
4 Nelle controversie che richiedono che si proceda ad un accertamento tecnico, il mancato espletamento della consulenza tecnica costituisce una grave carenza nell’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che si traduce in un vizio della motivazione della sentenza. Tuttavia, qualora la parte ricorra in Cassazione per denunciare il vizio della motivazione della sentenza, deve supportare l’asserito vizio con adeguate argomentazioni, comprovando le ragioni per le quali l’accertamento in questione si sarebbe concretamente imposto ed allegando in che modo il consulente tecnico, che per il giudice costituisce strumento di valutazione dei fatti acquisiti in causa e non di acquisizione alla causa delle fonti di prova, avrebbe potuto assolvere il medesimo compito (Cass. civ. Sez. VI – 5 Ordinanza, 06-06-2016, n. 11555).