la gestione di un contratto preliminare per la vendita di un immobile: la corretta applicazione delle imposte indirette (IVA e registro), degli acconti di prezzo e caparra prevista dal contratto; una ottima guida di 12 pagina alla fiscalità delle diverse clausole contrattuali
Capita sovente che, in previsione di una compravendita immobiliare, venga stipulato un contratto preliminare in cui è pattuita la corresponsione di somme il cui trattamento fiscale, ai fini delle imposte indirette, assume connotato diverso in base alla funzione che ad esse si vuole assegnare.
Nel presente Approfondimento porremo specifica attenzione sulle imposte indirette (IVA e registro) dovute in ragione del pagamento di caparre e/o acconti e dei riverberi che questi determinano in sede di sottoscrizione del contratto definitivo di compravendita.
La disciplina del contratto preliminare di vendita
Il preliminare di vendita è il contratto, stipulato in forma scritta, mediante il quale una parte (“promittente venditrice”), si obbliga a vendere all’altra parte (“promissario acquirente”), la proprietà dell’immobile al prezzo e secondo le modalità ed i termini stabiliti nel contratto medesimo, e contestualmente si impegnano a stipulare un nuovo contratto di compravendita, detto definitivo, con il quale verrà trasferita la proprietà.
L’effetto di tale strumento è quello di impegnare entrambe le parti a definire il trasferimento del bene a titolo definitivo, previa la risoluzione dei problemi (ad esempio il reperimento della necessaria provvista finanziaria) che ostano la definizione immediata dell’operazione.
L’articolo 1351, Codice Civile, ne impone la forma scritta a pena di nullità dell’atto medesimo. Testualmente:
“il contratto preliminare è nullo se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo”.
In altre parole il contratto preliminare deve essere redatto in forma scritta e, mediante la sua sottoscrizione, il venditore e l’acquirente assumono l’obbligo giuridico di concludere un contratto definitivo di compravendita mediante il quale avverrà il trasferimento della proprietà (o altro diritto reale) dell’immobile (o degli immobili) oggetto della transazione.
Per maggior precisione la trascrizione deve essere necessariamente certificata mediante atto pubblico, o scrittura privata autenticata, ovvero da scrittura privata con sottoscrizione autenticata giudizialmente.
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Proposta di acquisto e preliminare – quali le differenze?
In tale contesto è importante considerare che il preliminare di vendita rappresenta un contratto completamente diverso dalla proposta di acquisto; ciò sia in termini formali che sostanziali.
Proposta di acquisto
Anzitutto la proposta non prevede alcuna forma obbligatoria e non necessita di nessuna attestazione, secondariamente viene presentata da una sola delle parti (l’acquirente) ed è solo per quest’ultima vincolante.
Rappresenta la formale manifestazione d’interesse dell’acquirente ad acquistare un bene che, nella proposta, deve essere individuato e valorizzato. Dal punto di vista del venditore non rappresenta un accordo ma solo una proposta a cui è libero di fornire assenso o comunicare il rigetto.
Usualmente tale proposta, da recapitare al venditore con modalità in grado di dimostrarne l’avvenuta ricezione, viene presentata unitamente ad una somma di denaro, rilasciata a titolo di “caparra”, la quale diverrà inesigibile per l’acquirente e non fruibile da parte del venditore per tutto il periodo di validità della proposta di acquisto medesima.
Durante questo lasso di tempo:
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l’acquirente può cambiare idea fintanto che non riceva la definitiva accettazione da parte del venditore. Tale facoltà può peraltro essere eliminata redigendo un documento che preveda una proposta “irrevocabile” per un dato periodo;
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il venditore avrà la piena libertà di valutare l’offerta, unitamente alle altre che eventualmente dovesse ricevere.
All’atto di accettazione della proposta la somma lasciata a titolo di “caparra” verrà incassata dal venditore e diventerà vincolante anche per quest’ultimo.
Solo da questo momento si potrà ritenere concluso di fatto un vero e proprio preliminare di vendita.
Preliminare di vendita
Diversamente, il preliminare di vendita, sebbene anch’esso usualmente accompagnato da una somma di denaro depositata a titolo di caparra, vincola entrambe le parti da subito.
Può accadere che, per assecondare le esigenze delle parti, in data successiva alla sua sottoscrizione (così come anche all’accettazione della proposta di acquisto), si decida di redigere un nuovo preliminare nel quale vengano espressamente previste maggiori specifiche non incluse nel documento originario, ovvero nel modulo prestampato usualmente utilizzato per inoltrare la proposta.
Si pensi ad esempio al caso in cui il termine fissato in sede di proposta di acquisto non possa essere rispettato dall’acquirente a causa di ritardi nell’erogazione del finanziamento da parte dell’istituto di credito, oppure all’evenienza che il venditore si accorga che gli impianti interni all’abitazione oggetto di compravendita non siano a norma e necessiti di un maggior termine per regolarizzare quanto necessario.
In ogni caso per stipulare un nuovo preliminare in modifica e/o integrazione di quanto già sottoscritto, si rende necessario il consenso di entrambe le parti, in assenza del quale si possono verificare due ipotesi:
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si annullano tutti gli accordi precedenti con la conseguente perdita della caparra da parte del proponente, ovvero l’obbligo di restituzione da parte del venditore;
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si rispettano obbligatoriamente gli impegni assunti con la sottoscrizione della proposta d’acquisto.
Ovviamente la sussistenza della seconda possibilità rende preferibile non sottoscrivere proposte di acquisto assai divergenti da un vero e proprio preliminare, soprattutto con riferimento:
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alla definizione del corrispettivo;
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alle modalità di pagamento;
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alla descrizione dell’immobile;
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alle eventuali garanzie richieste.
La trascrizione del contratto preliminare
Come abbiamo già avuto modo di evidenziare in precedenza, il contratto preliminare di vendita vincola giuridicamente le parti contraenti fin dal momento della sua sottoscrizione.
Tale affermazione, in prima analisi scontata, in realtà nasconde un’insidia; dal momento che l’obbligo giuridico sussiste solo ed esclusivamente fra il promittente venditore ed il promissario acquirente, nulla osta che (nonostante la firma del preliminare) il venditore possa, rispetto al medesimo immobile:
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definire nuovi accordi di vendita con soggetti diversi dal promissario acquirente;
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costituire su di esso diritti reali di godimento (ad esempio un diritto di usufrutto);
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iscrivere ipoteche.
Di fronte al verificarsi di una delle seguenti eventualità il promissario acquirente non può invocarne l’annullamento; potrà solo limitarsi a promuovere una richiesta di risarcimento del danno contro, ovviamente, il promittente venditore.
Non di meno potrebbe accadere che, per cause non imputabili al promittente venditore, vengano esperite azioni da parte di terzi quali ipoteche giudiziali, piuttosto che pignoramenti od anche sequestri, che di fatto rendono impossibile il completamento dell’operazione immobiliare cha ha dato origine alla stipula del contratto preliminare.
Per evitare tutti questi potenziali rischi il promissario acquirente può tutelarsi facendo trascrivere il contratto preliminare secondo le modalità previste dall’articolo 2645-bis del Codice Civile, il quale testualmente sancisce che:
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“I contratti preliminari aventi a oggetto la conclusione di taluno dei contratti di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) dell’articolo 2643, anche se sottoposti a condizione o relativi a edifici da costruire o in corso di costruzione, devono essere trascritti se risultano da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente;
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la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione dei contratti preliminari di cui al comma 1, ovvero della sentenza che accoglie la domanda diretta a ottenere l’esecuzione in forma specifica dei contratti preliminari predetti, prevale sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite contro il promittente alienante dopo la trascrizione del contratto preliminare;
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gli effetti della trascrizione del contratto preliminare cessano e si considerano come mai prodotti se entro un anno dalla data convenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo, e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione predetta, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare o della domanda giudiziale di cui all’articolo 2652, primo comma, numero 2);
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i contratti preliminari aventi ad oggetto porzioni di edifici da costruire o in corso di costruzione devono indicare, ai soli effetti di questo articolo, la quota del diritto spettante al promissario acquirente relativa all’intero costruendo fabbricato espressa in millesimi e calcolata sulla base della superficie utile prevista da apposito elaborato redatto da tecnico abilitato, asseverato con giuramento e allegato al contratto;
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nel caso previsto nel comma 4 la trascrizione è eseguita con riferimento al bene immobile per la quota determinata secondo le modalità di cui al comma stesso.
Non appena l’edificio viene ad esistenza gli effetti della trascrizione si producono rispetto alle porzioni materiali corrispondenti alle quote di proprietà predeterminate nonché alle relative parti comuni.
L’eventuale differenza di superficie o di quota contenuta nei limiti di un ventesimo rispetto a quelle indicate nel contratto preliminare non produce effetti; -
ai fini delle disposizioni di cui al comma 5 si intende esistente l’edificio nel quale sia stato eseguito il rustico, comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità, e sia stata completata la copertura”.
In altre parole con la trascrizione – che deve essere eseguita obbligatoriamente da un Notaio entro 30 giorni dalla stipula del contratto – l’accordo preliminare viene inserito, nei termini previsti dalla legge, nei Registri Immobiliari; prima viene effettuata la trascrizione e prima gli effetti saranno operativi.
In pratica per mezzo dell’iscrizione del compromesso presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari, il promissario acquirente si garantisce una sorta di “prelazione” che, con la sola sottoscrizione del contratto preliminare, non avrebbe.
Così facendo altre eventuali vendite dello stesso immobile, al pari di tutti gli altri atti sopra menzionati, conclusi dal promittente venditore, non pregiudicano i suoi diritti.
Volendo usare altri termini, per mezzo della trascrizione il promissario acquirente prenota l’immobile anticipando i diritti che sarebbero effettivi solo al momento dell’atto definitivo.
Non di meno, provvedendo alla trascrizione, l’acquirente potrà far valere le disposizioni ex articolo 2775-bis, Codice Civile (“Credito per mancata esecuzione di contratti preliminari”) in virtù delle quali è riconosciuto privilegio speciale sul bene immobile oggetto del contratto preliminare, rispetto il rimborso degli eventuali acconti pagati, ovvero alla restituzione del doppio della caparra.
Testualmente il legislatore prevede che:
“Nel caso di mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis, i crediti del promissario acquirente che ne conseguono hanno privilegio speciale sul bene immobile oggetto del contratto preliminare, sempre che gli effetti della trascrizione non siano cessati al momento della risoluzione del contratto risultante da atto avente data certa, ovvero al momento della domanda giudiziale di risoluzione del contratto o di condanna al pagamento, ovvero al momento della trascrizione del pignoramento o al momento dell’intervento nella esecuzione promossa da terzi.
Il privilegio non è opponibile ai creditori garantiti da ipoteca relativa a mutui erogati al promissario acquirente per l’acquisto del bene immobile nonché ai creditori garantiti da ipoteca ai sensi dell’articolo 2825-bis”.
Ciò significa in altre parole che, in caso di ripartizione del ricavato derivante dalla vendita “forzata” dell’immobile, il promissario acquirente acquisisce il diritto di essere preferito ad altri creditori e quindi di essere pagato prima. Ciò a valere anche nel caso di fallimento del venditore e conseguente mancato adempimento del contratto preliminare.
È d’altro canto opportuno considerare che le tutele di cui si è argomentato finora trovano fondamento solo a condizione che il contratto definitivo venga trascritto entro un anno dalla data convenuta tra le parti per la sua conclusione, e comunque entro 3 anni dalla trascrizione del preliminare.
Stante quanto sopra si può concludere, in sinesi, che la trascrizione è auspicabile:
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in previsione di un ampio lasso di tempo definito fra la data di stipula del preliminare e la data di stipula del contratto definitivo;
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qualora l’importo da versare a titolo di caparra o di acconto sia rilevante;
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qualora vi sia il rischio di azioni di terzi per insolvenza del venditore (ad esempio il venditore imprenditore e come tale fallibile).
Gli acconti e la caparra
Come abbiamo già avuto modo di premettere, in sede di stipula di un contratto preliminare, è prassi che il promissario acquirente versi a favore del promittente venditore una somma a titolo di “anticipo” che può assumere significati differenti.
Di norma infatti, per confermare la validità della proposta, il proponente versa una somma di denaro a titolo di caparra la quale può essere “confirmatoria”, ovvero “penitenziale”, dove:
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per caparra confirmatoria (articolo 1385, Codice Civile) si intende la consegna all’altra parte di una somma di denaro (o altre cose fungibili) a conferma del vincolo assunto.
Se la parte che ha concesso la caparra si rende inadempiente, l’altra parte può recedere dal contratto e trattenere la caparra.
Se inadempiente è la parte che ha ricevuto la caparra, l’altra parte può sempre recedere e richiedere il doppio di quanto versato; si tratta comunque di facoltà concessa all’interessato che può in ogni caso insistere per l’adempimento, e richiedere il risarcimento per l’ulteriore danno subito.
Resta inteso che, per costante giurisprudenza, chi si avvale della caparra confirmatoria non potrà agire per ottenere il risarcimento dei maggiori danni in quanto tali due rimedi vengono ritenuti non cumulabili; -
per caparra penitenziale (articolo 1386, Codice Civile) si intende il corrispettivo del diritto di recesso stabilito convenzionalmente.
Chi decide di recedere deve dare all’altra parte quanto pattuito a titolo di caparra penitenziale e l’altra parte non potrà chiedere altro.
Qualora però la vendita si perfezioni, quanto versato a titolo di caparra sarà portato a riduzione del prezzo finale.
Contestualmente al versamento della caparra possono essere previsti ulteriori pagamenti a titolo di acconti (o rate di prezzo) che possono arrivare fino alla data di stipula del rogito definitivo.
In previsione di tale dilazione di pagamento è opportuno specificare, nell’ambito del contratto preliminare:
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le relative scadenze;
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le modalità con le quali tali somme dovranno essere versate dal promissario acquirente;
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l’importo di ogni versamento.
Inutile forse evidenziare che è di rilevante importanza, sia ai fini amministrativi che fiscali, indicare esplicitamente nel contratto preliminare se le somme versate, o da versare prima del rogito, assumano connotato di caparra confirmatoria, ovvero di acconto di prezzo.
L’imposta di registro
In tema di imposta di registro è opportuno effettuare una differenziazione:
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in presenza di caparra confirmatoria sull’importo versato è dovuta l’imposta di registro ai sensi del combinato disposto degli articoli 6 e 10 della Tariffa, D.P.R. n. 131/1986 (TUR);
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in presenza di acconto di prezzo, qualora la compravendita sia assoggettata ad imposta di registro, l’imposta sarà applicata nella misura del 3%, in virtù del combinato disposto ex articolo 9 e 10 della medesima Tariffa.
Inoltre, la nota a margine del citato articolo 10 della Tariffa stabilisce che se il contratto preliminare:
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“… prevede la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria si applica il precedente articolo 6 (aliquota dello 0,50%)”;
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“… prevede il pagamento di acconti di prezzo non soggetti all’IVA … si applica il precedente articolo 9 (aliquota del 3%)”.
Infine, al momento del perfezionamento del contratto definitivo, tanto la caparra quanto l’acconto diverranno parte del corrispettivo pattuito ed, in quanto tali, concorreranno a formare la base imponibile.
Ciò significa in altre parole che, al momento della sottoscrizione del rogito, la caparra confirmatoria muta la propria natura giuridica divenendo acconto del prezzo di vendita del bene.
L’Imposta sul Valore Aggiunto
Per ciò che concerne il versamento dell’acconto, è noto che questo rilevi ai fini IVA in ragione dell’articolo 6, D.P.R. n. 633/72, in quanto rappresentazione di un anticipo del prezzo complessivamente pattuito.
Di conseguenza il cedente è obbligato, qualora soggetto passivo d’imposta, ad emettere fattura con addebito d’IVA.
D’altro canto è ben noto che, in base al disposto ex articolo 40, D.P.R. n. 131/1986 (alternatività IVA – registro) e successive modificazioni, in presenza di un documento IVA l’imposta di registro non è dovuta.
Per ciò che concerne il trattamento IVA della caparra confirmatoria è opportuno considerare l’ordinanza n. 10306/2015 della Corte di Cassazione in base alla quale, in linea di principio generale “Il versamento di caparre confirmatorie a corredo di contratti preliminari di compravendite di immobili, rimasti poi inadempiuti, non determina l’insorgenza del presupposto impositivo dell’IVA”.
Nel caso di specie gli ermellini hanno emanato tale disposizione a seguito del ricorso di una società che aveva impugnato un avviso di accertamento dell’Ufficio nel quale, tra l’altro, si contestava il mancato assoggettamento ad IVA di somme riqualificate come acconti, anziché come caparre, a corredo di contratti preliminari rimasti inadempiuti.
Sulla scorta di tale pronuncia appare opportuno soffermarsi sulle differenze che sorgono in ambito IVA nell’ipotesi in cui le somme erogate abbiano connotato di caparra confirmatoria piuttosto che di acconto-prezzo.
Nell’occasione il ricorso in Cassazione era stato presentato dall’Amministrazione Finanziaria dopo che le Commissioni, di primo e secondo grado, avevano accolto l’opposizione del contribuente il quale sosteneva la non rilevanza delle somme ricevute a titolo di indennizzo, ai fini IVA.
Per giungere a tale conclusione, la Corte ricorda che la caparra risponde ad “autonome funzioni”:
- configura l’indizio della conclusione del contratto;
- configura un incentivo a dare esecuzione al contratto, considerato che colui che l’ha versata potrà perdere la relativa somma e la controparte potrà essere, eventualmente, tenuta a restituire il doppio di quanto ricevuto in caso di inadempimento ad essa imputabile;
- può svolgere funzione di anticipazione del prezzo nel caso di regolare esecuzione del “preliminare”, costituendo, invece, un risarcimento forfetario in caso d’inadempimento, in quanto il suo versamento dispensa dalla prova del quantum del danno subito in caso di inadempimento della controparte, salva la facoltà di richiedere il risarcimento del maggior danno (Cassazione n. 2634/2009; sulla funzione risarcitoria, Cassazione n. 19762/2014, Cassazione n. 9367/2012)
Sulla scorta di queste premesse la Corte ha chiarito inoltre che:
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nell’ipotesi di regolare adempimento del contratto preliminare, la caparra (se imputata al prezzo previsto dal contratto definitivo) è assoggettata ad IVA per due motivi:
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incide sulla base imponibile della cessione;
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integra il presupposto impositivo dell’imposta (articolo 6, D.P.R. n. 633/72);
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in caso di inadempimento la stessa verrà “trattenuta” (o corrisposta in misura doppia, se è inadempiente la parte che l’ha ricevuta) assolvendo la funzione di risarcimento del danno. Tale evenienza distoglie la caparra dalla funzione di corrispettivo e, quindi, la esclude dalla base imponibile IVA; in tal senso anche la Corte di Giustizia, causa n. C-277/05 del 18 luglio 2007.
Successivamente i giudici aggiungono che:
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la caparra configura un contratto autonomo rispetto al contratto (il preliminare, nel caso di specie): “distinguendosi dai versamenti di acconti, che costituiscono soltanto anticipazioni del prezzo e, quindi, adempimenti parziali anticipati delle future cessioni, rilevanti ai fini del suddetto presupposto d’imposizione”;
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il pagamento di somme di denaro eseguito a titolo di caparra di un contratto di compravendita di un immobile è oggetto di fatturazione solo nella misura in cui tali somme siano destinate ad anticipazione del prezzo per l’acquisto del bene, accertabile dal giudice di merito in base ad elementi intrinseci ed estrinseci al contratto (Cassazione n. 1320/2007; Cassazione n. 5982/2014).
In sintesi quindi, al momento della sua corresponsione, la caparra va assoggettata ad imposizione tenendo conto della natura sua propria di risarcimento forfetario anticipato del danno da inadempimento, risultando così esclusa da IVA e soggetta ad imposta proporzionale di registro dello 0,50%.
Qualora però il contratto abbia piena ed effettiva esecuzione, e la caparra venisse imputata a corrispettivo, questa diventerà “acconto” e, di conseguenza, confluirà nella base imponibile IVA della cessione. In caso di inadempimento, ovviamente, l’imponibilità IVA è esclusa.
La caparra confirmatoria e la stipula del contratto definitivo
Appurato che, in linea di principio generale, si può ritenere la caparra confirmatoria esente da IVA fintanto che non assume connotato di acconto-prezzo, ci si chiede cosa accade, dal punto di vista fiscale, in sede di stipula del contratto definitivo.
In particolare vogliamo capire quale sia il corretto comportamento in presenza di imposte pagate su caparra e acconti in corso di preliminare che devono essere – correttamente – scomputate in sede di registrazione del contratto definitivo.
Sul tema è opportuno fare riferimento alla nota all’articolo 10 della Tariffa, parte prima allegata al D.P.R. n. 131/1986, la quale dispone che l’imposta di registro pagata in riferimento alla caparra confirmatoria (così come quella versata per gli acconti-prezzo) sia imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo.
La disposizione potrebbe però determinare criticità qualora l’imposta di registro dovuta per il contratto definitivo risulti inferiore rispetto a quella scontata in sede di preliminare per il pagamento di caparra e acconti.
Al verificarsi di tale situazione il problema non è tanto definire la tassazione del contratto definitivo, chiaramente disciplinata, ma se le previsioni contenute nel citato articolo 10, che ne definiscono il meccanismo di imputazione, comportino che l’imposta principale dovuta per il definitivo rappresenti il limite massimo per la tassazione dell’operazione in fase di preliminare.
Se così fosse la tassazione della caparra e degli acconti sarebbe vincolata già in origine, qualora questa abbia ad oggetto operazioni immobiliari che scontano aliquote agevolate (si pensi all’acquisto prima casa).
In caso contrario sarebbe necessario pagare interamente l’imposta proporzionale per il preliminare e richiedere, successivamente, a seguito della tassazione del definitivo in misura inferiore, il rimborso dell’eccedenza di imposta.
Quest’ultima impostazione, prospettata dal notariato già nel 2007 e condivisa da parte della dottrina, trova giustificazione se si ritiene unica l’operazione che cronologicamente prevede prima la stipula di un contratto preliminare e poi quella del definitivo.
A ben vedere l’impianto sarebbe coerente anche con la disciplina IVA la quale prevede l’applicazione, alle anticipazioni pattuite in sede di preliminare, dei regimi di favore spettanti in sede di stipula del contratto definitivo, oppure, qualora nel preliminare non ne sussistano i requisiti, di operare, in relazione alle fatture emesse in tale sede, una variazione in diminuzione dell’imposta ex articolo 26, D.P.R. n. 633/1972, anche oltre il decorso di un anno dall’emissione (possibilità riconosciuta con la Risoluzione n. 187/E/2000).
Permane in ogni caso il dubbio se il limite massimo d’imposta previsto per il contratto definitivo trovi applicazione anche nel caso in cui questo sia “soggetto a IVA”.
La perplessità sorge in virtù della sussistenza della già richiamata alternatività IVA-registro in quanto, a fronte dell’assolvimento dell’imposta di registro proporzionale, in sede di registrazione del contratto preliminare, relativa all’importo concordato a titolo di caparra confirmatoria (non avente anche natura di acconto-prezzo), corrisponda il pagamento dell’Imposta sul Valore Aggiunto in sede di contratto definitivo.
Al riguardo la dottrina si è divisa fra chi ritiene la soluzione non sanabile in assenza di una specifica previsione di rimborso dell’imposta di registro pagata sulla dazione della caparra e chi, per contro, ritenere inammissibile il rimborso dell’imposta di registro, specie ove la caparra venga imputata a corrispettivo in sede di un definitivo imponibile agli effetti dell’IVA.
È anche per questi dubbi interpretativi della norma fiscale che, in sede di redazione dei contratti preliminari relativi ad immobili strumentali soggetti a IVA ed imposta di registro in misura fissa, non viene quasi mai previsto il versamento di somme a titolo di caparra confirmatoria.
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NdR: Ptrebbe interessarti anche…Cessione contratto preliminare: applicazione dell’IVA
26/9/2016
Alessandro Tatone e Gianfranco Costa