Processo tributario: analisi di alcune particolari questioni processuali

in vista dell’evento del 16-17 dicembre a Bologna approfondiamo alcune situazioni particolari che possono emergere nel processo tributario: il termine perentorio per il deposito di documenti e l’inutilizzabilità delle prove non ammesse

  • banner-wp-evento-villani-dicembre-2016A. NATURA DEL PROCESSO TRIBUTARIO

La Corte di Cassazione ha più volte avuto modo di affermare (Cass. nn. 3330/2008,. 16049/2005 e 12700/2001) il principio per cui nel processo tributario, in ragione della sua natura di processo di impugnazione di atti autoritativi dell’Amministrazione finanziaria, le ragioni poste a base dell’atto impugnato (che contiene l’enunciazione di dette ragioni, oltre che dei relativi presupposti di fatto, stabilendo, nel contempo, i limiti dell’oggetto del giudizio) si intendono acquisite agli atti del processo, con la conseguenza che l’Amministrazione, qualora in primo grado le questioni di merito poste a fondamento dell’atto impugnato non siano state esaminate, in quanto ritenute assorbite dall’accoglimento di altre questioni preliminari proposte dal contribuente, non ha l’onere di riproporle nell’atto di appello, potendo esse ritenersi sottratte al dibattito processuale soltanto a seguito di precisa volontà manifestata dall’Amministrazione stessa.

  1. TERMINE PERENTORIO PER IL DEPOSITO DI DOCUMENTI

All’uopo è sufficiente ribadire il principio espresso dalla Corte di Cassazione (sentenze nn. 2787/2006, e 23580/2009) secondo cui “In tema di contenzioso tributario, l’art. 58 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n.546 fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti consentiti dall’art. 345 cod. proc. civ., ma tale attività processuale va esercitata, stante il richiamo operato dall’art. 61 del citato d.lgs. alle norme relative al giudizio di primo grado, entro il termine previsto dall’art. 32, comma primo, dello stesso decreto, ossia fino a venti giorni liberi prima dell’udienza con l’osservanza delle formalità di cui all’art. 24, comma primo”.

Tale termine, anche in assenza di espressa previsione legislativa, deve ritenersi di natura perentoria, e quindi sanzionato con la decadenza, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie (rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio).

Con la conseguenza che resta inibito al giudice di appello fondare la propria decisione sul documento tardivamente prodotto, anche nel caso di rinvio meramente “interlocutorio” dell’udienza su richiesta del difensore, o di mancata opposizione della controparte alla produzione tardiva, essendo la sanatoria a seguito di acquiescenza consentita con riferimento alla forma degli atti processuali e non anche relativamente all’osservanza dei termini perentori (art. 153 c.p.c.).

Il suddetto principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione, Quinta Sezione Civile Tributaria, con la sentenza n. 26741 depositata il 29 novembre 2013.

  1. INUTILIZZABILITA’ DELLE PROVE RIFIUTATE

Si cita l’art. 32, cc. 3 e 4 (nel testo vigente ratione temporis, corrispondenti agli attuali commi 4 e 5), DPR n. 600/73 (“3. Le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’Ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’Ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta. 4. Le cause di inutilizzabilità previste dal terzo comma non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile“) e si cita l’art. 52, c. 5, DPR n. 633/72 (“I libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione“).

Costante è la giurisprudenza della Corte secondo cui i documenti prodotti dal contribuente nel giudizio tributario in cui si controverta sulle Imposte Dirette, dei quali abbia in precedenza rifiutato l’esibizione all’amministrazione finanziaria, non possono essere presi in considerazione ai fini del decidere, anche in assenza di una eccezione in tal senso dell’amministrazione resistente (cfr. Sez. Unite, n. 45 del 25/2/2000, RV; da ultimo Sez. 5, n. 24503 del 2/12/2015).

La condotta rilevante ai fini dell’applicazione della sanzione di inutilizzabilità delle prove, definita dalla norma come “rifiuto”, implica la coscienza e volontà dell’azione intesa ad impedire la esibizione dei documenti richiesti dai verificatori e, dunque, presuppone non soltanto la esistenza ma anche la disponibilità di tali documenti da parte del contribuente, venendo meno il “rifiuto” tutte le volte in cui l’ostensione della prova sia impedita per cause non imputabili al contribuente (forza maggiore; fatto del terzo; caso fortuito) (v. sentenze sopra citate).

A tale conclusione deve pervenirsi anche in materia IVA, pur in difetto di una previsione espressa contenuta nell’art. 52, c. 5, DPR n. 633/1972, dovendo essere privilegiata una interpretazione sistematica della norma tributaria costituzionalmente orientata agli artt. 3, 24 e 53 Cost. con la parallela preclusione alla utilizzabilità probatoria dei documenti “non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’Ufficio” prevista in materia di imposte sui redditi dall’art. 32, c. 3 (attuale comma 4), del DPR n. 600/73, disposizione che subisce una limitazione al successivo comma 4 (attuale comma 5), Iaddove è prescritto che la inutilizzabilità probatoria dei documenti favorevoli al contribuente non esibiti all’Ufficio verificatore, non opera “nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile“.

Tale disposizione chiarisce, infatti, il significato e la portata della sanzione della inutilizzabilità amministrativa e processuale del documento di cui è stata “rifiutata” la esibizione, consentendone la produzione oltre i termini assegnati nella richiesta formulata dall’Ufficio e rimasta inevasa nel caso in cui sia allegato e dimostrato dal contribuente che la mancata esibizione è dipesa da cause esterne alla sua sfera di controllo: ipotesi che ricorre, evidentemente, esclusivamente nel caso in cui il documento preesisteva alla richiesta dell’Ufficio, ma non era nella attuale disponibilità del contribuente, essendone questi venuto in possesso soltanto successivamente.

Pertanto, non soltanto in materia di Imposte Dirette ma anche nella materia IVA, ove sussista il fatto di forza maggiore, da un lato, non viene in rilievo la sanzione di inutilizzabilità comminata dall’art. 52, comma 5, DPR n. 633/72; dall’altro il documento, successivamente rinvenuto o comunque acquisito dal contribuente, può essere utilizzato nel giudizio tributario secondo le forme ed i termini previsti dalle norme processuali per la introduzione nel giudizio delle prove precostituite (artt. 24 e 58, c. 2, D.Lgs. n. 546/1992).

I suddetti principi sono stati ultimamente ribaditi dalla Corte di Cassazione, Sez. Tributaria Civile, con la sentenza n. 22743 depositata il 9 novembre 2016.

12 novembre 2016

Maurizio Villani

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