Il controllo formale non può revocare il credito d'imposta: la cartella è nulla!

Se il mancato riconoscimento del credito d’imposta deriva da un mero controllo formale ex art. 36-bis, è nulla la cartella di pagamento emessa dall’Agente della riscossione; in questo articolo analizziamo le principali sentenze in tema di controllo formale che revoca il credito d’imposta (sia di merito che di legittimità) e proponiamo alcuni utili spunti difensivi

Se il mancato riconoscimento del credito d’imposta deriva da un mero controllo formale ex art. 36-bis. D..P.R. n. 600/73, è nulla la cartella di pagamento emessa dall’Agente della riscossione.

Il consolidato orientamento di Corte di Cassazione (cfr. recentissima Sent. n. 19860, dep. il 05.10.2016) che ha – ripetutamente – censurato l’operato di Direzioni provinciali ed Enti di riscossione, è largamente condiviso anche da dominante giurisprudenza di merito.

 

 

AMBITO NORMATIVO

controlli formali del fiscoIl comma 2, art. 42, D.P.R. 29/09/1973, n. 600, prevede che l’avviso di accertamento deve recare l’indicazione dell’imponibile o degli imponibili accertati, delle aliquote applicate e delle imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle ritenute di acconto e dei crediti d’imposta.

L’atto impositivo, quindi, deve essere motivato in relazione ai presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e in relazione a quanto stabilito dalle disposizioni di cui ai precedenti articoli che sono state applicate, con distinto riferimento ai singoli redditi delle varie categorie e con la specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che giustificano il ricorso a metodi induttivi o sintetici e delle ragioni del mancato riconoscimento di deduzioni e detrazioni.

Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto ne’ ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale.

L’art. 7 dello Statuto dei diritti del Contribuente L. 212/2000, e l’art. 3 della L. 241/90 stabiliscono che ogni atto posto in essere dell’amministrazione deve essere debitamente motivato, in modo da consentire la ricostruzione dell’Iter logico Giuridico alla base della pretesa.

L’articolo 10 sempre dello Statuto dei diritti del Contribuente può ritenersi rispettato solo allorquando nella cartella di pagamento siano presenti le minime indicazioni strumentali ad una verifica della correttezza degli importi avanzati, in caso contrario l’iscrizione a ruolo non può che essere ritenuta carente nella motivazione e di conseguenza, nulla.

La giurisprudenza ai più alti livelli ha sancito, in modo pacifico, che l’obbligo motivazionale vale anche per le cartelle di pagamento siccome:

  • la motivazione non è un requisito riservato ai soli avvisi di accertamento (Corte di Cassazione, 16 maggio 2007, sentenza n. 11251);

  • la legittimità di un atto amministrativo privo di motivazione contrasterebbe oltre che con la L. n. 241/90, con gli articoli 3 e 24 della Costituzione (Corte di Cassazione, 11 febbraio 2005, n. 2819);

  • la motivazione di un atto amministrativo rappresenta un obbligo per la Pubblica Amministrazione (Corte Costituzionale, pronuncia 21 aprile 2000, n. 117).

 

 

REVOCA DI AGEVOALZIONE TRAMITE PROCEDURA EX ART. 36-BIS

Capita, di sovente, nella prassi quotidiana, di ricevere iscrizioni a ruolo contenenti una prestampata motivazione che si limita a comunicare al contribuente il recupero degli importi compensati ai sensi di una specifica normativa agevolativa.

Ci si chiede se una siffatta motivazione sia in grado di “…porre il contribuente nelle condizioni di conoscere la pretesa impositiva, in modo da consentirgli di valutare attentamente l’impugnazione e quindi di contestare compiutamente la pretesa del fisco…” (Corte di Cassazione, sentenza 20 settembre 2013, n. 21564).

 

 

IL PENSIERO DEI GIUDICI DELLA CORTE DI CASSAZIONE

L’argomento relativo alla legittimità di una iscrizione a ruolo riferita alla revoca di una agevolazione tributaria è stato più volte affrontato dai Giudici del Supremo Collegio.

In termini generali, qualora il provvedimento impugnato risulti viziato da carenza di motivazione, il giudice tributario deve limitarsi ad una pronuncia di annullamento, senza quindi proseguire ulteriormente l’indagine sull’effettiva sussistenza del debito di imposta e sostituirsi quindi all’Amministrazione finanziaria. (Cass. Sent. n. 11461 del 3 novembre 1995, Cass. SS.UU. 2 aprile 1986, n. 2246), dovendo in tale ipotesi il giudice tributario limitarsi ad una pronuncia d’annullamento (Cass. SS.UU. 26 ottobre 1988, n. 5782).

Con sentenza 19860, depositata il 5 ottobre 2016, i Giudici della Corte di Cassazione hanno confermato, in virtù di una consolidata giurisprudenza di legittimità, che il disconoscimento dell’agevolazione per incrementi occupazionali presuppone l’emissione di un accertamento in rettifica.

Si legge nelle motivazioni della sentenza che

“…la diretta iscrizione a ruolo delle imposte in modo automatizzato, cioè a norma degli articoli 36-bis D.P.R. n. 600/73, e 54-bis. D.P.R. n. 633/72, è ammissibile e quindi può evitare l’atto di rettifica o di accertamento, quando il dovuto sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente, o di una semplice correzione di errori materiali o di calcolo…”. (Cassazione n. 8140 del 2012; n. 14070 del 2011 e 12762 del 2006).

 

In sostanza, con l’iscrizione a ruolo a seguito di controllo automatizzato “…non possono risolversi questioni giuridiche…” e di conseguenza, osservano i Giudici di Piazza Cavour la negazione del beneficio è illegittima, con conseguente nullità della cartella di pagamento notificata dall’Agente della riscossione.

Ed ancora Corte di Cassazione, con sentenza n. 22489 depositata in cancelleria il 4.11.2015, secondo cui

“…l’assenza dell’iter logico giuridico che ha indotto l’ufficio accertatore ad iscrivere a ruolo gli importi asseritamente dovuti costituisce una causa di nullità della cartella di pagamento …”.

Il disconoscimento di una agevolazione non può quindi certamente essere ricondotto al mero controllo cartolare, in quanto necessariamente implica verifiche e valutazioni di natura giuridica. Tutto ciò che non è immediatamente desumibile da quanto dichiarato dal contribuente, non può essere rettificato ovvero preteso tramite i cosiddetti avvisi bonari, e cartelle di pagamento.

A tale principio si è espresso il Supremo Collegio con esemplare sentenza 23.10.205, n. 21584, i Giudici della Corte di Cassazione hanno statuito che

“…E’ nulla la cartella emessa per “recupero di cartella crediti d’imposta per incremento occupazionale ed investimenti in aree svantaggiate” qualora non sia stata emessa a seguito di un mero accertamento in rettifica o quanto meno di un preventivo avviso bonario, al fine di rendere edotto il contribuente prima di procedere alla relativa iscrizione a ruolo…”.

 

Tra i precedenti del Supremo Collegio degna di rilievo è anche la pronuncia di Corte di Cassazione 16.12.2009, n. 26330, secondo cui è priva di motivazione una cartella di pagamento emessa a seguito di liquidazione ex art. 36-bis del DPR n. 600/1973

“sul presupposto che nella cartella non c’è alcuna precisazione circa il mancato riconoscimento del credito di imposta a …”.

 

Un’altra sentenza dello stesso tenore Cassazione Sez. V Tributaria, sentenza n. 24912 del 10.10.2008, ha stabilito che, contrariamente a quanto affermato da EQUITALIA, gli atti esattoriali emessi dal concessionario della riscossione devono essere debitamente motivati alla stessa stregua dell’agenzia delle Entrate.

 

ORIENTAMENTI DELLE CORTI DI MERITO

Il consolidato orientamento di Corte di Cassazione che ha – ripetutamente – censurato l’operato di Direzioni provinciali ed Enti di riscossione è largamente condiviso da dominante giurisprudenza di merito secondo cui la negazione di una agevolazione non può certamente essere ricondotta al mero controllo formale, in quanto necessariamente implica verifiche e valutazioni di natura giuridica.

Per quanto concerne specificatamente il tema del disconoscimento dei crediti d’imposta tramite procedura di liquidazione automatica la giurisprudenza di merito, si segnalano le conclusioni cui sono giunte:

C.T.P. Bergamo 14.05.2015, Sent. n. 444/08/14. A parere dei Giudici orobici,

“… l’Agenzia delle entrate non può effettuare un recupero automatico, ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. 600/73, per negare un credito d’imposta da incentivo statale per l’incremento occupazione, utilizzato in una misura eccedente i 100 mila euro previsti dalla legge. L’accertamento formale ex art. 36 bis, infatti, consiste in un mero riscontro cartolare delle dichiarazioni ed è finalizzato alla verifica della correttezza degli adempimenti in sede di dichiarazione a carico dei contribuenti. Tale strumento deve essere circoscritto alla correzione di errori formali, materiali o di calcolo, e non può essere utilizzato quando debbano esaminarsi questioni giuridiche, nel qual caso la verifica deve attuarsi mediante emissione di un vero e proprio avviso di accertamento, dotato di motivazione…”.

 

C.T.R. Lazio 14.03.2013, Sent. n. 75, lucidamente

“…il disconoscimento di un credito d’imposta (nella specie, il credito d’imposta sugli incrementi occupazionali nelle aree svantaggiate) non può avvenire con un mero atto di iscrizione a ruolo ed è nullo l’avviso di mora emesso senza preventiva notifica di un atto di accertamento.

Inoltre, non è possibile utilizzare la procedura ex art. 36-bis D.P.R. n. 600/1973 per rettificare l’ammontare del predetto credito d’imposta in quanto tale norma è utilizzabile solo nei casi tassativamente indicati dalla legge e, quindi, non di fronte a disposizioni di legge suscettibili «di interpretazioni diverse, le quali esigono un motivato avviso di accertamento Né può considerarsi la circostanza che la cartella sia stata emessa, non sussistendo quei motivi di incertezza indicati nell’art. 6, comma 5, L. 212/2000.

Detta “incertezza”, infatti, può emergere anche dal dato obiettivo, quale, ad es. in presenza di un debito di rilevante importo che richieda chiarezza sull’operato del contribuente laddove, invece, un debito o credito insignificante appare inidoneo a far sorgere dubbi…”;

 

C.T.P. Bari, 19.04.2012, Sent. n. 27/5/12, secondo cui “…l’Amministrazione finanziaria non può recuperare i crediti d’imposta speciali avvalendosi della procedura prevista per la liquidazione automatica della dichiarazione ma deve utilizzare quella stabilita per gli atti di accertamento, di cui gli avvisi di recupero dei crediti d’imposta ne sono una specie;

C.T.R. Marche Sent. 13.07.2012 ove i Giudici, in tema di disconoscimento del credito d’imposta per incrementi occupazionali da parte della competente Agenzia delle entrate attraverso la procedura automatica ex art. 36-bis, D.P.R. n. 600/73, hanno ritenuto

“…necessaria una procedura di accertamento tributario che consenta al contribuente di inquadrare le motivazioni che consentono il recupero e proporre ricorso nei termini previsti…” in ragione del fatto che “…il caso in esame non riguardava una semplice esposizione del credito oltremisura, bensì una vera e propria divergenza interpretativa sul contenuto dell’agevolazione concessa al contribuente…”.

Ed ancora

quando l’amministrazione debba procedere ad attività di valutazione giuridica ai fini dell’interpretazione del dato giuridico, dovrà necessariamente ricorrere ad uno specifico avviso di accertamento. Non c’è dubbio, in sostanza, che nel caso esaminato l’amministrazione avesse voluto contestare al contribuente la sua particolare interpretazione del dato normativo: attività esercitabile solo a fronte della notifica di un avviso di accertamento…”.

 

C.T.P. Lecce Sent. n. 512/1/11 che

” … ravvisa nella opposta cartella di pagamento una totale assenza di causale del recupero dell’imposta, non certo ravvisabile nella semplice dicitura ‘omessi o carenti versamenti’, senza alcuna specificazione a che titolo il richiesto importo era dovuto”.

 

C.T.P. Ragusa, Sent. n. 16/01/2007 del 3/02/2007, ove i Giudici ragusani hanno ritenuto illegittima l’iscrizione a ruolo del recupero del credito d’imposta stante la palese violazione dell’obbligo motivazionale della cartella che lungi dall’esplicitare le ragioni di diritto che avevano determinato la revoca del credito d’imposta.

La rettifica operata dall’ufficio, Egregi Giudici, non deriva da una difformità rispetto a quanto effettivamente dichiarato dal contribuente ma da una valutazione che, ancorché possa sembrare “automatica”, richiede necessariamente un avviso motivato.

 

 

SPUNTI DIFENSIVI

I contribuenti destinatari di iscrizioni a ruolo che revocano incentivi fiscali tramite mera procedura di liquidazione automatizzata potranno quindi eccepire, richiamando nel ricorso le argomentazioni offerte dai Giudici di Piazza Cavour e dai collegi tributari sintetizzate nel presente intervento, la nullità dell’iscrizione a ruolo perché indecifrabile nel suo contenuto, oltreché laconica nella sua esposizione a sostegno della pretesa tributaria.

In altri termini, in totale assenza d controllo documentale sui benefici fiscali utilizzati in compensazione di imposte e contributi, il contribuente potrà dimostrare il pregiudizio che il vizio dell’atto ha determinato al suo diritto di difesa.

 

8 n0vembre 2016

Attilio & Antonino Romano