Il contratto bancario è nullo se firmato solo dal cliente

la Cassazione ha recentemente confermato (per la terza volta consecutiva) che è nullo il contratto bancario se reca solo la firma del cliente

È giunta la terza sentenza consecutiva, in pochi mesi, con la quale la prima Sezione della Suprema Corte di Cassazione Civile ha dichiarato la nullità del contratto bancario se firmato solo dal clientepagamenti-commercialista-telematico-3.

Ripercorriamo, seppur brevemente, le tre vicende processuali.

Cassazione Civile, Sezione I, Sentenza 24 marzo 2016, n. 5.919

Un’investitrice ha convenuto in giudizio una Banca per ottenere la declaratoria di nullità dell’operazione di acquisto di obbligazioni argentine in quanto posta in essere in assenza del contratto scritto di negoziazione.

L’attrice ha agito in giudizio producendo un documento recante il conferimento alla Banca del mandato di negoziazione, predisposto sotto forma di lettera diretta alla stesso Istituto di Credito, mancante della sottoscrizione di quest’ultimo, ma contenente la dicitura: “Prendiamo atto che una copia del presente contratto ci viene rilasciata debitamente sottoscritta da soggetti abilitati a rappresentarvi”, seguita dalla sottoscrizione della stessa ricorrente.

Nel corso del processo lo stesso documento è stato prodotto dalla Banca.

La Cassazione Civile, con la pronuncia in commento, ha precisato che “la produzione in giudizio del contratto da parte della Banca, la cui sottoscrizione difetta, avrebbe determinato il perfezionamento del contratto solo dal momento della produzione, la quale, perciò, non può che rimanere senza effetti, per i fini della validità del successivo ordine di acquisto delle obbligazioni argentine, tale da richiedere a monte (e non ex post) un valido contratto quadro. D’altro canto, far discendere la validità dell’ordine di acquisto dal perfezionamento soltanto successivo del contratto quadro, non è pensabile, stante il principio dell’inammissibilità della convalida del contratto nullo ex articolo 1423 c.c.”.

Cassazione Civile, Sezione I, Sentenza 11 aprile 2016, n. 7.068

La fattispecie esaminata dalla Corte di Cassazione riguardava il ricorso ex art. 19 D.lgs. n. 5/2003 proposto da una Signora nei confronti di una Banca, con il quale chiedeva di volersi dichiarare la nullità del contratto di borsa per assenza di sottoscrizione, in violazione dell’art. 23 T.U.F., richiesta ad substantiam, e la conseguente restituzione della somma impiegata nell’acquisto di Bond Argentini.

I Supremi Giudici, con la Sentenza innanzi rubricata, hanno accolto la tesi della ricorrente stabilendo che “Il contratto di negoziazione, prodotto in giudizio dalla banca e con la sola sottoscrizione della ricorrente e non anche del rappresentante dell’Istituto di Credito è da ritenersi nullo, per difetto di forma”.

Cassazione Civile, Sezione I, Sentenza 27 aprile 2016, n. 8.395

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava il rapporto intercorso tra due soggetti ed una Banca. I ricorrenti deducendo che tra il 7 agosto 1997 ed il 29 gennaio 2001 avevano operato presso l’Istituto di Credito acquisti di obbligazioni argentine senza che i singoli ordini fossero preceduti da un valido contratto quadro avente ad oggetto la prestazione del servizio di negoziazione.

La Banca, per contro, aveva ritenuto valido il contratto quadro seppur sottoscritto soltanto dagli investitori.

I Giudici, nel caso in esame, hanno accolto la doglianza di nullità lamentata dai ricorrenti, riproponendo l’orientamento espresso con la pronuncia n. 5919/2016.

Tutte le questioni esaminate dalla Corte di Cassazione, nelle tre sentenze prese a riferimento, vertono sulla nullità del contratto di borsa qualora non rechi la sottoscrizione anche del rappresentante della Banca.

Originariamente l’art. 6, lett. c, della legge 2 gennaio 1991, n. 1 “Nello svolgimento delle loro attività le società di intermediazione mobiliare … devono stabilire i rapporti con il cliente stipulando un contratto scritto nel quale siano indicati la natura dei servizi forniti, le modalità di svolgimento dei servizi stessi e l’entità e i criteri di calcolo della loro remunerazione, nonchè le altre condizioni particolari convenute con il cliente; copia del contratto deve essere consegnata contestualmente al cliente”.

Poi è intervenuto l’art. 18 del Decreto Legislativo 23 luglio 1996, n. 415Recepimento della direttiva 93/22/CEE del 10 maggio 1993 relativa ai servizi di investimento del settore dei valori mobiliari e della direttiva 93/6/CEE del 15 marzo 1993 relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi” sancisce che “I contratti relativi ai servizi previsti dal presente decreto sono redatti in forma scritta e un esemplare è consegnato ai clienti … In caso d’inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo”.

Infine, sul punto, opera l’art. 23 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 che stabilisce: “ I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento … e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti … Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo … Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal cliente”.

Quindi tutte le norme che si sono susseguite nel tempo hanno sempre previsto che i contratti di intermediazione mobiliare e/o di investimento debbono essere stipulati per iscritto, ad substantiam, pena la nullità dell’accordo.

Quindi la volontà contrattuale viene a formarsi con la sottoscrizione della pattuizioni ad opera di tutte le parti coinvolte nell’accordo. Ciò può avvenire:

  • Mediante sottoscrizione congiunta di un unico documento,

  • Attraverso lo scambio di due documenti, entrambi del medesimo tenore, ciascuno sottoscritto dall’altro contraente purché risulti il collegamento inscindibile del secondo documento al primo, così da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell’accordo.

In tema di intermediazione finanziaria, a mente delle norme innanzi richiamate, come già scritto, la forma scritta è richiesta ad substantiam, pena la nullità. Per tanto, qualora la stipulazione del contratto non sia avvenuta contestualmente ciascuna parte ha l’onere di produrre in giudizio la relativa scrittura. Più volte i Supremi giudici hanno chiarito come “la mancata sottoscrizione di una scrittura privata può essere supplita dalla produzione in giudizio del documento stesso da parte del contraente non firmatario che se ne intende avvalere”. D’altra parte la stipulazione di tali tipi di contratti non può essere desunta per via indiretta, in mancanza della scrittura, da una dichiarazione quale: “Prendiamo atto che una copia del presente contratto ci viene rilasciata debitamente sottoscritta da soggetti abilitati a rappresentarvi”. A tal riguardo, ci si chiede se si possa supplire la mancanza del documento contrattuale con la prova testimoniale disciplinata dall’art. 2724 c.c.. Tuttavia è oramai giurisprudenza consolidata della Suprema Corte (da ultimo la Sentenza 24 marzo 2016, n. 5.919, ripresa, per quanto di interesse ai fini del nostro discorso, dalla Sentenza 27 aprile 2016, n. 8.395) che esclude “l’equiparazione alla perdita ex art. 2724 c.c., della consegna del documento alla controparte contrattuale. Nell’ipotesi prevista dalla norma, difatti, il contraente che è in possesso del documento ne rimane privo per cause a lui non imputabili: il che è il contrario di quanto avviene nel caso della volontaria consegna dell’atto, tanto più in una vicenda come quella in discorso, in cui non è agevole comprendere cosa abbia mai potuto impedire alla banca, che ha predisposto la modulistica impiegata per l’operazione, di redigere il contratto quadro in doppio originale sottoscritto da entrambi i contraenti”.

La produzione in giudizio da parte del contraente che non ha sottoscritto la scrittura realizza un equivalente della sottoscrizione con conseguente perfezionamento del contratto ex nunc o ex tunc?

Sì è chiarito che il deposito agli atti di causa da parte del contraente che non ha sottoscritto il documento realizza un equivalente della sottoscrizione, ma, la Cassazione ha chiarito che il perfezionamento del contratto avviene ex nunc e non ex tunc.

È inimmaginabile, infatti, far discendere la validità di una operazione dal perfezionamento soltanto successivo del relativo contratto, stante il principio dell’inammissibilità della convalida del contratto nullo ex art. 1423 c.c.. Per cui la produzione in giudizio del contratto da parte della banca, la cui sottoscrizione difetta, determina il perfezionamento dell’accordo solo dal momento della produzione, la quale, perciò, non può che rimanere senza effetti, per i fini della validità delle successive operazioni, tale da richiedere a monte, e non ex post, un valido contratto.

Rileva il comportamento concludente posto in essere dal contraente non sottoscrittore, dimostrato attraverso la produzione delle contabili attestanti l’esecuzione dell’accordo?

Sul punto l’orientamento giurisprudenziale è pressoché uniforme: “Nei contratti soggetti alla forma scritta ad substantiam, il criterio ermeneutico della valutazione del comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla stipulazione del contratto stesso, non può evidenziare una formazione del consenso al di fuori dello scritto medesimo … La forma scritta, quando è richiesta ad substantiam, è insomma elemento costitutivo del contratto, nel senso che il documento deve essere l’estrinsecazione formale e diretta della volontà delle parti di concludere un determinato contratto avente una data causa, un dato oggetto e determinate pattuizioni, sicché occorre che il documento sia stato creato al fine specifico di manifestare per iscritto la volontà delle parti diretta alla conclusione del contratto”.

5 luglio 2016

Anna Maria Pia Chionna