in questa prima parte del documento affrontiamo il difficile tema della base imponibile Iva nei casi di fuoriuscita del bene dal patrimonio aziendale, per scopi extraimprenditoriali; si tratta di una delle questioni più discusse nella fase di assegnazione del bene
Affrontiamo il difficile tema della base imponibile IVA nei casi di fuoriuscita del bene dal patrimonio aziendale per scopi extraimprenditoriali.
Questo articolo fa parte della nostra circolare mensile
La destinazione di beni a finalità estranee all’attività economica (autoconsumo) e l’assegnazione di beni ai soci si qualificano come operazione rientranti nel campo di applicazione dell’Iva.
L’inclusione tra le cessioni di beni di quelli trasferiti per finalità estranee a quelle d’impresa è motivata dallo scopo di evitare che i beni, acquistati nell’ambito dell’esercizio di un’attività economica che ha consentito il diritto alla detrazione dell’imposta subita “a monte”, giungano al consumo detassati.
In particolare, lo scopo perseguito è quello di evitare che un soggetto passivo di diritto possa avvantaggiarsi di tale qualifica per detrarre l’Iva su acquisti di beni e/o servizi utilizzati per finalità proprie (cioè allorché agisce come consumatore finale, ossia contribuente passivo di fatto).
Ne deriva che non sono considerate cessioni rilevanti le assegnazioni di beni che hanno ad oggetto beni oggettivamente esclusi da Iva (es. denaro, terreni non edificabili; R.M. 10.4.2008, n. 142/E; CTC, 24.6.1994, n. 2923) e quelli per i quali, all’atto dell’acquisto, non è stata detratta l’IVA, compresa l’ipotesi di acquisto presso un privato non soggetto d’imposta ai fini dell’Iva (Corte Ue 8.3.2001, causa C-415/98; R.M. 17.4.1998, n. 28/E; R.M. 27.6.2002, n. 194/E; C.M. 112/E/1999; R.M. 191/E/2009; C.M. 25/E/2007, C.M. 40/E/2002).
Costituisce cessione di beni l’assegnazione fatta a qualsiasi titolo (anche mediante distribuzione di utili, liquidazione o rimborso del patrimonio sociale, ecc.), anche se fatta agli eredi del socio defunto (Cass., 28.7.1994, n. 7063). Si veda anche il paragrafo che segue la tabella.
L’autoconsumo si distingue in:
– autoconsumo esterno, che si ha quando il bene è destinato a soddisfare esigenze estranee all’attività professionale del soggetto passivo;
– autoconsumo interno, connesso ad un impiego dei beni per finalità produttive dell’attività facente capo al soggetto passivo.
Il primo caso di autoconsumo determina una operazione considerata cessione di beni, mentre l’autoconsumo interno non è rilevanti ai fini IVA, posto che i beni o servizi permangono e rilasciano la propria utilità nell’ambito dell’attività del soggetto passivo, così che l’imposta verrà recuperata con la cessione dei beni o servizi ottenuti in esito alla predetta attività (C.M. 22.6.1995, n. 177/E, punto 4.1.1).
Per l’autoconsumo rilevante, si ricorda che l’art. 35, co. 4, D.P.R. 633/1972 prevede che in caso di cessazione dell’attività “nell’ultima dichiarazione annuale deve tenersi conto anche dell’imposta dovuta ai sensi del n. 5) dell’art. 2…” (si veda anche Cass. 24.5.2006, n. 12322 che sancisce l’obbligo di autofatturare l’autoconsumo), con la conseguenza che da tale momento le operazioni effettuate sui beni fuoriusciti esulano dal campo di applicazione dell’Iva (C.M. 19.6.2002, n. 54/E, par. 16.3).
La giurisprudenza ha distinto fra autoconsumo per utilizzo temporaneo (Corte Ue 27.6.1989, causa C-50/88) soggetto a rettifica dell’Iva inizialmente detratta ed utilizzo definitivo (Corte Ue 6.5.1992, causa C-20/91).
Le disposizioni normative per analizzare l’argomento sono tratte dagli artt. 16 e 74, Dir. 28.11.2006, n. 2006/112/ce che, per comodità, vengono riportati di seguito.
Articolo 16
È assimilato a una cessione di beni a titolo oneroso il prelievo di un bene dalla propria impresa da parte di un soggetto passivo il quale lo destina al proprio uso privato o all’uso del suo personale, lo trasferisce a titolo gratuito o, più generalmente, lo destina a fini estranei alla sua impresa, quando detto bene o gli elementi che lo compongono hanno dato diritto ad una detrazione totale o parziale dell’IVA.
Tuttavia, non sono assimilati ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso i prelievi ad uso dell’impresa per regali di scarso valore e campioni.
Articolo 74
Per le operazioni di prelievo o di destinazione da parte di un soggetto passivo di un bene della propria impresa o di detenzione di beni da parte di un soggetto passivo o da parte dei suoi aventi diritto in caso di cessazione della sua attività economica imponibile, contemplate agli articoli 16 e 18, la base imponibile è costituita dal prezzo di acquisto dei beni o di beni simili, o, in mancanza del prezzo di acquisto, dal prezzo di costo, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni.
Come è agevole notare, l’assegnazione di beni aziendali ai soci costituisce operazione assimilata alla cessione di beni.
Le sopra cennate disposizioni sono state recepite nel nostro ordinamento tributario agli artt. 2, co. 2, n. 6), (“Costituiscono inoltre cessioni di beni….le assegnazioni ai soci fatte a qualsiasi titolo da società di ogni tipo e oggetto”) e 13, co. 2, lett. c), (“i corrispettivi sono costituiti…. c) per le cessioni indicate ai numeri 4), 5) e 6) del secondo comma dell’articolo 2, dal prezzo di acquisto o, in mancanza, dal prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni; per le prestazioni di servizi di cui al primo e al secondo periodo del terzo comma dell’articolo 3, nonché per quelle di cui al terzo periodo del terzo comma dell’articolo 6, dalle spese sostenute dal soggetto passivo per l’esecuzione dei servizi medesimi”), D.P.R. 633/1972.
Analogo trattamento è riservato alle prestazioni di servizi, come si evince dall’ultimo periodo del menzionato art. 13. Quest’ultima disposizione trova riscontro nell’art. 26 della Direttiva Ue per le prestazioni di servizi destinati ai soci: nella sentenza 11 dicembre 2008, causa C-371/07, proprio con riferimento alla norma comunitaria che prevede l’imponibilità delle prestazioni gratuite, è stato evidenziato come lo scopo di tale disposizione sia quello di “garantire la parità di trattamento tra, da un lato, il soggetto passivo che prelevi un bene o che fornisca servizi per proprie esigenze private o per quelle del proprio personale e, dall’altro, il consumatore finale che si procuri un bene o un servizio dello stesso tipo“.
L’inclusione tra le cessioni di beni di quelli trasferiti per finalità estranee a quelle d’impresa è motivata dallo scopo di evitare che i beni, acquistati nell’ambito dell’esercizio di un’attività economica che ha consentito il diritto alla detrazione dell’imposta subita “a monte”, giungano al consumo detassati.
In particolare, lo scopo perseguito è quello di evitare che un soggetto passivo di diritto possa avvantaggiarsi di tale qualifica per detrarre l’Iva su acquisti di beni e/o servizi utilizzati per finalità proprie (cioè allorché agisce come consumatore finale, ossia contribuente passivo di fatto). (CONTINUA…)
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18 luglio 2016
Claudio Sabbatini