Le vendite competitive nelle procedure fallimentari: le indicazioni del CNDCEC

in questo articolo analizziamo le nuove modalità di gestione delle vendite nelle procedure concorsuali: gli adempimenti degli incaricati, le nuove norme ed il tentativo di migliorare competitività e trasparenza

6927038744_23d30eb159_oLe nuove “Linee Guida alle vendite competitive nel fallimento”, pubblicate lo scorso mese di febbraio dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, costituisce un utile manuale di approfondimento circa l’applicazione dell’art. 107 L.F., recante la disciplina generale degli atti di realizzo del fallimento.

Nel documento trovano spazio sia indicazioni in merito alle vendite eseguite direttamente dal curatore, sia indicazioni riguardanti le vendite effettuate secondo le norme del c.p.c., nel rispetto, in entrambi i casi, di alcuni elementi obbligatori, ossia:

  • la “congruità” dei valori di stima;

  • garantire la “competitività” delle operazioni di vendita, mediante un sistema incrementale di offerte e la totale accessibilità da parte di tutti gli operatori interessati;

  • il ricorso ad adeguati strumenti pubblicitari, nell’ottica di assicurare la totale trasparenza alle operazioni di vendita.

  1. Congruità dei valori di stima

La liquidazione dell’attivo fallimentare si realizza attraverso una serie di atti il primo dei quali è rappresentato dalle operazioni di inventario dei beni, cui sono correlate le operazioni di stima del loro valore effettuate da soggetti specializzati. La stima dei beni di compendio dovrebbe avvenire contestualmente alla redazione dell’inventario, o comunque in temi immediatamente successivi.

Il primo elemento importante destinato ad influenzare l’intera procedura di liquidazione è, dunque, rappresentato dalla “stima” dei beni (materiali e non) effettuata dall’esperto. Il documento del CNDCEC specifica che l’esperto che redige la stima viene incaricato dal curatore (previa autorizzazione del comitato dei creditori) sulla base di un negozio di diritto privato, diversamente da quanto avviene nel procedimento esecutivo ex art. 569 c.p.c. dove è il giudice a conferire tale incarico.

Una relazione di stima utile ad ottenere vendite competitive adeguate deve evidenziare, oltre al valore dei beni ed ai criteri in base ai quali tale valore è stato determinato:

  • gli elementi che consentono al curatore di identificare i beni la cui liquidazione non è economicamente conveniente;

  • le informazioni sulla possibilità di utilizzazione dei beni e sulle loro caratteristiche peculiari anche in relazione alla mancanza di garanzia per i vizi che caratterizza le vendite fallimentari;

  • la convenienza a raggruppare beni che presentano caratteristiche di omogeneità e che, se venduti singolarmente, non verrebbero adeguatamente valorizzati.

Poiché la relazione di stima confluirà e determinerà buona parte del successivo programma di liquidazione (i due documenti sono strettamente correlati), è opportuno che essa sia quanto più analitica possibile, rispondendo sia a requisiti di ragionevolezza che di prudenza. Pertanto, è opportuno che la perizia debba contenere:

  • indicazioni puntuali circa lo stato di possesso del bene e dell’eventuale titolo in base al quale il bene è occupato/posseduto;

  • l’esistenza di formalità, vincoli o oneri che resteranno a carico dall’acquirente;

  • la verifica circa la regolarità edilizia e urbanistica del bene.

Il documento fornisce indicazioni di massima anche in merito alla nomina dell’esperto incaricato di redigere la perizia di stima: questi deve essere identificato tra i consulenti iscritti negli appositi albi tenuti presso i Tribunali (fatta eccezione per i beni di modesto valore). La nomina del consulente deve essere particolarmente “curata” quando oggetto della valutazione sono “beni” particolarmente complessi: la valutazione di aziende o di rami di esse o, in generale, di asset intangibili, infatti, esige la ricerca di competenze altamente specializzate.

  1. Operazioni di vendita: scelta delle modalità

Alle attività di inventario segue la predisposizione, entro un termine prestabilito e reso ancora più stringente dalle ultime novità normative del 2015, del programma di liquidazione (art. 104-ter L.F.), da sottoporre, per un controllo di legittimità e di merito, attinente anche alle scelte di pianificazione, all’approvazione del comitato dei creditori. Una volta approvato dal comitato dei creditori, tale documento deve essere successivamente comunicato al giudice delegato attraverso deposito in cancelleria.

Il programma di liquidazione rappresenta lo strumento “cardine” dell’intera attività di gestione e di liquidazione posta in essere dal curatore: esso costituisce l’atto di pianificazione e di indirizzo della gestione del patrimonio fallimentare. Per questa sua funzione di pianificazione e di indirizzo, esso è destinato a vincolare la successiva attività di liquidazione del curatore, il quale è tenuto ad attenersi ai tempi e alle modalità di liquidazione ivi previsti con la diligenza richiesta dall’incarico. Nel programma, difatti, sono analiticamente individuati:

  • i singoli atti di realizzo del patrimonio fallimentare;

  • i tempi previsti per il loro compimento;

  • le tipologie di pubblicità da attuare;

  • i regolamenti di vendita delle gare competitive.

Pertanto, dopo l’approvazione del programma di liquidazione il curatore è obbligato a dare esecuzione alla liquidazione programmata nei termini e con le modalità stabilite nel programma di liquidazione.

Una particolare attenzione va posta all’indicazione delle “modalità” con cui procedere alla liquidazione dei beni acquisiti all’attivo fallimentare. In sede di redazione del programma di liquidazione, infatti, il curatore può scegliere tra:

  • avviare la vendita dei beni immobili mediante applicazione della disciplina del codice di procedura civile, in materia di esecuzione immobiliare;

  • procedere autonomamente all’iter competitivo e alla vendita.

Vendita nella forma dell’esecuzione forzata

L’art. 107, co. 2 L.F. rinvia alle disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili. In tal caso, dunque, per prima cosa occorre individuare eventuali incompatibilità, ossia eventuali disposizioni della legge fallimentare cui non è possibile derogare. Sostanzialmente le norme del codice di procedura civile risultano compatibili con le disposizioni della legge fallimentare; l’unico appunto, rilevato dal CNDCEC, è quello contenuto nel comma 3 dello stesso art. 107 L.F. laddove è previsto l’obbligo per il curatore di notificare a tutti i creditori iscritti di un avviso contenente:

  • l’indicazione del fallimento, in sostituzione del creditore procedente;

  • il titolo in base al quale si procede (la sentenza dichiarativa di fallimento);

  • il bene all’attivo del fallimento oggetto di garanzia;

  • le modalità di vendita e il prezzo.

Le altre norme dell’esecuzione forzata, disposte dal codice di procedura civile, risultano perfettamente compatibili con le peculiarità della liquidazione fallimentare.

Il documento del CNDCEC ha evidenziato, inoltre, le novità apportate dal D.L. n. 83/2015, con particolare riferimento alla preferibilità delle vendite senza incanto e con delega delle operazioni ai soggetti individuati dall’art. 591-bis c.p.c.: in tal modo viene favorita la “certezza” dell’aggiudicazione ed evitano il verificarsi di situazioni di natura speculativa che potrebbero, in qualche modo, nuocere agli interessi dei creditori.

Vendita competitiva eseguita dal curatore

Il decreto legislativo n. 5 del 9 gennaio 2016 e successivamente il correttivo D.L. 12 settembre 2007 n. 169 hanno innovato la fase di liquidazione dell’attivo che contraddistingue la disciplina della procedura fallimentare. La precedente legge fallimentare riportava con chiarezza nell’art. 105 che tutte le vendite fallimentari erano sottoposte alle regole dettate dal codice di procedura civile compatibilmente con le specificità della procedura concorsuale in esame.

L’attuale art. 107 L.F. stabilisce (senza distinzione tra vendite di beni mobili o immobili), invece, che “le vendite e gli altri atti di liquidazione sono effettuati dal curatore, tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati”.

Dalla lettura del nuovo disposto normativo, si evince come l’art. 107 introduca una assoluta novità, ossia l’attribuzione al curatore di compiti relativi alla materiale liquidazione dei beni facenti parte della massa attiva della procedura in corso; sarà dunque tale figura a dover stabilire le modalità attraverso le quali monetizzare i diritti del patrimonio del fallito. Mentre nel sistema previgente la liquidazione dell’attivo era attività giurisdizionale nelle mani del G.D., che operava come il giudice dell’esecuzione, attualmente il soggetto protagonista dell’attività liquidativa è il curatore, che diviene libero di scegliere la relativa modalità – ad esempio, simile a quella della cessione con o senza incanto, ferma restando la garanzia della competizione tra gli interessati – sulla base del possibile esito della stessa.

In particolare, è stato osservato che, nel caso di vendita della quota di un diritto reale immobiliare può essere effettuata a beneficio del comproprietario che ha formulato l’offerta migliore – visto che la cessione con o senza incanto è notoriamente poco efficace – salvo che sia possibile ottenere la divisione del bene, in via stragiudiziale o eventualmente giudiziale, e procedere alla successiva vendita dell’intero.

Secondo le indicazioni del CNDCEC, le “vendite competitive” possono ragionevolmente qualificarsi tali quando prevedano complessivamente:

  • un sistema incrementale di offerte: gli offerenti sono posti in competizione tra loro; l’obiettivo è quello di “spuntare” il prezzo più alto possibile nel minor tempo possibile;

  • un’adeguata pubblicità e assoluta trasparenza endo-processuale ottenuta con la comunicazione alle parti, allo scopo di eliminare il rischio di discrezionalità degli organi della procedura;

  • regole prestabilite e non discrezionali di selezione dell’offerente;

  • completa e totale accessibilità a tutti gli operatori interessati

Vendita di beni mobili: il ruolo dell’Istituto Vendite Giudiziare

Analogamente agli immobili, è riconosciuta al curatore la facoltà di scegliere la modalità di procedura competitiva ritenuta maggiormente opportuna (invito ad offrire, informativa di vendita, trattativa privata, iter competitivo semplificato o rigido), nel rispetto del dettato normativo, al fine di massimizzare la soddisfazione dei creditori.

A questo proposito, il CNDCEC ha ritenuto che la vendita a trattativa privata debba avere carattere eccezionale, utilizzabile, nel caso in cui i beni da vendere non siano collocabili sul mercato tramite forme di pubblicità idonee oppure in specifiche circostanze, come gli esiti negativi di altre procedure competitive, ovvero per necessità di rapidità. In ogni caso, la scelta di ricorrere alla vendita a trattativa privata deve essere stata prevista e opportunamente motivata nel programma di liquidazione.

L’esigenza di assicurare comunque la procedura competitiva, anche in presenza di offerte di acquisto a trattativa privata, può essere assicurata mediante la trasmissione delle proposte ricevute al locale Istituto Vendite Giudiziare: in tal modo, sarà questi ad effettuare la vendita competitiva, eventualmente anche tramite procedura telematica. L’IVG può, infatti, rappresentare un importante ausilio per il curatore nelle vendite competitive, in quanto consente, attraverso il proprio sito internet, di pubblicare gli avvisi delle cessioni e i regolamenti delle stesse con procedure conformi a quelle applicabili in sede di esecuzione mobiliare.

In ogni caso, il CNDCEC ha specificato che, qualunque che sia la forma tecnica adottata, le procedura competitive per le vendite mobiliari devono essere caratterizzate dalla massima pubblicità, adeguatamente calibrata rispetto alle aspettative di realizzo del bene, prevedendo meccanismi di vendita semplici e snelli da realizzarsi in tempi rapidi.

La rateizzazione del prezzo

Le Linee guida si sono soffermate, inoltre, su alcuni aspetti relativi all’introduzione della riscossione rateale del prezzo di vendita.

Infatti, il D.L. n. 83/2015, modificando l’art. 107 L.F., ha previsto la possibilità che le vendite e gli atti di liquidazione nel fallimento possono prevedere che il versamento del prezzo avvenga mediante una rateizzazione.

Tale norma si applica anche ai fallimenti e ai procedimenti di concordato pendenti alla data del 27 giugno 2015 (art. 23 c. 5 DL 83/2015).

Alla rateizzazione si applicano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura civile che così dispongono:

  • il giudice provvede alla vendita all’incanto (art. 576 c.p.c.) solo quando ritiene probabile che la vendita con tale modalità possa aver luogo a un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene (art. 569 c. 3 terzo periodo c.p.c.);

  • il giudice dell’esecuzione, quando fa luogo alla vendita, dispone con decreto il modo del versamento del prezzo e il termine, dalla comunicazione del decreto, entro il quale il versamento deve farsi, e, quando questo è avvenuto, pronuncia il decreto di trasferimento del bene espropriato;

  • se il prezzo non è depositato nel termine stabilito il giudice dell’esecuzione, con decreto, dichiara la decadenza dell’aggiudicatario, pronuncia la perdita della cauzione a titolo di multa e quindi dispone un nuovo incanto.

Il richiamo alle norme del c.p.c. fa ritenere legittima, anche nelle vendite fallimentari, la possibilità per l’aggiudicatario immettersi nel possesso del bene prima del versamento dell’ultima rata, purchè risulti soddisfatta una specifica condizione:

è necessario che uno dei soggetti specializzati individuato dal giudice delegato presti una fideiussione autonoma e irrevocabile e che garantisca il rilascio dell’immobile, a prima richiesta, in caso di inadempimento, nonché il risarcimento dei danni eventualmente arrecati al bene.

  1. La pubblicità delle vendite

La validità e l’efficienza delle procedure competitive scelte dal curatore è correlata all’adeguata pubblicizzazione delle stesse al fine di assicurare la massima partecipazione degli interessati.

Le formalità pubblicitarie prescelte dal curatore devono, in linea generale, individuare le categorie di soggetti potenzialmente interessati all’acquisto dei beni distinguendoli:

  • in base alla loro localizzazione sul territorio;

  • in base alla tipologia di utilizzo dei beni.

In base alla “combinazione” di tali elementi, il CNDCEC suggerisce di ricorrere a strumenti quali la pubblicazione su internet, anche su siti specializzati e con utenza internazionale (nel caso di beni ad utilizzo specifico e la cui localizzazione non sia rilevante) ovvero a forme di pubblicità che possono prevedere anche l’invio dei bandi di vendita tramite posta elettronica alle aziende del settore e alle associazioni di categoria (nei casi in cui, ad esempio, l’elemento “localizzazione” abbia un peso determinante).

In ogni caso, il curatore nell’utilizzare le procedure competitive nell’intento finale di ottenere il prezzo più alto possibile deve assicurare alle stesse “adeguate forme di pubblicità”. Anche in questo caso è evidente il richiamo a quelle che sono state le esperienze delle c.d. best practices in materia di esecuzione individuale, che per prima avevano compreso l’importanza di un adeguato accesso alle informazioni relative all’immobile oggetto di vendita, portando il legislatore a modificare radicalmente l’art. 490 c.p.c., introducendo ad esempio la pubblicità informatica, attraverso l’inserzione dei provvedimenti di vendita, la perizia e le foto su appositi siti internet.

24 giugno 2016

Antonella Benedetto