Le parti nel processo tributario

le norme che regolano l’accesso delle parti pubbliche (Agenzia delle entrate, Equitali, enti locali…) al processo tributario; per ciascun ente esistono regole diverse per l’accesso e la rappresentanza in giudizio

giudice2-immagine1. LE PARTI

Il D. Lgs n. 156/2015 ha apportato sostanziali modifiche, tra l’altro, all’art. 10 del D. Lgs n. 546/1992, riformulando il testo di tale disposizione entrata in vigore dal 1° gennaio 2016.

Il concetto di parte e della loro rappresentanza è trattato nel Capo II del Titolo I del d lgs n. 546 del 1992 (articoli 10 e ss.), in cui sono individuate le parti e la loro rappresentanza e assistenza in giudizio.

La precedente versione della norma prevedeva come parti del processo l’ufficio del MEF o l’ente locale, il concessionario del servizio di riscossione che ha emanato l’atto o non ha emanato l’atto richiesto, ovvero l’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente sul rapporto controverso.

La vigente norma prevede come parti i seguenti soggetti:

1) AGENZIA DELLE ENTRATE (UFFICIO COMPETENTE SUL RAPPORTO CONTROVERSO) – AGENZIE DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI

2) ALTRI ENTI IMPOSITORI

3) AGENTE DELLA RISCOSSIONE

4) SOGGETTI ISCRITTI ABILITATI EX ART. 53 D.LGS 446/1997

Si chiarisce preliminarmente che da un punto di vista formale l’attore coincide con il ricorrente che conviene in giudizio la P.A., anche se in realtà la posizione delle parti risulta invertita. Infatti il rito tributario è finalizzato all’annullamento di atti, per cui il ruolo effettivo di attore è attribuibile alla P.A., a cui compete l’onere della prova in relazione all’esistenza dei fatti costitutivi della pretesa fatta valere con l’atto impositivo impugnato.2)

Il ricorrente può essere considerato una persona fisica in proprio; una persona fisica in qualità di sostituto di imposta o tenuta per legge a dichiarare i redditi altrui; una società di persone, di capitali, un ente commerciale; una società di persone; un patrimonio autonomo anche se non dotato di personalità (il condominio, il fallimento o l’eredità giacente).

Nel giudizio tributario la legittimazione ad agire o a contraddire spetta ai soggetti di cui al predetto art. 10, in riferimento al loro interesse ad essere parti nel rapporto giuridico processuale (art. 100 c.p.c.) e del libero esercizio dei diritti che nel processo si fanno valere (art 75 c.p.c.).

Le parti private possono stare in giudizio anche mediante procuratore generale e speciale. A tal proposito si evidenzia che il D.Lgs. n. 156/2015 ha riformulato anche l’art. 12 D.Lgs. n. 546/1992 concernente “Assistenza tecnica“ che prevede la possibilità per le parti di stare in giudizio senza assistenza tecnica per le controversie di valore fino a tremila euro (valore precedente: 2.582,28): per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato. La stessa disposizione ha ampliato le categorie dei soggetti abilitati all’assistenza tecnica annoverando anche i dipendenti dei C.A.F. , gli spedizionieri doganali per le controversie relative a tributi doganali.

Nei casi in cui il valore della controversia sia superiore al predetto limite di 3.000,00 €, la parte privata deve munirsi di assistenza tecnica e il ricorso sottoscritto dal difensore abilitato appartenente ad una delle categorie previste dalla norma. Nel caso il contribuente abbia omesso di nominare il difensore, il riformulato art. 10 fa rinvio alle disposizioni dell’art. 182 Cpc che parla di difetto di rappresentanza o di autorizzazione.

1) AGENZIA DELLE ENTRATE E AGENZIA DELLE DOGANE

L’art. 9, c. 1, del D.Lgs. n. 156/2015, ha apportato modifiche al D Lgs n. 546/1992, tra cui l’art. 12, innovando la terminologia degli enti impositori e dei soggetti che svolgono attività di riscossione, da ritenere superata in seguito alla creazione delle Agenzie fiscali. Di conseguenza la lett. n) del citato art. 9 ha modificato l’art. 23 recante Costituzione in giudizio della parte resistente, dove al primo comma ora stabilisce: “L’ente impositore, l’agente della riscossione e i soggetti iscritti all’albo di cui all’art. 53 del D Lgs 15 dicembre 1997, n. 446, nei cui confronti è stato proposto il ricorso in giudizio entro sessanta giorni dal giorno in cui il ricorso è stato notificato, consegnato o ricevuto a mezzo del servizio postale”(1).

La Circolare n. 38/E/2015 dell’Agenzia delle entrate ha chiarito che per le cause instaurate verso articolazioni dell’Agenzia delle entrate con competenza su tutto il territorio nazionale “è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede l’Ufficio al quale spettano le attribuzioni sul tributo controverso, individuato in ragione del domicilio fiscale del contribuente, al quale è riconosciuta anche la legitimatio ad causam(2).

L’Agenzia delle entrate, quindi, è parte del processo tributario, come in passato, rientrando tra i soggetti aventi la capacità di essere parte ai sensi dell’art. 10, c. 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992. Il successivo art. 11, c. 2, prevede che l’ufficio può stare in giudizio direttamente nella persona del titolare o di un delegato ovvero avvalendosi della rappresentanza dell’ufficio del contenzioso della direzione regionale o compartimentale ad esso sovraordinata.

La veste di parte ricoperta dall’ufficio finanziario, che prima dell’istituzione degli uffici unici delle entrate è stata assunta dagli uffici distrettuali, dagli uffici provinciali IVA o dagli uffici del registro a seconda delle rispettive competenze, ha subito comunque una profonda evoluzione a seguito della riforma del Ministero delle finanze introdotta con il Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

Agenzia delle dogane e dei monopoli

La disposizione in esame contempla anche l’inserimento tra le parti dinanzi alle Commissioni tributarie dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, che come chiarito nella Circolare n. 21/D del 23/12/201 non impatta sull’attività dell’Agenzia medesima, essendo finalizzata ad adeguare il precedente dettato normativo alla sentenza n. 130/2008 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dello stesso articolo nella parte in cui attribuiva alla giurisdizione tributaria le controversie relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari indipendentemente dal fatto che le stesse fossero conseguenza di violazioni di norme di natura tributaria.

Gli uffici dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli stanno in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata. Per ciò che attiene, invece, alle controversie in materia di contributo unificato di cui all’art. 9 D.P.R. n. 115/2002, è prevsito che le cancellerie o le segreterie degli uffici giudiziari che liquidano ed accertano tale contributo, stiano in giudizio direttamente.

Per quanto attiene l’assistenza tecnica il modificato comma 6 dell’articolo 12 prevede che nei giudizi relativi ai tributi doganali l’assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie può essere esercitata anche dagli spedizionieri doganali iscritti nell’apposito albo, i quali potranno esercitare l’assistenza tecnica nelle materie di loro competenza previste dalla vigente normativa nazionale.

Il nuovo comma 8 dell’articolo 12 in esame, infine, stabilisce che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli può essere assistita, sia in primo grado che in appello, al apri dell’Agenzia delle entrate, dall’Avvocatura dello Stato. Il comma 10 del medesimo art. 12 disciplina le ipotesi di difetto di rappresentanza o di autorizzazione, rinviando alle norme contenute nell’art.182 c.p.c. secondo cui il giudice invita le parti a regolarizzare gli atti ed i documenti assegnando un termine perentorio entro il quale è possibile sanare i relativi vizi con efficacia retroattiva.

Per quanto attiene la capacità di stare in giudizio dell’Agenzia delle entrate e dogane nonché l’agente della riscossione, il D.Lgs n. 156/15 ha modificato, sostituendolo, il comma c dell’articolo 11, il quale prevede che: l’ufficio dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al D. Lgs n. 300/1999 della riscossione, nei cui confronti è proposto il ricorso, sta in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata. Inoltre stanno in giudizio direttamente le cancellerie o segreterie degli uffici giudiziari per il contenzioso in materia di contributo unificato

Note

1) Cass 18711/2015, n. 23594

La sentenza emessa in violazione del fondamentale principio del contraddittorio ( art. 101 cod. proc. civ.) è nulla ma non inesistente. I motivi di nullità della sentenza diventano motivi di impugnazione e comportano che la nullità derivante dalla mancata fruizione per il contribuente dell’assistenza tecnica obbligatoria, non avendo la commissione invitato il contribuente a nominare un difensore, deve essere fatta valere dall’interessato nei limiti e nei termini dei mezzi d’impugnazione, con la conseguenza, in difetto, della formazione del giudicato.

2) La Circolare n. 38/E/2015 Agenzia delle entrate ha chiarito, inoltre, che in materia di contributo unificato, la legittimazione processuale in giudizio delle cancellerie e delle segreterie degli uffici giudiziari è stata prevista per entrambi i gradi giudizio (CTP e CTR).

2) ALTRI ENTI IMPOSITORI

Il modificato art. 10 attribuisce la qualità di parte agli “altri enti impositori”, tra cui sono da ricomprendere gli enti locali/comuni-province-regioni (già ricompresi nella versione precedente), CCIAA (camere di commercio), consorzi di bonifica, ecc..

Pertanto come parte nel processo tributario, oltre il ricorrente, l’Agenzia delle entrate e Agenzia delle dogane, devono annoverarsi un diverso ente, territoriale o non, quale titolare del potere di emettere atti rilevanti in materia tributaria, con conseguente sua legittimazione ad essere parte nel giudizio che contro tali atti potrebbe instaurarsi dinanzi agli organi di giustizia tributaria.

Per quanto riguarda la capacità di stare in giudizio dell’ente locale il comma 3 del successivo art. 11 del D.Lgs. n. 546/92 è rimasto immutato. Pertanto “gli altri enti impositori”, tra cui annoverare il comune, camera di commercio, ecc, possono stare in giudizio mediante l’organo di rappresentanza, previsto dal proprio ordinamento ex art. 50, D.Lgs. n. 267/2000 .ovvero, come recita la vigente norma (ultima parte del comma 3), per gli enti locali privi del dirigente mediante i titolare della posizione organizzativa in cui è collocato l’ufficio. Tale ultima norma prevede, che quale organo autorizzato a rappresentare l’ente, il sindaco o il suo delegato per il comune, il presidente della provincia o il suo delegato per la provincia, il presidente della regione o il suo delegato per la regione.

Una recente sentenza della Cassazione ha stabilito che il dirigente dell’ufficio tributi dell’ente locale o il titolare della posizione organizzativa di appartenenza può stare in giudizio davanti alle Commissioni tributarie; è stato affermato il principio secondo cui l’ente locale, nei cui confronti è preposto il ricorso, può stare in giudizio anche mediante il dirigente dell’ufficio tributi, o, in mancanza di tale figura dirigenziale, mediante il titolare della posizione organizzativa comprendente l’ufficio tributi (sent. n. 3662/2015). Quanto precede fa intendere che la rappresentanza in giudizio dell’ente locale spetta anche al funzionario comunale, in quanto abilitato a sottoscrivere tutti gli atti necessari per lo svolgimento della funzione di assistenza ad essi riconosciuta, ivi compreso,, il potere di sottoscrivere il ricorso introduttivo e la costituzione in giudizio, restando fermo che il sindaco, quale organo di rappresentanza dell’ente, può farsi assistere nel giudizio dai medesimi funzionari.

Il sindaco di un comune può stare in un giudizio (civile, amministrativo e anche tributario) solo in presenza di una delibera della giunta comunale che ne autorizzi la rappresentanza processuale, laddove tale delibera sia prevista nel regolamento o nello statuto del comune. Il sindaco del comune (o il presidente della provincia), ove non sia prevista dal regolamento o dallo statuto alcuna autorizzazione della giunta dell’ente locale, può comunque stare in giudizio personalmente in quanto ha piena legittimità processuale attiva (cfr. Cass. n. 14389/2013)

L’autorizzazione a stare in giudizio, necessaria affinché un ente pubblico possa stare o resistere in giudizio, è direttamente collegata alla legittimatio ad causam, ovvero all’efficacia e non alla validità della mera costituzione dell’ente stesso, intendendo con ciò che tale autorizzazione può essere prodotta anche in corso di giudizio, ma anche che il conferimento della stessa a resistere nel giudizio di cassazione assume efficacia convalidante ex tunc dell’attività processuale del soggetto che rappresenta l’ente.

Circa il potere di sottoscrivere gli atti del giudizio e di partecipare all’udienza (jus postulandi) l’ente locale non necessita dell’assistenza di un difensore, abilitato ex art. 12 d lgs n. 546 del 1992; in tal caso, in mancanza di una espressa previsione normativa, qualora l’ente locale si fosse costituito, senza l’assistenza di professionisti abilitati, la parte soccombente dovrà rifondere solo le spese vive del processo. (cfr. Cass, n. 1445 del 1996) (2).

3) SOGGETTI ISCRITTI ABILITATI EX ART. 53 D.LGS N. 446/1997

L’art. 10, come modificato dal D.Lgs. n. 156/2015 ha previsto l’inclusione nella parte resistente dei soggetti iscritti abilitati ai sensi dell’art. 53 del D.Lgs. n. 446/1997.

I soggetti in esame sono coloro che svolgono le attività di liquidazione, accertamento e riscossione di tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, i quali possono essere assistiti da propri funzionari senza necessità di ricorrere a difensori abilitati.

L’art. 52, c. 5, del D.Lgs. n. 446/1997 prevede l’iscrizione all’Albo di cui all’articolo 53, comma 1, del medesimo decreto legislativo quale presupposto essenziale per l’esecuzione delle attività di accertamento e di riscossione dei tributi, anche se svolte disgiuntamente tra loro. Tale norma considera in modo separato la liquidazione, l’accertamento e la riscossione, specificando che per ciascuna di queste attività è richiesta l’iscrizione all’albo, tranne nel caso di rinnovo di contratti già stipulati. Per quanto riguarda la riscossione non si distingue tra la forma coattiva e quella volontaria (solo il successivo comma 6 parla di riscossione coattiva precisando la disciplina applicabile).

L’art. 53 del D. Lgs. n. 446/1997 – nel prevedere l’istituzione, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, dell’apposito “albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni” -, al comma 3 dispone che con appositi regolamenti ministeriali “tenuto conto delle esigenze di trasparenza e di tutela del pubblico interesse, sentita la conferenza Stato-città, sono definiti le condizioni ed i requisiti per l’iscrizione nell’albo, al fine di assicurare il possesso di adeguati requisiti tecnici e finanziari, la sussistenza di sufficienti requisiti morali e l’assenza di cause di incompatibilità da parte degli iscritti…”(1).

Con D.M. 11 settembre 2000, n. 289, è stato previsto il Regolamento relativo all’albo dei soggetti abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni”. Il Regolamento relativo all’albo dei soggetti di cui trattasi prevede dal 2000 presso il Ministero delle finanze, dipartimento delle entrate, direzione centrale per la fiscalità locale, l’istituzione dell’albo dei gestori di tali attività e tra tali soggetti iscrivibili si annoverano i c.d. concessionari locali, le società di capitali e le società miste.

Nota

1)Tar Lombardia-Brescia, sez. I, n. 986/2005 ; TAR Calabria 1881/2005

La funzione dell’albo è di garantire l’affidabilità di soggetti privati incaricati di ingerirsi in modo rilevante nelle attività amministrative e contabili degli enti locali dedicate al reperimento delle entrate.

Per quanto riguarda in particolare la riscossione, l’iscrizione all’albo può essere considerata necessaria unicamente quando si tratti di riscossione coattiva. Solo in questa ipotesi infatti i privati sono investiti di poteri che li pongono in posizione di supremazia rispetto ad altri soggetti.

4) AGENTE DELLA RISCOSSIONE

Come nella previgente versione dell’art. 10, l’agente della riscossione è parte “resistente” nel processo tributario a seguito delle modifiche apportate dal D.lgs. n. 156/2015.

Il concessionario è un imprenditore, persona giuridica di diritto privato, facendo parte, in quanto concessionario, dell’organizzazione della pubblica amministrazione.

La legge attribuisce la veste di parte anche al concessionario del servizio di riscossione, il quale assurge a parte necessaria del giudizio tributario solo qualora oggetto della causa sia l’impugnazione di atti allo stesso direttamente riferibili o imputabili.

Anche al concessionario, quindi, si riferisce la disposizione contenuta nel successivo art. 11, c. 3, che riconosce la capacità di stare in giudizio, per l’ente, all’organo di rappresentanza previsto dal suo ordinamento. La rappresentanza legale del concessionario spetta all’organo al quale l’atto costitutivo lo attribuisce..

La legittimazione passiva del soggetto in esame sussiste soltanto per gli atti di riscossione dallo stesso emessi, quali, ad esempio, eventuali errori collegati alla compilazione e alla intestazione della cartella di pagamento o dell’avviso di mora; lo stesso soggetto risulta invece privo di legittimazione quando l’oggetto dell’atto impugnato riguardo questioni legate ala rapporto di imposta, nel qual caso il contraddittorio deve essere instaurato con l’ente impostore.

Il concessionario viene ad essere privo, invece, di legittimazione passiva quando la causa petendi dell’atto impugnato attiene a questioni sostanziali inerenti il rapporto d’imposta, nel qual caso il contraddittorio deve essere instaurato con l’ente impositore.

La capacità di resistere in giudizio (legitimatio ad processum) è attribuita al rappresentante legale del concessionario della riscossione, il quale sta in giudizio a mezzo del rappresentante legale a difesa degli atti emessi in proprio.

La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che il concessionario del servizio di riscossione è parte anche nel caso di silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso avanzata dal contribuente. In caso di instaurazione del contraddittorio, il medesimo è parte allorché oggetto del giudizio è l’impugnazione di atti viziati da errori ad esso direttamente imputabili e, cioè, nei casi di vizi propri della cartella di pagamento e dell’avviso di mora, ai quali va equiparata l’ipotesi di omessa adozione dell’atto richiesto, come nel caso di silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso avanzata dal contribuente

I giudici di legittimità hanno ritenuto che in questi casi l’atto va impugnato chiamando in causa esclusivamente il concessionario, al quale è direttamente ascrivibile il vizio del provvedimento, seppure reso in forma tacita, non essendo configurabile un litisconsorzio necessario con l’ente impositore. Conseguentemente è inammissibile il ricorso proposto esclusivamente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, non potendosi disporre successivamente l’integrazione del contraddittorio nei confronti del concessionario medesimo (Cass. n. 8370/2015).

Il giudice può disporre la chiamata in giudizio nei confronti del concessionario della riscossione se nel ricorso siano proposte delle censure concernenti sia quest’ultimo che l’agenzia delle entrate (CTP Siracusa n. 1777/14).

La Corte Costituzionale ha affermato di recente l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, c. 1, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nel testo vigente anteriormente alla sua sostituzione ad opera dell’art. 9, comma 1, lettera b), del D. Lgs , n. 156/2015, nella parte in cui prevede che per le controversie proposte nei confronti dei concessionari del servizio di riscossione è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione i concessionari stessi hanno sede, anziché quella nella cui circoscrizione ha sede l’ente locale concedente; analogo discorso è stato fatto per le controversie nei confronti dei soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 del D. Lgs , n. 446/97 in è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione i medesimi soggetti hanno sede, anziché quella nella cui circoscrizione ha sede l’ente locale impositore (Sent. n. 44/ del 3 marzo 2016; CTP Cremona nn. 169 e 170/2015).

6 giugno 2016

Enzo Di Giacomo