Le istruzioni pratiche per accedere al bonus scuola

sono stati emanati i chiarimenti fiscali per l’utilizzo del credito d’imposta relativo al bonus scuola (o school bonus) – derivante dalle erogazioni liberali in denaro destinate agli investimenti in favore di tutti gli istituti del sistema nazionale di istruzione

L’art. 1, comma 145, della L. n. 107/2015 ha istituito il cd. Bonus scuola, prevedendo che “per le erogazioni liberali in denaro destinate agli investimenti in favore di tutti gli istituti del sistema nazionale di istruzione, per la realizzazione di nuove strutture scolastiche, la manutenzione e il potenziamento di quelle esistenti e per il sostegno a interventi che migliorino l’occupabilità degli studenti, spetta un credito d’imposta pari al 65 per cento delle erogazioni effettuate in ciascuno dei due periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2014 e pari al 50 per cento di quelle effettuate nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016”.

Il credito d’imposta è riconosciuto alle persone fisiche nonche’ agli enti non commerciali e ai soggetti titolari di reddito d’impresa e non è cumulabile con altre agevolazioni previste per le medesime spese.

In forza di quanto previsto dal comma 147, dell’articolo 1, il credito d’imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo e le spese sono ammesse al credito d’imposta nel limite dell’importo massimo di euro 100.000 per ciascun periodo d’imposta.

Per i soggetti titolari di reddito d’impresa, il credito d’imposta, ferma restando la ripartizione in tre quote annuali di pari importo, è utilizzabile tramite compensazione ai sensi dell’art. 17, del D.Lgs. n. 241/97, e non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive.

Il credito d’imposta è riconosciuto a condizione che le somme siano versate in un apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato secondo le modalità definite con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Le predette somme sono riassegnate ad apposito fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca per l’erogazione alle scuole beneficiarie. Una quota pari al 10 per cento delle somme complessivamente iscritte annualmente sul predetto fondo è assegnata alle istituzioni scolastiche che risultano destinatarie delle erogazioni liberali in un ammontare inferiore alla media nazionale, secondo le modalità definite con il decreto di cui al primo periodo.

La norma obbliga i soggetti beneficiari a dare pubblica evidenza/comunicazione dell’ammontare delle somme erogate, nonchè della destinazione e dell’utilizzo delle erogazioni stesse tramite il proprio sito web istituzionale, nell’ambito di una pagina dedicata e facilmente individuabile, e nel portale telematico del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

Evidenziamo che il comma 231, lettera a, dell’articolo 1, della legge di stabilità 2016 ha posticipato di un anno l’entrata in vigore del credito d’imposta in questione.

Il regime fiscale agevolato introdotto ha natura temporanea, e per effetto della nuova formulazione della norma, è pari al 65 per cento delle erogazioni liberali effettuate nei periodi d’imposta 2016 e 2017 e al 50 per cento di quelle effettuate nel periodo d’imposta 2018. Resta fermo che la misura agevolativa non è cumulabile con altre agevolazioni previste per le medesime spese ed è previsto un tetto massimo di euro 100.000 di spese agevolabili per ciascun periodo d’imposta.

Relativamente ai limiti di utilizzo, con riferimento ai soggetti titolari di reddito di impresa – in assenza di una contraria previsione da parte della norma istitutiva – la circolare n.20/E del 18 maggio 2016 ha chiarito che il credito soggiace agli ordinari limiti di fruizione, pari a 250.000 euro, previsti dall’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge Finanziaria 2008).

Quanto al coordinamento di tale limite con quello generale alle compensazioni previsto dall’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (limite di euro 700.000) le Entrate confermano i chiarimenti resi con la risoluzione n. 9/DF del 3 aprile 2008, secondo cui “… qualora in un determinato anno il contribuente si trovi nella condizione di non poter sfruttare appieno il limite generale dei 516.456,90 (ndr. attualmente, 700.000 euro), sarà possibile utilizzare i crediti d’imposta in questione anche lo specifico limite dei 250.000 euro, fino a colmare la differenza non sfruttata del limite generale…”.

Peraltro, ricorda la nota d’Agenzia, il limite di cui al citato articolo 34, non riguarda i crediti di imposta nascenti dall’applicazione di discipline agevolative sovvenzionali, consistenti – come nel caso de quo – nell’erogazione di contributi pubblici sotto forma di crediti compensabili con debiti tributari o contributivi (cfr ex multis Circolare n. 219 del 18 settembre 1998 e risoluzione n. 86/E del 24 maggio 1999).

Inoltre, viene precisato nel documento di prassi pubblicato, che per le caratteristiche del credito in esame, non si applica neanche la limitazione di cui all’articolo 31 del decreto-legge n. 78 del 2010, che prevede un divieto di compensazione ai sensi dell’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 241 del 1997 dei crediti relativi alle imposte erariali in presenza di debiti iscritti a ruolo, per imposte erariali ed accessori, di ammontare superiore a 1.500 euro (cfr circolare n. 13 del 2011 e relazione illustrativa al DL n. 78 del 2010).

10 giugno 2016

Gianfranco Antico