Il credito di imposta esposto in dichiarazione non si consolida col passare del tempo

la decadenza del potere di rettificare la dichiarazione integrativa non incide sul procedimento di rimborso di eventuali crediti d’imposta: il contribuente che ritiene di avere versato una somma superiore a quanto dovuto ha l’onere di dimostrare l’inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento, mentre il fisco può comunque far emergere fatti impeditivi della richiesta nonostante il decorso del termine di accertamento

pagamenti-commercialista-telematico-2La decadenza del potere di rettificare la dichiarazione integrativa non incide sul procedimento di rimborso di cui all’art. 38 DPR n. 602 del 1973, secondo cui il contribuente, che ritiene di avere versato una somma superiore a quanto dovuto, ha l’onere di dimostrare l’inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento, ma l’Amministrazione può comunque far emergere fatti impeditivi della richiesta nonostante il decorso del termine di accertamento.

Sono queste le conclusioni cui giunge la Cassazione nella sentenza n.10476 del 20 maggio 2016.

Nel caso in esame, con la dichiarazione rettificativa presentata, una società esponeva in dichiarazione un rimborso circa 140 milioni di vecchie lire per imposta sostitutiva sui titoli industriali versata in eccedenza.

Sia in primo che in secondo grado venivano accolte le doglianze di parte. In particolare, la CTR concludeva così: “stante il superamento dei termini di rettifica della dichiarazione, si deve affermare la legittimità e la definitività del richiesto rimborso di imposta, poiché è ormai preclusa all’Amministrazione finanziaria qualsiasi attività di verifica documentale in ordine al credito vantato dalla società”.

Tale pensiero non ha trovato tuttavia conferma in Cassazione. Secondo i Giudici supremi “la presentazione di una dichiarazione annuale dei redditi (originaria o integrativa) contenente l’esposizione di un credito di imposta, alla quale non sia seguita alcuna rettifica da parte dell’Amministrazione finanziaria nei termini di decadenza per l’azione accertatrice previsti dalla legge, non determina, per ciò solo, un consolidamento del credito d’imposta indicato in dichiarazione e la definitiva costituzione del diritto al rimborso”.

Infatti, la decadenza dei termini di accertamento non preclude all’Amministrazione finanziaria la possibilità di contestare la sussistenza di un debito: “la decadenza dalla facoltà di rettificare la dichiarazione integrativa non incide sulla procedura di rimborso prevista dall’art. 38 d.P.R. 29 settembre n. 602/1973, che pone a carico del contribuente, che assume di aver versato una somma superiore al dovuto, l’onere di dimostrare l’inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento, e consente all’Amministrazione finanziaria, presunta debitrice, di allegare i fatti impeditivi della richiesta”.

Breve nota

Le conclusioni cui è giunta la Cassazione nella sentenza che si annota sono sostanzialmente uniformi a quelle espresse a SS.UU. nella sentenza n. 5069 del 15 marzo 2016, secondo cui il rimborso di un credito chiesto a rimborso può essere disconosciuto dall’Amministrazione finanziaria anche oltre gli ordinari termini fissati per l’esercizio del potere di accertamento. In pratica, il venir meno del poter di accertamento dell’ufficio non consolida il credito del contribuente esposto in sede di dichiarazione. Infatti, non è possibile che un eventuale credito illegittimo, possa essere riconosciuto, solo perché è naturalmente spirato il termine per i controlli.

La Corte, quindi, non conferma lo schema secondo cui il mancato esercizio da parte dell’Amministrazione Finanziaria comporta l’obbligo di rimborsare il credito da dichiarazione non tempestivamente contestato.

Le Sezioni Unite, pur prendendo atto della disarmonia del sistema, rilevano comunque che l’eventuale inerzia dell’ufficio può essere vinta attraverso l’impugnazione del silenzio rifiuto, così da far venire meno l’incertezza nella definizione del rapporto tributario.

La sentenza che si annota determina così la necessità per il contribuente di provare la spettanza del credito esposto in dichiarazione, fin dal primo grado di giudizio (cosa peraltro evidenziata nella pronuncia a SS.UU.), con l’obbligo di conservazione della documentazione sino alla definizione del contesto.

27 giugno 2016

Gianfranco Antico