Autotutela e revoca parziale dell’atto impositivo: prassi e problemi aperti

la gestione pratica della cosiddetta autotutela parziale: si tratta del caso in cui il fisco annulla (anche in sede processuale) solo una parte del suo avviso di accertamento; tale tipo di autotutela prevede una prassi complessa per arrivare a definizione ed acquiescienza

Considerazioni  preliminari: l’isituto dell’autotutela

Non si intende in questa sede approfondire gli aspetti normativi e giuridici dell’istituto dell’autotutela e ci si limita, quindi, a fornire alcune indicazioni di massima.

Il primo comma dell’articolo 2 quater del D.L. 564/1994 prevede che:

Con decreti del Ministro delle finanze sono indicati gli organi dell’Amministrazione finanziaria competenti per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio o di revoca, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, degli atti illegittimi o infondati.

Con gli stessi decreti sono definiti i criteri di economicità sulla base dei quali si inizia o si abbandona l’attività dell’amministrazione”.

Dal testo normativo si evince che, l’istituto dell’autotutela si configura come potere di annullamento e di revoca degli atti illegittimi o infondati, nonché di rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento, ossia di accertamento d’ufficio in assenza di dichiarazione.

Tali attività, quale espressione del Potere/dovere che caratterizza le attività dell’amministrazione pubblica, devono essere esercitate sulla base delle notizie, dati e informazioni nella disponibilità dell’ufficio finanziario preposto.

autotutela agenzia delle entrateCome noto, l’attività di annullamento o revoca degli atti amministrativi potrà intervenire quale effetto di un’autonoma iniziativa dell’ufficio ovvero a seguito di un’istanza proposta dal contribuente mediante la quale si sottopongono all’amministrazione notizie, dati e informazioni di cui non ha tenuto conto nella redazione dell’atto impositivo ovvero argomentazioni idonee a giustificare un errato apprezzamento degli elementi sulla base dei quali ha radicato l’atto impositivo.

Ai sensi del primo comma dell’articolo 2 quater DL 564/1994, l’amministrazione può ricorrere in autotutela anche in pendenza del giudizio o in situazioni di non impugnabilità dell’atto di accertamento o della sentenza emanata a seguito della contestazione dell’atto stesso.

In altre parole, solo la sentenza passata in giudicato che si sia espressa sul merito costituisce il termine non superabile per esercitare l’autotutela.

NON COSTITUISCONO UN LIMITE ALL’ESPERIMENTO DELL’AUTOTUTELA:
– La sentenza passata in giudicato che abbia accertato solo l’esistenza di ragioni pregiudiziali;
– L’intervenuta definitività dell’atto per effetto dell’inutile decorso del termine per la proposizione del ricorso;
– Il tempo più o meno lungo trascorso dall’emanazione dell’atto.

Il potere di autotutela oltre l’annullamento e revoca, totale o parziale degli atti comprende anche quello di rinnovare gli atti affetti da vizi e quello di sospendere gli effetti degli atti.

AMBITO DELL’AUTOTUELA

Il potere di autotutela comprende
–          Quello di annullare, revocare totale o parziali degli atti o di rinuncia all’imposizione;
–          Quello di rinnovare gli atti affetti da vizi formali, entro il termine di decadenza del potere di accertamento, cd. autotutela sostitutiva;
–          Quello sospendere gli effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato (art. 2 quater c. 1 bis – 1 quinquennio DL 564/1994).

Autotutela: le novità introdotte dal D.lgs 159/2015

L’articolo 11 del D.Lgs. 159/2015 ha aggiunto tre commi all’articolo 2 quater del D.L. 564/1994 che prevedono la possibilità per il contribuente di fruire degli istituti deflattivi per la riduzione delle sanzioni applicabili con riferimento all’atto originario e alle medesimi condizioni esistenti al momento della notifica dello stesso.

Le disposizioni prevedono che la definizione a seguito di autotutela parziale non si applica alla definizione agevolata delle sole sanzioni di cui all’articolo 17 co. 2 del D.Lgs 472/1997.

Infine è previsto che l’annullamento o la revoca parziale non sono impugnabili autonomamente.

LE NUOVE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI AUTOTUTELA

co. 1 sexies: Nei casi di annullamento (revoca) parziale dell’atto il contribuente può avvalersi degli istituti di definizione agevolata delle sanzioni alle medesime condizioni esistenti alla data di notifica dell’atto, PURCHE’ RINUNCI AL RICORSO. In tal caso le spese del giudizio restano a carico delle parti che le hanno sostenute.
Co. 1 septies: La disposizione non si applica alla definizione agevolata delle sole sanzioni;
Co.    1    octies:    L’annullamento o    la    revoca    parziale    non    sono    impugnabili autonomamente.

La definizione agevolata a seguito di autotutela parziale

Per un compiuto esame dell’istituto della definizione agevolata a seguito di autotutela appare necessario esaminarne l’ambito applicativo, gli atti definibili, la procedura.

Ambito applicativo

La nuova normativa di definizione agevolata delle sanzioni, è inserita nella disposizione che disciplina in generale l’istituto dell’autotutela.

Ne deriva che, la stessa è applicabile con riferimento a tutti gli atti impositivi emessi da qualsiasi organo dell’amministrazione finanziaria (non solo l’agenzia delle Entrate ma tutti gli enti impositori (es. regioni, province, comuni etc.));

Vale la pena di precisare, ancorché apparentemente superfluo, che, tenuto conto del meccanismo della disposizione, la norma trova applicazione se sussiste uno strumento deflativo delle sanzioni applicabile a seguito della notifica dell’atto impositivo originario e con riferimento al momento della notifica del relativo atto.

Strumento deflattivo applicabile

Il comma 1 sexies dell’articolo 2 quater del D.L. 564/1994 dispone la possibilità di avvalersi degli istituti deflattivi di definizione agevolata previsti per l’atto oggetto di annullamento o revoca parziale, senza dare esatta indicazione dello strumento di definizione adottabile.

L’agenzia delle Entrate, con le circolari 12/E/2016 e 38/E/2015, ha precisato che, per gli atti impositivi emessi dall’agenzia delle entrate, ai fini delle disposizioni in trattativa, si applica l’istituto dell’acquiescenza di cui all’articolo 15 del D.Lgs. 218/1997.

In particolare, nella circolare 38/E/2015 l’agenzia delle Entrate ha precisato che:

In applicazione della citata disposizione, si ritiene che il contribuente che abbia ottenuto l’accoglimento parziale del reclamo, previa rinuncia al deposito del ricorso con riguardo agli altri motivi di doglianza non accolti, è rimesso in termini per ottenere eventualmente la riduzione delle sanzioni ad un terzo prevista dall’articolo 15 del D.Lgs. n. 218 del 1997

In sostanza è chiarito che, l’istituto deflattivo delle sanzioni, applicabile in caso di autotutela parziale ai sensi del comma 1 sexies dell’articolo 2 quater del D.L. 564/1994, è quello dell’acquiescenza e che la particolare procedura di definizione potrà trovare applicazione anche a seguito di accoglimento parziale del reclamo proposto dal contribuente ai sensi dell’articolo 17 bis del D.Lgs. 546/1992.

L’articolo 15 del D.Lgs. 218/1997, nella versione attualmente vigente, prevede la riduzione delle sanzioni ad un terzo

se il contribuente rinuncia ad impugnare l’avviso di accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con adesione, provvedendo a pagare, entro il termine per la proposizione del ricorso, le somme complessivamente dovute, tenuto conto della predetta riduzione. In ogni caso la misura delle sanzioni non può essere inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo”.

Ne deriva che il contribuente che a seguito di un provvedimento di autotutela parziale, rinuncia al ricorso potrà fruire della riduzione delle sanzioni ad 1/3 ai sensi e nei termini di cui all’articolo 15 del D.Lgs. 218/1997.

L’agenzia delle entrate, con la circolare 12/E/2016, ha ulteriormente precisato che,

il nuovo strumento deflattivo del contenzioso è volto a consentire al contribuente destinatario di un provvedimento di autotutela parziale relativo a un atto impugnato di prestare acquiescenza alla pretesa come rideterminata in autotutela, alle stesse condizioni esistenti al momento della notifica dell’atto oggetto di parziale annullamento d’ufficio.

In particolare, l’istituto deflattivo delle sanzioni applicabile deve essere individuato con riferimento a quello applicabile all’atto impositivo e in vigore al tempo della sua notifica risultando irrilevante la circostanza che tale strumento, vigente al momento della notifica, successivamente, abbia subito modifiche o sia stato abrogato.

Poiché con riferimento agli atti notificati entro la data del 31 dicembre 2015, la definizione agevolata ex art. 15 del D.Lgs. 218/1997 prevedeva la riduzione delle sanzioni ad 1/6, quando l’atto non sia stato preceduto da un invito definibile ai sensi dell’art. 5 o da un PVC definibile ai sensi dell’articolo 5 bis del medesimo decreto 218/1997, laddove l’annullamento parziale dell’atto abbia ad oggetto un atto impositivo notificato entro la predetta data del 31 dicembre 2015, il contribuente potrà fruire, ai sensi del comma 1 sexies dell’articolo 2 quater del D.L. 564/1994, della definizione agevolata della sanzione con riduzione delle stesse ad 1/6.

L’agenzia delle entrate con il documento di prassi 12/E/2016 ha affermato che, l’annullamento parziale di un atto impositivo originariamente definibile con la riduzione delle sanzioni ad 1/6, (ai sensi delle abrogate norme), ancorché notificato dopo la data di efficacia dell’abrogazione (dopo il 31 dicembre 2015), consente la rimessione nei termini per esercitare la facoltà di definire con la riduzione a un sesto della sanzione.

Atti definibili

La norma prevede che:

in caso di annullamento o revoca parziale dell’atto il contribuente può avvalersi degli istituti deflativi previsti per l’atto oggetto di annullamento o revoca alle medesime condizioni esistenti alla data di notifica dell’atto purché rinunci al ricorso.

Ne deriva che, la disposizione si applica sicuramente per gli atti impugnati e per i quali è ancora esperibile l’autotutela.

Come già precisato, l’amministrazione può ricorrere all’autotutela anche in pendenza del giudizio o in situazioni di non impugnabilità dell’atto di accertamento o della sentenza emanata a seguito della contestazione dell’atto stesso e solo la sentenza passata in giudicato che si sia espressa sul merito costituisce il termine non superabile per esercitare l’autotutela.

Poiché la norma non fa riferimento agli atti impugnati ma si limita ad indicare gli atti, si deduce che l’applicazione della disposizione possa trovare applicazione anche con riferimento agli atti non impugnati.

L’agenzia delle Entrate nella circolare 12/E/2016, conferma tale interpretazione precisando che, l’istituto dell’acquiescenza tardiva potrà trovare applicazione anche nell’ipotesi di autotutela parziale intervenuta in assenza di impugnazione ma in data antecedente alla scadenza del termine di impugnazione.

Secondo l’agenzia delle entrate, quindi, l’annullamento parziale dell’atto notificato in data successiva alla scadenza del termine di proposizione del ricorso non consentirebbe l’applicazione delle disposizioni di definizione delle sanzioni.

Tale interpretazione non risulta completamente appagante.

Per il principio di imparzialità (parità di trattamento) e della correttezza nell’agire amministrativo (Art. 97 costituzione e art. 1 del D.Lgs 241/1990) si ritiene che la possibilità di fruire dell’acquiescenza non sia esclusa nelle ipotesi di autotutela parziale intervenuta con riferimento agli atti definitivi per omessa impugnazione.

In altri termini si ritiene che, la definizione delle sanzioni a seguito di autotutela possa trovare applicazione in tutti i casi in cui l’amministrazione adotti un atto di annullamento o revoca parziale dell’atto a prescindere dalla situazione amministrativa o giuridica dell’atto stesso.

Procedura di definizione

La definizione, come espressamente previsto dal testo normativo, è subordinata alla rinuncia al ricorso e quindi alla rinuncia al contenzioso tributario.

Sotto il profilo procedurale, la norma non fornisce alcuna ulteriore indicazione e non effettua alcun rinvio a provvedimenti attuativi di prossima emanazione.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, la norma non richiede la contestuale formalizzazione da parte del contribuente della rinuncia all’impugnazione proposta, né subordina la definizione all’accettazione della rinuncia da parte dell’ente impositore.

Secondo l’interpretazione dell’amministrazione, il perfezionamento della definizione risulta unicamente subordinato al comportamento concludente del contribuente che coincide con il pagamento delle somme dovute ovvero della prima rata in caso di opzione per il pagamento rateale, nei termini e secondo le modalità previste per il perfezionamento dell’istituto dell’acquiescenza.

In altri termini, il pagamento degli importi dovuti, o della prima rata in caso di opzione per il pagamento rateale, per effetto dell’acquiescenza, genera opis lege la rinuncia al ricorso (rinuncia al contenzioso).

L’Agenzia delle Entrate precisa, inoltre, che il contribuente potrà comunicare al Giudice e all’ente impositore parte in giudizio la cessazione della materia del contendere allegando la documentazione che attesta l’avvenuto pagamento con dichiarazione di estinzione del giudizio.

Diversamente e, quindi in caso di inerzia, sarà l’ufficio ad attivarsi in tal senso.

Tale interpretazione non pare coincidere con la lettura della normativa la quale, espressamente, subordina il perfezionamento della procedura di definizione alla “rinuncia al ricorso” che si ritiene dovrà essere esercitata nelle forme di rito.

Con riferimento alle spese di giudizio la norma prevede espressamente che le stesse restano a carico delle parti che le hanno sostenute.

Va da se che tali ultime precisazioni riferite alla modalità di rinuncia, valgono per le ipotesi in cui il procedimento giudiziario tributario sia già stato instaurato e quindi quando l’acquiescenza tardiva intervenga in momento successivo alla formale costituzione in giudizio.

In ogni caso e come già precisato il contribuente per fruire della riduzione delle sanzioni, dovrà effettuare il pagamento integrale delle imposte rideterminate e dei corrispondenti interessi, e delle sanzioni ridotte in base al tributo rettificato in autotutela e nella misura ridotta previsa dall’articolo 15 del D.Lgs 218/1997.

Il termine entro il quale il contribuente deve effettuare il pagamento delle sopra indicate somme è quello di proposizione del ricorso.

Ne deriva che il termine per perfezionare l’acquiescenza potrebbe risultare successivo a quello previsto per le diverse fasi processuali.

Si ritiene che l’eventuale comportamento conservativo del contenzioso del contribuente in pendenza del termine di perfezionamento della definizione a seguito di autotutela parziale, non faccia venir meno la facoltà di definire la controversia a seguito dell’annullamento parziale dell’atto.

Se per esempio l’autotutela interviene in pendenza del termine di 30 giorni per la costituzione in giudizio, si ritiene che il deposito degli atti presso il giudice tributario non possa essere considerato comportamento concludente espressivo della rinuncia alla definizione il cui termine di scadenza è successivo.

Infine pare non rilevante precisare che, nei casi di definizione delle sanzioni a seguito di annullamento parziale dell’atto impositivo opera il cumulo giuridico pieno, cioè quello avente a riferimento tutti i tributi e tutte le annualità oggetto di accertamento (art. 12 D.Lgs 472/1997).

Tale aspetto dovrà essere valutato laddove la particolare situazione amministrativa e giuridica dell’atto possa consentire l’adozione di altri strumenti deflattivi quali ad esempio la mediazione o la conciliazione giudiziale.

Per tali istituti, come previsto dal comma 8 dell’articolo 12 del D.Lgs 472/1997, il cumulo giuridico (irrogazione di un’unica sanzione) si applica per ciascun tributo e per ciascun periodo di imposta.

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20 giugno 2016

Mario Agostinelli e Luca Bianchi

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