Regime forfettario: irrilevanza fiscale delle plusvalenze, minusvalenze e sopravvenienze

per i contribuenti che operano col regime forfettario le plusvalenze e le minusvalenze sono sempre irrilevanti; attenzione però alle cessioni di beni strumentali una volta che il contribuente sarà uscito dal regime forfettario, ecco le regole

forte-immagineL’Agenzia delle entrate ha ritenuto che ai fini della determinazione del reddito secondo i criteri del regime forfettario indicati dalla Legge n. 190/2014 le plusvalenze e le minusvalenze sono sempre irrilevanti. La stessa conclusione vale per le sopravvenienze attive e passive.

L’interpretazione, fornita con la Circ. n. 10/E del 4 aprile del 2016, è perfettamente aderente al testo di legge. La legge di Stabilità del 2015, che ha introdotto il nuovo regime, non ha riprodotto la medesima disposizione applicabile ai contribuenti che si avvalgono del regime di vantaggio (regime dei minimi). Ai sensi dell’art. 1, comma 104 della legge n. 244/2007 i contribuenti che fruiscono del regime dei minimi devono determinare il reddito tenendo in considerazione le eventuali plusvalenze realizzate.

A ben vedere la rilevanza delle plusvalenze per uno solo dei due regimi è la logica conseguenza dei diversi criteri di determinazione del reddito. I contribuenti che si sono avvalsi (e ancora oggi si avvalgono) del regime dei minimi, determinano il reddito dell’attività in base a criteri di tipo analitico. In questo caso deve essere effettuata la differenza tra i ricavi e i compensi incassati e le spese sostenute nel periodo di imposta. Si applica, quindi, un criterio di cassa puro.

Il costo sostenuto per l’acquisto dei beni ammortizzabili è deducibile in un’unica soluzione nell’esercizio in cui avviene il pagamento della spesa. A tal proposito l’Agenzia delle entrate ha anche precisato che per i beni utilizzati promiscuamente la quota deducibile ammonta in ogni caso al 50 per cento senza tenere in considerazione le diverse percentuali di deducibilità previste dal TUIR.

I contribuenti che usufruiscono del nuovo regime forfetario determinano il reddito sulla base di criteri completamente diversi. La base di partenza è costituita dai ricavi o dai compensi (per i professionisti) incassati nel periodo di imposta. All’ammontare così determinato devono essere applicati gli appositi coefficienti di redditività previsti dalla legge n. 190/2014. Non assumono alcuna rilevanza le spese effettivamente sostenute. E’ dunque logico che la relativa disciplina non abbia riproposto, come per i contribuenti minimi, la rilevanza delle plusvalenze.

La Circolare n. 10/E citata va ancora oltre e precisa che le plusvalenze (e le minusvalenze) sono comunque irrilevanti anche se riferite a beni acquistati precedentemente rispetto all’entrata nel regime forfetario. Si tratta, indubbiamente, di una semplificazione importante. Il contribuente fin quando applicherà il nuovo forfait non dovrà distinguere i beni ammortizzabili acquistati prima rispetto a quelli acquistati nel periodo di permanenza del nuovo regime.

Sarà però necessario prestare attenzione qualora le cessioni dei beni strumentali, fino allora impiegati, dovessero essere oggetto di cessione una volta che il contribuente sarà uscito dal regime forfetario. In tale ipotesi sarà necessario tenere distinti i beni ceduti a seconda del momento in cui è avvenuto l’acquisto.

In particolare, se i beni sono stati acquistati in periodi precedenti rispetto a quello di adozione del regime forfetario, si deve assumere quale costo non ammortizzato, quello risultante alla fine dell’esercizio precedente a quello dal quale decorre il regime. Ad esempio se il contribuente ha acquistato il bene ammortizzabile (poi ceduto) nell’anno 2013 e ha adottato il regime forfetario dal 1° gennaio 2016, si deve assumere per determinare la plusvalenza il costo fiscalmente riconosciuto al 31 dicembre 2015. Ciò qualora la cessione sia effettuata una volta che il contribuente sarà uscito dal nuovo forfait.

Viceversa se si tratta di beni acquistati durante il periodo di permanenza nel regime forfetario, il costo non ammortizzato coincide con il prezzo di acquisto. Ad esempio se il costo di acquisto a ammonta a 1.000 euro e una volta uscito dal regime in rassegna la cessione dovesse essere effettuata a 1.100 euro, la plusvalenza sarà pari a 100 euro. La soluzione è coerente con i criteri di determinazione del reddito adottati. Non avendo considerato in detrazione alcuna quota di ammortamento il costo fiscalmente riconosciuto sarà perfettamente equivalente all’onere effettivo sostenuto in coincidenza dell’acquisto.

4 maggio 2016

Nicola Forte