La tutela cautelare nel nuovo processo tributario

fra le tante importanti novità che hanno investito il processo tributario, analizziamo quelle relative alla tutela cautelare che è stata estesa a tutte le fasi del processo tributario, mentre prima era discplinata solo per il primo grado di giudizio

villani_2L’art. 9 del Decreto Legislativo n. 156, del 24 settembre 2015, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 233 del 07.10.2015 – Supplemento ordinario n. 55 ha apportato, come ormai noto, rilevanti modifiche al Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (“Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413”).

Nell’ambito delle significative novità si evidenzia, in tale sede, quella relativa alla tutela cautelare che è stata estesa a tutte le fasi del processo tributario, disciplinata finora solo per il primo grado di giudizio.

La tutela cautelare è la tutela che il ricorrente può chiedere al giudice e che deriva dal fatto che gli atti tributari sono provvedimenti esecutivi e, di conseguenza, in mancanza di sospensiva, le somme pretese dall’ente creditore possono essere immediatamente riscosse.

La tutela cautelare può essere richiesta qualora vi sia una potenziale fondatezza del ricorso sulla base di una valutazione di carattere sommario e qualora sussista un danno grave e irreparabile che conseguirebbe all’esecutorietà dell’atto impugnato.

La proposizione di una domanda cautelare dà luogo ad una sorta di procedimento incidentale che si innesta nell’ambito del processo relativo all’atto che è oggetto di sospensiva.

Chiarito ciò, la tutela cautelare, con decorrenza 1° gennaio 2016, ha subito sostanziali modifiche a seguito degli interventi attuati con il D. Lgs. 156/2015 sopra citato.

Infatti, la possibilità di richiedere la sospensione giudiziale, prima della sopra citata intervenuta riforma, sancita nell’art. 47 del D. Lgs. n. 546/1992, era concessa solo davanti all’organo giudicante in primo grado.

Ciò in ragione dell’espressa esclusione, in fase di appello, del potere del giudice di sospendere l’esecuzione della sentenza gravata in forza del mancato richiamo nel processo tributario della disposizione di cui all’art. 337 c.p.c., che al comma 1, prevede che <<l’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell’impugnazione di essa, salve le disposizioni degli articoli 283, 373, 401 e 407>>.

Pertanto, in considerazione del fatto che l’art. 49, D. Lgs. n. 546/1992 nel disporre che << Alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del codice di procedura civile, escluso l’ art. 337 e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto>> prevedeva, appunto, l’inapplicabilità dell’art. 337 c.p.c., si ritenevano inapplicabili al processo tributario anche i correlati articoli 283 e 373 c.p.c., in tema di sospensione di esecutività delle sentenze di primo e di secondo grado.

Tale mancata previsione ha da sempre suscitato varie critiche in dottrina, costituendo, a giudizio di alcuni, un’irragionevole compressione del diritto di difesa del contribuente esposto alle conseguenze dell’esecuzione dell’atto impositivo.

E’ con l’intervento della Corte Costituzionale, in particolare con la sentenza n. 217 del 17 giugno 2010, che l’orientamento sopra delineato si evolve in senso favorevole all’applicazione dell’art. 373 c.p.c. nel processo tributario. Si giunge, in tal modo, ad una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 49 del D.lgs. n. 546/1992, con l’estensione al processo tributario dell’applicazione della sospensione cautelare anche nelle fasi successive al primo grado di giudizio.

Tale indirizzo viene, poi, di recente ribadito e confermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 109 del 26 aprile 2012 e con le successive ordinanze n. 181 dell’11 luglio 2012 e n. 254 del 15 novembre 2012.

Nonostante, però, le suddette chiare pronunce della Corte Costituzionale, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità e di merito non è mai stato univoco sul punto. Ed infatti, a sentenze favorevoli alla sospensione dell’esecutività delle sentenze impugnate in primo e secondo grado (ex multis, sentenza Cass. n. 2845 del 24 febbraio 2012; ordinanza C.T.R. Lazio n. 65 del 2 maggio 2013; decreto C.T.R. Lazio n. 25 del 25 ottobre 2012) si sono contrapposte sentenze di segno opposto (ex multis, sentenza Cass. n. 21121 del 13 ottobre 2010; ordinanza C.T.R. Lazio n. 3 del 12 gennaio 2011).

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Adesso, con le modifiche apportate dal decreto di riforma del contenzioso tributario, che ha ripreso, nel caso di specie, la mia proposta legislativa (disegno di legge della Sen. Gambaro sulla riforma del processo tributario, presentato al Senato il 6 agosto 2014 n. 1593) la possibilità di richiedere non solo la sospensione della sentenza impugnata ai sensi degli artt. 283 e 373 c.p.c., ma anche la sospensione dell’atto impugnato per evitare le iscrizioni a ruolo da parte dell’Ufficio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 68, comma 1, lett. a), b) e c) del D. Lgs. n. 546/1992, diventa norma.

Ciò, pertanto, significa che dopo la sentenza di primo grado, in base alle nuove disposizioni l’appellante (e anche l’ufficio impositore) può chiedere alla commissione tributaria regionale di sospendere in tutto o in parte l’esecutività della sentenza impugnata. A questo fine devono sussistere gravi e fondati motivi. Viene, poi, previsto che il contribuente possa comunque chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto se da questa gli derivi un danno grave e irreparabile.

Invece, dopo la sentenza di secondo grado, la parte che ha proposto ricorso per cassazione può chiedere alla commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza di sospenderne in tutto o in parte l’esecutività laddove, però, a differenza di quella di primo grado, in questa ipotesi occorre provare il danno grave e irreparabile e non i gravi e fondati motivi. Resta ferma, invece, come per la fase precedente, la possibilità per il contribuente di chiedere comunque la sospensione dell’esecuzione dell’atto se da questa può derivargli un danno grave e irreparabile.

Ed allora, nel dettaglio, in sostituzione del vecchio art. 52 del D. Lgs. 546/1992, con il nuovo art. 52 (“Giudice competente e provvedimenti sull’esecuzione provvisoria in appello”), dopo le modifiche apportate dall’art. art. 9, comma 1, lett. v), D. Lgs. n. 156/2015, è stabilito che:

<<1.  La sentenza della commissione provinciale può essere appellata alla commissione regionale competente a norma dell’articolo 4, comma 2.

2.  L’appellante può chiedere alla commissione regionale di sospendere in tutto o in parte l’esecutività della sentenza impugnata, se sussistono gravi e fondati motivi. Il contribuente può comunque chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto se da questa può derivargli un danno grave e irreparabile.

3.  Il presidente fissa con decreto la trattazione della istanza di sospensione per la prima camera di consiglio utile disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno dieci giorni liberi prima.

4.   In caso di eccezionale urgenza il presidente, previa delibazione del merito, può disporre con decreto motivato la sospensione dell’esecutività della sentenza fino alla pronuncia del collegio.

5.   Il collegio, sentite le parti in camera di consiglio e delibato il merito, provvede con ordinanza motivata non impugnabile.

6.   La sospensione può essere subordinata alla prestazione della garanzia di cui all’articolo 69 comma 2. Si applica la disposizione dell’articolo 47, comma 8-bis>>.

A) Sospensione in tutto o in parte dell’esecutività della sentenza impugnata.

In tale caso occorre tener conto di quanto previsto dagli artt. 15 comma 1, del D.P.R. n. 602/1973 e 68, comma 1, lett. a), b) e c) del D. Lgs. n. 546/1992 e pertanto:

  • l’art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 602/1973 testualmente dispone che <<Le imposte, i contributi ed i premi corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio ma non ancora definitivi, nonché i relativi interessi, sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell’atto di accertamento, per un terzo degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati>>;

  • l’art. 68, comma 1, lett. a), b) e c) del D. Lgs. n. 546/1992 testualmente dispone che << 1. Anche in deroga a quanto previsto nelle singole leggi d’imposta, nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio davanti alle commissioni, il tributo, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere pagato:

a) per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso;

b) per l’ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso;

c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione tributaria regionale>>

Di conseguenza, se la Commissione Tributaria Regionale sospende l’esecuzione della sentenza di primo grado, l’Ufficio non può iscrivere a ruolo i due terzi del tributo ai sensi della succitata lett. a) dell’art. 68, comma 1, del D. Lgs. n. 546/1992, ma può sempre conservare o iscrivere a ruolo ex novo un terzo dell’imposta ai sensi dell’art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 602/1973 sopra citato.

B) Sospensione dell’esecuzione dell’atto.

Il nuovo art. 52, comma 2, secondo periodo, del D. Lgs. n. 546/1992 prevede che possa essere chiesta alla Commissione Tributaria Regionale la sospensione dell’esecuzione dell’atto se da questa può derivare un danno grave e irreparabile.

Di conseguenza, se la Commissione Tributaria Regionale accoglie la suddetta istanza, l’Ufficio non solo non può iscrivere a ruolo i due terzi del tributo, ma non può iscrivere a ruolo neppure il terzo dell’imposta perché viene sospesa l’esecutività dell’atto originario e, di conseguenza, l’Ufficio non può applicare l’art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 602/1973 citato.

Dopo l’art. 62 del D. Lgs. 546/1992, di poi, è stato inserito dall’art. 9, comma 1, lett. aa) del D. Lgs. n. 156/2015, l’art. 62-bis (“Provvedimenti sull’esecuzione provvisoria della sentenza impugnata per cassazione”) secondo cui:

<<1. La parte che ha proposto ricorso per cassazione può chiedere alla commissione che ha pronunciato la sentenza impugnata di sospenderne in tutto o in parte l’esecutività allo scopo di evitare un danno grave e irreparabile. Il contribuente può comunque chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto se da questa può derivargli un danno grave e irreparabile.

2. Il presidente fissa con decreto la trattazione della istanza di sospensione per la prima camera di consiglio utile disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno dieci giorni liberi prima.

3. In caso di eccezionale urgenza il presidente può disporre con decreto motivato la sospensione dell’esecutività della sentenza fino alla pronuncia del collegio.

4. Il collegio, sentite le parti in camera di consiglio, provvede con ordinanza motivata non impugnabile.

5. La sospensione può essere subordinata alla prestazione della garanzia di cui all’articolo 69, comma 2. Si applica la disposizione dell’articolo 47, comma 8-bis.

6. La commissione non può pronunciarsi sulle richieste di cui al comma 1 se la parte istante non dimostra di avere depositato il ricorso per cassazione contro la sentenza>>.

A) Sospensione in tutto o in parte dell’esecutività della sentenza impugnata.

In questo caso l’Ufficio non può iscrivere a ruolo secondo quanto disposto dall’art. 68, comma 1, lett. c), del D. Lgs. n. 546/1992, ma può lasciare l’iscrizione provvisoria dei due terzi.

B) Sospensione dell’esecuzione dell’atto.

Anche in questo caso il contribuente può comunque chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto, se da questa può derivargli un danno grave e irreparabile.

In caso di accoglimento dell’istanza di sospensione dell’atto, l’Ufficio non solo non può iscrivere a ruolo tutto ma non può neanche iscrivere a ruolo (se in precedenza non lo ha fatto) o lasciare l’iscrizione a ruolo di un terzo ai sensi dell’art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 602/1973 citato più volte, perché l’atto originario è stato sospeso.

A tale proposito si cita l’Ordinanza della Commissione Tributaria Regionale di Bari – sez. staccata di Lecce – sezione XXIV, n. 217 depositata il 29 febbraio 2016 che, prima in Italia, ha sospeso l’esecuzione dell’atto originario ai sensi dell’art. 62-bis, comma 1, secondo periodo, del D. Lgs. n. 546/1992.

In particolare, i giudici, verificata la sussistenza del danno grave ed irreparabile derivante dall’esecuzione dell’atto, per essere la cartella di pagamento di notevole importo e, stante la precaria situazione economica del contribuente, ha disposto, con la citata ordinanza, la sospensione dell’esecuzione dell’atto di accertamento, atteso che ha considerato che, ai fini della sospensione, andava verificata l’esistenza soltanto del presupposto della gravità ed irreparabilità del danno che potrebbe derivare dall’esecuzione, senza alcun riguardo alla probabile esistenza del diritto controverso.

In questa fattispecie si discute solo del danno grave e non del fumus perché l’istanza viene presentata allo stesso collegio.

Concludendo, la novità assoluta della riforma attuata con gli esaminati artt. 52 e 62-bis del D. Lgs. n. 546/1992 sta nel fatto che il contribuente ed il suo difensore non si devono limitare a chiedere la sospensione dell’esecuzione delle sentenze impugnate ai sensi degli artt. 283 e 373 c.p.c., ma devono anche chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto originario per evitare che l’Ufficio iscriva a ruolo o continui a richiedere il pagamento dell’originaria iscrizione a ruolo del terzo ai sensi dell’art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 602/1973.

23 marzo 2016

Maurizio Villani