Società a ristretta base proprietaria e soci estranei alla gestione: esclusa la presunzione!

nuovo orientamento giurisprudenziale negli accertamenti sulle società a ristretta base proprietaria: la Corte di Cassazione ha escluso la presunzione di distribuzione tra i soci di utili non dichiarati, per i soci estranei alla gestione della società

CTverti2_2Con l’ordinanza n. 1932 del 2 febbraio 2016, la Corte di Cassazione ha escluso, in una società a ristretta base societaria, la presunzione di distribuzione tra i soci di utili non dichiarati, per i soggetti estranei alla gestione societaria.

Il principio della Corte

La regula juris di cui la difesa erariale lamenta la violazione si risolve nell’affermazione che, nel caso di società di capitali a ristretta base sociale, è legittima, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, la presunzione di distribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati (sentt. nn. 6197/07, 18640/08, 9519/09, 29605/11).

etto principio, ancorché spesso enunciato nell’ambito di controversie in cui i (pochi) soci della società di capitale erano (anche) legati tra loro da rapporti di parentela o di coniugio, non postula necessariamente l’esistenza di tali rapporti, in quanto deriva dalla regola di comune esperienza secondo cui dalla ristrettezza della base sociale discende – secondo l’id quod plerumque accidit e salva la possibilità del contribuente di offrire la prova contraria – un elevato grado di compartecipazione dei soci alla gestione della società e di reciproco controllo tra i soci medesimi; il che legittima, anche quando i soci non siano legati da rapporti familiari, la presunzione che gli stessi siano edotti degli affari sociali e quindi siano consapevoli dell’esistenza di utili extrabilancio e se li distribuiscano in proporzione delle rispettive quote di partecipazione al capitale (in termini, ordinanze nn. 19680/12 e 24572/14)”.

Nel caso di specie è stato è stato accertato, nel giudizio di merito, l’estraneità del contribuente alla gestione e conduzione societaria e da tale accertamento il giudice ha desunto “che nel caso in esame non potesse farsi applicazione della massima di comune esperienza, su cui poggia la presunzione di distribuzione degli utili extrabilancio, che dalla ristrettezza della base sociale inferisce un elevato grado di compartecipazione dei soci alla gestione della società e di reciproco controllo tra i soci medesimi”.

Il nostro commento

La sentenza che si annota appare particolarmente interessante, in quanto, concretamente, legittima la prova contraria (in questo caso l’estraneità alla gestione sociale).

Ricordiamo che, di recente, con le sentenze nn. 10897 e 10898 del 27 maggio 2015, i supremi giudici hanno confermato che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti, non risultando tuttavia a tal fine sufficiente ne la mera deduzione che l’esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili, ne il definitivo accertamento di una perdita contabile, circostanza che non esclude che i ricavi contabilizzati, non risultando ne accantonati ne investiti, siano stati distribuiti ai soci. Tale prova contraria, come affermato, non risulta essere stata fornita dal contribuente”.

Anche antecedentemente, la questione relativa alla legittimità della presunta distribuzione in capo ai soci degli utili non contabilizzati da parte delle società a ristretta base azionaria, che non abbia optato per il regime di trasparenza di cui all’art.116 del T.U. n. 917/86, è stata oggetto di diversi pronunciamenti:

  • con la sentenza n. 15334 del 19 giugno 2013 (ud 24 aprile 2013) la Corte di Cassazione ha ritenuto ancora una volta legittima la presunzione di distribuzione degli utili cd. Extra-bilancio ai soci. La Corte si è adeguata al principio costantemente ribadito secondo cui “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci, degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, per essere stati, invece, accantonati dalla società ovvero da essa reinvestiti, non risultando tuttavia a tal fine sufficiente nè la mera deduzione che l’esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili nè il definitivo accertamento di una perdita contabile, circostanza che non esclude che i ricavi non contabilizzati, non risultando nè accantonati nè investiti, siano stati distribuiti ai soci” (sentenza n. 18640 del 08/07/2008; ordinanza n. 17928 del 18/10/2012; sentenza n. 9519 del 22/04/2009).

In particolare, è stato ritenuto che nel caso di società a ristretta base sociale, “è legittima la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili, la quale non viola il divieto di presunzione di secondo grado, poichè il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati nei confronti della società, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale. Affinchè, però, tale presunzione possa operare occorre, pur sempre, sia che la ristretta base sociale e/o familiare – cioè il fatto noto alla base della presunzione – abbia formato oggetto di specifico accertamento probatorio, sia che sussista un valido accertamento a carico della società in ordine ai ricavi non contabilizzati, il quale costituisce il presupposto per l’accertamento a carico dei soci in ordine ai dividendi (così Cass. n. 29605 del 29/12/2011)”.

  • con la sentenza n. 20806 dell’11 settembre 2013 (ud. 11 luglio 2013) la Corte di Cassazione ha legittimato, in presenza di società a ristretta base azionaria, l’imputazione ai soci degli utili extracontabili.In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva … la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti, non risultando tuttavia a tal fine sufficiente nè la mera deduzione che l’esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili, né il definitivo accertamento di una perdita contabile, circostanza che non esclude che i ricavi contabilizzati, non risultando nè accantonati né investiti, siano stati distribuiti ai soci”. Tale principio sussistente “nella più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. 5076/2011, 8954/2013), ma la sua declinazione decisoria impone il riscontro, conseguente ad un accertamento sulle movimentazioni finanziarie ovvero gli atti giuridico – economici di una società ovvero dei suoi soci, che vi sia stata formazione di utili non contabilizzati, da tale circostanza scattando la citata presunzione distributiva e la correlata tassazione individuale pro parte”.

Principi confermati con l’ordinanza n. 5327 del 18 marzo 2015 (ud. 19 febbraio 2015), con cui la Corte di Cassazione ha aderito, ancora una volta, all’orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base azionaria, in caso di accertamento di utili non contabilizzati, opera la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili stessi, salva la prova contraria e la dimostrazione che i maggiori ricavi sono stati accantonati o reinvestiti (Cass. n. 16885/03, n. 10951/02, n. 7174/02), sicchè è legittima la presunzione di attribuzione pro quota ai soci, nel corso dello stesso esercizio annuale, degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria e tale presunzione – fondata sul disposto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), – induce inversione dell’onere della prova a carico del contribuente (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 18032 del 24/07/2013; Sez. 5, Sentenza n. 1924 del 29/01/2008; n. 20851/05, n. 6780/03, n. 7218/01)”.

17 febbraio 2016

Roberto Pasquini