Autotutela sempre impugnabile

l’atto con cui l’ufficio finanziario annulla parzialmente l’accertamento è impugnabile in quanto il contribuente non può privarsi della possibilità di difesa in ordine a tale atto

L’atto con cui l’ufficio finanziario annulla parzialmente l’accertamento è impugnabile in quanto il contribuente non può privarsi della possibilità di difesa in ordine a tale atto.

Quanto precede è contenuto nella sent. n. 14243/2015 da cui emerge, a maggiore garanzia del contribuente, che deve essere riconosciuta la possibilità di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore anche nel caso di atti adottati in autotutela.

Autotutela: concetto e poteri

L’autotutela è il potere-dovere di correggere o eliminare, su propria iniziativa o su istanza del soggetto che ne ha interesse, gli atti già posti in essere, che, tuttavia, possono risultare illegittimi o infondati ad un successivo esame. L’applicazione dell’istituto in esame determina una deflazione del contenzioso tributario, con relativo risparmio delle spese di soccombenza e miglioramento dei rapporti tra amministrazione e contribuenti. L’art. 97 della Costituzione riconosce tale potere, che sancisce i principi di buon andamento ed imparzialità dei pubblici uffici e che, peraltro, viene richiamato anche dall’art. 1, c. 1, dello Statuto dei diritti del Contribuente (L. n. 212/2000). Le norme di quest’ultima legge costituiscono, infatti, in attuazione degli artt. 3, 23, 3 e 97 Cost, principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali.

L’autotutela esercitabile da parte della P.A. può riguardare: l’annullamento (ritiro dell’atto con efficacia retroattiva (ex tunc); la revoca (ritiro dell’atto con efficacia retroattiva (ex nunc); la riforma (modifica parziale dell’atto); la correzione (di errore materiale).

L’Amministrazione finanziaria può procedere in tutto o in parte, all’annullamento o alla rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento, senza che la parte presenti una specifica istanza, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, nei casi in cui sussista illegittimità dell’atto o dell’imposizione.

Non si può procedere ad annullamento d’ufficio, o alla rinuncia all’imposizione nell’ipotesi di auto-accertamento, per motivi sui quali sia intervenuta una sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria.

La procedura di autotutela è, pertanto, sempre avviata dall’ufficio e configura un potere discrezionale, non soggetto di sindacato nell’ipotesi di contenzioso tributario.

Nel caso in cui il fisco non ricorra all’utilizzo dell’autotutela ovvero si rifiuti di annullare in autotutela l’atto impositivo, attesa la vigente formulazione dell’art. 2 del D.lgs. 546/92, ci si chiede quali siano gli strumenti giuridici a disposizione del soggetto interessato. Non si annovera un orientamento univoco su tale argomento. Con Circolare n. 195/S del 5 agosto 1998 il Ministero delle Finanze, nel precisare che l’atto errato è annullabile senza limiti di tempo, ha fornito istruzioni operative avvertendo gli uffici sui rischi esistenti per l’instaurazione di liti temerarie ed evidenziando che il mancato esercizio dell’autotutela comporta la condanna alle spese dell’amministrazione con conseguente danno erariale.

La Corte di Cassazione, atteso che l’azione della P.A. deve svolgersi nei limiti della legge e del principio del “neminem laedere”, ha affermato che le predette regole impongono alla medesima P.A., una volta informata dell’errore, di annullare il provvedimento illegittimo o errato (Cass. 20 aprile 2012, n. 6283).

Fattispecie

La società contribuente ha ricevuto la notifica dell’avviso di irrogazioni sanzioni per l’impiego di due lavoratori non iscritti nei libri obbligatori. I giudici di prime cure e d’appello hanno confermato la legittimità dell’appello e la società ha proposto ricorso per cassazione.

La pretesa del potere di autotutela attraverso l’annullamento parziale di un avviso impositivo non preclude al contribuente di poter impugnare l’atto emesso in autotutela, viceversa lo stesso vedrebbe compromesso la possibilità di difesa in ordine a tale atto, comunque riduttivo dell’originaria pretesa.

I giudici hanno ribadito che va riconosciuta la possibilità di ricorrere alla tutela del giudice tributario per tutti gli atti adottati dall’ente impositore anche per atti adottati in autotutela che comunque porti a conoscenza del contribuente una ben specificata pretesa tributaria in quanto legittimato a richiedere un tutela giurisdizionale (cfr Cass, SU, n. 7388/2007); così facendo deve riconoscersi la ricorribilità di atti dinanzi al giudice tributario ogni volta c’è un collegamento tra atti dell’Amministrazione e rapporto tributario, al fine di garantire il diritto di difesa.

Nonostante l’elencazione degli atti impugnabili di cui all’art. 19 del D.lgs. n. 546/1992, il contribuente può impugnare anche atti diversi da quelli presenti in tale elenco, purché espressione di un definita pretesa tributaria, quale il provvedimento di autotutela.

5 settembre 2015

Enzo Di Giacomo