Armonizzazione contabile: facilitazioni per enti sperimentatori ed enti in riequilibrio finanziario

Il DL sugli enti locali (se convertito) proporrà alcune facilitazioni agli enti che hanno sperimentato in prima battuta i nuovi principi di armonizzazione contabile.

La Corte dei conti, sezione delle Autonomie, nella deliberazione n. 4 del 24/02/2015 aveva evidenziato una mancata previsione, da parte del legislatore, per gli enti in riequilibrio finanziario, in caso di ripiano del disavanzo derivante dalla revisione straordinaria dei residui attivi e passivi e dalla prima quota di costituzione del Fondo Crediti di Dubbia esigibilità.

Mentre, infatti, il piano di riequilibrio poteva avere una durata massima di dieci anni, il disavanzo da riaccertamento straordinario e da costituzione del FCDE, poteva essere ripianato in un periodo massimo di 30 anni.

Tale differenza imponeva, anche se non chiarito dalla norma, la possibilità da parte degli Enti, che avevano avuto approvato il piano di riequilibrio prima della novella legislativa, di rimodulare, i propri piani a fronte delle variazioni intervenute sui disavanzi non previsti per il passaggio alla nuova normativa sulla competenza finanziaria potenziata, e sottoporli nuovamente all’approvazione da parte della Corte dei conti territoriale competente.

Proprio a fronte di tale mancata previsione legislativa, il Dl 78/2015 è intervenuto per colmare tale mancata coerenza legislativa, ma lo ha fatto per i soli enti sperimentatori, in quanto il loro passaggio alla contabilità armonizzata era già stata attuata con una copertura del disavanzo da riaccertamento per un periodo massimo di 10 anni. Le nuove disposizioni sono contenute all’articolo 2 “Disposizioni finalizzate alla sostenibilità dell’avvio a regime dell’armonizzazione contabile” qui di seguito esaminate.

 

ENTI SPERIMENTATORI E DISAVANZO DA RIACCERTAMENTO

In particolare il dl Enti Locali ha esteso anche agli enti sperimentatori la possibilità di riprocedere ad un nuovo riaccertamento dei residui attivi e passivi e all’accantonamento al FCDE, limitatamente alla cancellazione dei residui attivi e passivi che non corrispondono ad obbligazioni perfezionate, compilando il prospetto di cui all’allegato n. 5/2 riguardante la determinazione del risultato di amministrazione al 1° gennaio 2015. 

A fronte di tale riaccertamento gli enti sperimentatori hanno la possibilità, in attesa del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell’interno, previa intesa in sede di Conferenza unificata, di ripianare l’eventuale maggiore disavanzo in non più di 30 esercizi in quote costanti, compreso l’accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità.

Così come per gli enti non sperimentatori è loro offerta la possibilità di ripianare il disavanzo utilizzando i proventi derivanti dalle alienazioni patrimoniali per la copertura del fondo crediti di dubbia esigibilità di parte corrente, per un importo non superiore alla differenza tra l’accantonamento stanziato in bilancio per il fondo e quello che avrebbero stanziato se non avessero partecipato alla sperimentazione.

Altro problema affrontato (comma 5) dall’art.2 Dl 78/2015, riguarda gli enti sperimentatori che abbiano già attivato, nell’anno 2013 o 2014, il loro piano di riequilibrio finanziario pluriennale, di avvalersi della facilitazione del ripiano del loro disavanzo fino a 30 anni, in quanto solo adesso previsto dalla normativa.

Il nuovo articolo 3, comma 17, del decreto legislativo n. 118 del 2011, ha previsto che l’ente può ripianare la predetta quota di disavanzo fino all’esercizio 2042, se è stato effettuato il riaccertamento straordinario dei residui nel 2012, e fino al 2043 se è stato effettuato il riaccertamento straordinario dei residui al 1° gennaio 2014. In questo caso la nuovo normativa prevede che tali enti hanno facoltà di rimodulare il piano di riequilibrio finanziario pluriennale di cui al comma 5 dell’ articolo 243-bis del decreto legislativo n. 267 del 2000 eventualmente già presentato e ritrasmetterlo alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti.

Da tale normativa resterebbero esclusi dalla presentazione gli enti sperimentatori che abbiano già avuto il piano approvato, dalle competenti sezione regionali di controllo della Corte dei conti, in quanto il minor periodo di assorbimento utilizzato nel piano, fino a 10 anni, è stato già correttamente assorbito ed approvato dai giudici contabili. Si ritiene, invece, che qualora i giudici contabili avessero disposto il diniego al piano, si apra una possibilità di rimodulare lo stesso con la nuova normativa più favorevole.

 

ENTI NON SPERIMENTARORI IN RIEQUILIBRIO

La legge nulla dice sugli enti non sperimentatori, ma è possibile desumerne indirettamente le conseguenze per i piani presentati e/o approvati. Gli enti non sperimentatori hanno presentato i loro piani in coerenza con la contabilità previgente, ossia in assenza dei nuovi principi contabili, in tal caso si possono avere le seguenti due situazioni diverse:

  • Piani non ancora approvati. Si tratta di piani presentati e non ancora approvati dalla Sezione di controllo territoriale della Corte dei conti. In questo caso si presenta la necessità di rimodulare il piano presentato sulla base dei nuovi principi contabili attraverso le opportune modificazioni. Tali enti potranno avvalersi dei principi di facilitazione, previsti per tutti gli enti che hanno dovuto effettuare il passaggio ai nuovi principi di contabilità finanziaria potenziata, ossia la possibilità di ripianare il loro disavanzo emergente dal riaccertamento nel periodo più lungo rispetto al piano di riequilibrio la cui durata massima è di soli dieci anni rispetto ai trenta del possibile ripiano del disavanzo. Si ritiene che detta possibilità, di rimodulare e ripresentare il piano, sia ricavabile dalla stessa facilitazione accordata agli enti sperimentatori;

 

  • Piani approvati. Nel caso in cui le amministrazioni avessero presentato piani con le vecchie regole contabili e, i citati piani siano stati approvati dalle Sezione regionali di controllo della Corte dei conti, i citati piani non potrebbero essere modificati, in quanto in questo caso non vi è ancora una norma che ne preveda la modificazione se non quella relativa ai risultati migliorativi ottenuti medio tempore con possibilità di accorciare il periodo massimo di riequilibrio. Tuttavia, la Sezione delle Autonomie era già intervenuta nella sopra richiamata deliberazione, dando la possibilità agli enti che avessero avuto i piani approvati di rimodularli e ripresentarli per una successiva e nuova approvazione. I vincoli previsti riguardavano esclusivamente l’eventuale disavanzo emergente dal riaccertamento straordinario dei residui e soprattutto (ossia solo per le quote marginali interessate dai nuovi principi contabili, in quanto il riaccertamento straordinario doveva essere stato già effettuato) dall’accantonamento al FCDE. Considerata la facoltà e non l’obbligo di ripresentazione del piano, si ritiene che gli enti conservino la possibilità di effettuare il ripiano del disavanzo fino a 30 anni, come per la generalità di tutti gli enti che sono passati all’armonizzazione contabile, e solo qualora i saldi previsti nei piani finanziari di riequilibrio presentati dovessero presentare scostamenti significativi di disavanzi non contemplati dal piano, allora per tali enti si impone un vero e proprio obbligo di riapprovazione degli stessi da sottoporre a nuova approvazione da parte della Corte dei conti competente.
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29/06/2015

Vincenzo Giannotti

 

Articolo già pubblicato su www.bilancioecontabilita.it